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LA ZUCCA NEL POZZO - di Graziella Marziali

Da Laperonza

 

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Noi bambini degli anni cinquanta non conoscevamo Halloween, non esisteva proprio, ma anche allora si usava intagliare le zucche. Nostra nonna, all’inizio dell’autunno, andava nei campi e tornava con delle grosse zucche gialle. Tagliava delle calotte nella parte superiore e le vuotava, togliendo tutti i semi, che avremmo mangiato in seguito, una volta asciugati al sole. A quel punto i più grandicelli di noi praticavano dei tagli sulle zucche: due fori rotondi per gli occhi, un triangolo per il naso e un rettangolo irregolare (o “stortignaccolo”, come lo definiva il cuginetto Franco) per la bocca, dove infilavamo degli stecchini a mo’ di denti. Infine sistemavamo una candela all’interno, che avremmo acceso appena avesse fatto buio.

- Invece di mettere le zucche alla finestra come facciamo sempre perché non ne appendiamo una alla corda del pozzo? La appoggiamo sopra il secchio e copriamo il secchio con un lenzuolo bianco, così sembrerà un fantasma!

La proposta che avevo avanzato sembrò allettante e tutti l’accettarono di buon grado. Solo Donatella sembrava un po’ riluttante, sostenendo, ma nemmeno troppo convinta, che la nonna non ci permetteva di giocare vicino al pozzo. Edoardo, il più grande del gruppo, ribatté che avremmo solo appeso la zucca e poi ci saremmo subito allontanati, così la debole protesta di Donatella fu respinta all’unanimità. Edoardo aveva un forte ascendente su tutti noi, non solo perché era più grande di età, ma soprattutto perché era molto robusto, forte come un toro. Non amava fare quei giochi che lui riteneva da femminucce, come la campana, un due tre stella, il girotondo o nascondino, ma gli altri maschi erano tutti più piccoli di lui, perciò spesso si rassegnava a seguirci. Altre volte invece era lui a coinvolgerci nelle sue iniziative e allora lo aiutavamo a costruire capanne sugli alberi o tende indiane sotto gli alberi, oppure ci induceva a giocare alla guerra o ancora ci raccontava storie di draghi, mostri e fantasmi, talmente convincenti che Franco, il più piccino, finiva sempre col piangere dallo spavento.

Si capisce dunque perché la mia idea del fantasma impiccato al pozzo lo avesse entusiasmato. Ci demmo tutti da fare per cercare un lenzuolo; non trovandone uno della giusta misura (troppo grande, troppo stretto, troppo lungo, troppo nuovo..)ripiegammo su una tovaglia, quindi ci recammo al pozzo con tutto l’occorrente. Stava già per imbrunire e la nonna non si era accorta di nulla.

La prima operazione consisteva nel coprire il secchio con il telo e appoggiarci sopra la zucca con dentro la candela accesa, poi bisognava issare la corda più in alto possibile in modo che il fantasma fosse ben visibile anche in lontananza. Al momento di alzare il fantoccio, però, la zucca si inclinò e affondò leggermente da un lato.

Iniziò un intreccio di frasi concitate.

- Se cade dentro al secchio prenderà fuoco la tovaglia!

- Bisogna raddrizzarlo!

- Tiratelo giù!

- Non scende, non so cos’è successo!

- Da qui non ci arrivo!

Presi in braccio Luisa, di poco più piccola di me, e la sollevai verso il fantoccio, incitandola ad afferrare un lembo della stoffa, ma si sporse troppo e ci ritrovammo all’improvviso con le mie braccia strette alle sue gambe e il suo busto penzoloni dentro il pozzo. Gridammo tutte e due, questo lo ricordo bene, ma certamente gridarono anche tutti gli altri. Tenevo strette a me le gambe di Luisa, ma non riuscivo a muovermi da quella posizione. In un attimo Edoardo mi fu vicino e con le sue mani forti come tenaglie afferrò Luisa e la trasse fuori, trascinandosi dietro la tovaglia che era comunque riuscita ad afferrare e che stringeva ancora convulsamente in mano. La zucca era caduta in acqua e il secchio oscillava cigolando sinistramente.

Ci sedemmo tutti accanto al pozzo, bianchi in volto per lo spavento, ma anche sollevati per lo scampato pericolo.

La nonna arrivò quasi subito, allarmata dalle nostre grida e quando ci fu vicina, quasi ci fosse stato un tacito accordo fra noi, le spiegammo che Luisa piangeva perché la zucca era caduta nel pozzo e voleva riprenderla, ma noi cercavamo di convincerla che era impossibile.

- Quante volte vi ho detto di non giocare vicino al pozzo! E che ci fate con questa tovaglia? Era lavata e stirata, guardate come l’avete ridotta! Su, rientrate in casa, che è tardi.

Noi ragazzi degli anni sessanta non conoscevamo Halloween, non esisteva neanche allora. In autunno continuavamo a intagliare zucche per i cugini più piccoli e i loro amichetti, ma io li seguivo sempre a distanza e li sorvegliavo attentamente finché non si spegneva l’ultima zucca.

 


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