La voce del padrone, l’Italia e le multinazionali

Creato il 25 maggio 2015 da Pietro Acquistapace

L’ingresso in fabbrica – Fonte Filmhafizasi.com

Secondo alcuni sondaggi, nel mondo occidentale l’Italia è seconda solo agli Stati Uniti nell’errata percezione della realtà. L’informazione italiana occupa la stessa non invidiabile posizione per quanto riguarda la mancata narrazione di quanto accade dentro e fuori il paese. In sostanza un paese che vive in una dimensione parallela, come può facilmente constatare chiunque provi ad informarsi tramite fonti estere. In particolare in campo economico-finanziario sembra davvero che nessuno, nel coro dei media nostrani, sembri ansioso di raccontare cosa sta succedendo.

Proprio questo “coro” rappresenta un problema enorme nell’Italia di oggi, visto che per pigrizia, interesse o convenenienza chi dovrebbe informare il paese si è adagiato sulle parole d’ordine vigenti: ripresa, uscita dalla crisi e aumento della produzione. La mancanza di voci critiche non fa che abbassare la qualità delle analisi, tanto che libri vecchi di decenni sono a volte più utili per capire il presente di tanti quotidiani odierni. La cosa è particolarmente vera per l’anniversario dell’ingresso nella Prima guerra mondiale, vero sfoggio di retorica che glissa su questioni mai risolte dall’unità d’Italia in poi.

Si dice che l’Italia sta uscendo da un momento buio, che la produzione aumenterà e he della crisi si vede la fine; ma questo futuro radioso sarà davvero una novella età dell’oro? Le nuove leggi sul lavoro hanno di fatto istituzionalizzato il precariato, con assunzioni sostenute da incentivi (a tempo) per le aziende. In nome dello snellimento burocratico, la lotta la precariato a portato alla precarizzazione della vita. Il datore di lavoro può licenziare, introducendo nel mondo del lavoro italiano un turn over anglosassone al quale il paese non sembra essere per nulla preparato, né socialmente né – almeno per ora – culturalmente.

Il grande vanto si chiama EXPO, la manifestazione dedicata al cibo che ha tra i suoi sponsor alcune multinazionali tra le principali responsabili della malnutrizione, altro sintomo che in Italia le parole non corrispondono ai fatti. Ormai ci sono frasi che contano più di sentenze: viene spontaneo pensare alle prese di posizione governative sul tema spinoso della legge Fornero. Proprio le multinazionali sono le grandi assenti sulle pagine dei giornali nostrani. Si parla ancora di miracolo italiano quando l’industria italiana si sta invece facendo notare in tutto il mondo per l’incapacità di innovarsi.

Le giapponesi Mitsui ed Hitachi, oppure le cinesi State Grid Corporation of China (SGCC) e ChemChina. Sono solo alcune delle multinazionali asiatiche che stanno acquistando pezzi importanti dell’industria italiana come Terna, Snam o Finmeccanica. Secondo Dagong, agenzia di credito cinese che ha il suo quartier generale europeo a Milano, l’Italia è un mercato sempre più interessante per gli investitori asiatici. Paradassolamente l’Italia risulta tra i paesi europei maggiormente contrari alla presenza di stranieri, ma anche quello dove si sono levate meno voci contro gli investimenti cinesi.

Il condizionamento dell’opinione pubblica sembra davvero essere un elemento cruciale. Se gli intellettuali abdicano al loro ruolo, tentare di capire dove ci porterà il futuro diventa impresa ardua, obbligandoci a vivere in una costante decontestualizzazione. La riforma del mondo del lavoro potrebbe aumentare una produzione industriale destinata all’esportazione, anche grazie ad un euro debole, ma con il rischio che a beneficiarne siano multinazionali straniere. In questo caso quanta ricchezza resterà in Italia? Chi ne beneficerà? L’Italia sarà una nuova tigre asiatica? Domande alle quali il coro non sembra dare risposte.


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