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Labirinti.

Da Philomela997 @Philomela997

I Monologhi di Sana – Rubrica

 

Avete mai avuto così paura da non riuscire a respirare?

Io si.

Dopo la rabbia cieca e lancinante è arrivata la paura.

Una sola, sconfinata, desolante paura.

Che la gente mi guardasse, mi si avvicinasse, mi toccasse.

Paura dell’ora, dello ieri, del domani.

Paura dei sogni, di me stessa.

Paura di tutto.

“E allora che hai fatto?”

Mi sono seduta e ho pianto.

Ma da sola, quando nessuno poteva vedermi, quando nessuno poteva sentirmi.

Piangevo per me stessa, per i miei sogni infranti, per la paura di non sapere che fare, dove andare, in cosa sperare…perchè non sapevo più che fare.

Mi ero ricostruita la maschera di gesso che sorride sempre, ma dietro di essa si celava solo un vuoto infinito.

Una caduta senza fine.

E poi?

Due flebili luci.

Minuscole, in tutta questa oscurità.

Due lanternini nella brughiera del terrore.

Il primo, che mi ha costretta a guardare in faccia i sogni a cui non credevo più.

Che mi ha costretta a pronunciare quelle parole che dentro di me risuonavano cave come un tronco devastato dal fulmine: libertà, giustizia, speranza, ribellarsi, gioia, bellezza, sorriso…sogni.

“Non aver paura, non esiste una risposta sbagliata…”

E a ogni parola pronunciata ridivenivano più belle, più spesse, più colorate, più vere, più mie.

Riacquisivano speranza e materialità.

E poi, di colpo, era lì, davanti ai miei occhi…quel sogno che io avevo lasciato andare, credendolo infranto, quel sogno che era sempre stato dentro di me.

Esisteva ancora, almeno quello, era sempre stato lì…quell’ideale di giustizia che non mi aveva mai abbandonata, quello esisteva anche prima, era mio, faceva parte di me…da sempre.

E poi, quando la luce del primo andava spegnendosi, lontana nello spazio e nel tempo, mentre tremolava flebilissima, ormai nulla più di un bagliore di candela, sotto il vento sferzante della paura…ecco la seconda.

Calda, accogliente, rassicurante.

“Apprendere la gentilezza dopo così tanta poca gentilezza”

Avevo trovato il coraggio di gettare alle ortiche la maschera di gesso.

Aiutami, ti prego aiutami.

Ho paura.

È una paura orribile, devastante, avvilente, che schiaccia e toglie il fiato.

Per la prima volta avevo aperto la porta che tenevo chiusa gelosamente a chiave e le lacrime ne sono uscite assieme a un fiume di parole, le paure l’hanno attraversata, scorrendo via come veleno da una ferita.

Ho vomitato fuori tutto l’orrore.

Ma non potevo fermarmi.

Ero sospesa in un vuoto incalcolabile, non c’era nessuna stella a guidarmi, nessun sentiero da seguire.

Ho cercato di fare ordine nel caos.

Restava una sola certezza in me, solo una: non volevo arrendermi, volevo vivere.

Nonostante l’orrore, nonostante la paura.

Così ho afferrato le luci, mi ci sono aggrappata spasmodicamente.

Perchè mi ricordassero che non ero sola, che avevo ancora tutti miei miei sogni.

Perchè a ogni passo mi ricordassero chi sono, il coraggio che avevo saputo avere.

Perchè mi sussurrassero del mio mondo perfetto, della mia battaglia per la libertà, quando la notte si faceva talmente nera da non lasciare scampo; perchè mi dessero la forza di alzare lo sguardo quando gli avvoltoi dell’orrore venivano a tormentarmi.

Le ho tenute strette, le mie piccole luci, le ho protette nell’incavo delle mani, soffermandomi a scrutarle di tanto in tanto.

La bambina dentro di me piangeva ancora terrorizzata, ma le luci mi aiutavano a trovare il sentiero per proseguire, ignorandola.

“Fermati, fermati e consolami…abbracciami e piangi con me, perchè non c’è più scampo”

No.

E passo dopo passo, lentamente, sono arrivata dove l’alba sorge.

Mano a mano che mi avvicino le luci si dissolvono e io, tuttosommato, vorrei tenerle ancora con me, ma so che non posso.

Quando arriverò dove devo, saranno scomparse.

Si dissolveranno nel chiarore dell’alba e allora, non resterò che io.

Hanno un nome, le mie piccole luci.

E continuano a illuminarmi il cammino, da lontano.

Poichè ho aperto le mani e le ho lasciate volare.

Ma tutti quei sogni, quelle parole, quella gentilezza

ora sono dentro di me.

Sono io che brillo, rischiarata da un calore che mi appartiene,

che aveva solo bisogno di una scintilla per essere riacceso.

 

Tra rischi indicibili e traversie innumerevoli, io ho superato la strada per questo castello oltre la città di Goblin, per riprendere il bambino che tu hai rapito. La mia volontà è forte come la tua e il mio regno altrettanto grande…la mia volontà è forte come la tua e il mio regno altrettanto…grande…accidenti, non mi ricordo mai quella frase…

…Tu non hai alcun potere su di me!”

(Labyrinth – dove tutto è possibile)


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