Figura 1: segni al museo di Laconi (grazie a Piero per le foto)
Giornata passata a Laconi dove si è svolta la I festa Shardana che ho avuto l’ onore di presentare, durante la conferenza del mattino. Dopo l’ incontro-dibattito con le autorità e con Leonardo Melis, che ci ha mostrato le ultimissime novità delle sue ricerche, pranzo (troppo) e bellissima festa all’ affascinante giardino Aymerich. I miei più sentiti complimenti agli organizzatori ed a Leonardo, con la speranza che l’ esperimento si ripeta. Laconi ha per me un’ attrattiva irresistibile: il museo della statue menhir che ho rivisitato nel pomeriggio perché all’ ultimo piano dove sono in mostra alcuni dei piccoli menhir di Samugheo sono anche in mostra dei segni, sopra di essi, sommamente interessanti. Prima di tutto un segno che assomiglia ad una sorta di griglia: un rettangolo attraversato da incisioni che formano 18 o forse anche 20 cellette (fig 1a). La guida racconta che le cellette sono 16 e rappresentano una sorta di calendario che poi fu cambiato dal cristianesimo in 12. Alle domande di un eccitato ed attento ascoltatore, risponde ovviamente che è solo un’ ipotesi: lo credo bene perché a parte che le cellette sono almeno 18, cosa c’è di “16” in un anno? Il segno, tuttavia, continua sfuggirmi nella sua essenza. In fig. 1b vediamo un segno stupendo, un alberello che sembra sorgere da un globo: la Luce (Nul) che dà la vita (HY), quella frase o concetto che ritroveremo tanto spesso nella successiva scrittura nuragica. Successiva sì, ma non lontana concettualmente, come ci conferma la struttura tripartita e ben leggibile delle statue-stele di Laconi (fig 1c), composta da un segno Luce in alto, una protome taurina (il cosiddetto “capovolto”) ed un segno doppio in basso (il cosiddetto “pugnale). Cosa sia in realtà questo “pugnale” ce lo dice una delle stele (fig. 1d): un segno pibolare con un alberello dentro, il doppio che dà o ridà la vita. Gigi Sanna la legge a più livelli (1), ma uno è semplice: Nul ’ ak ’ab, la Luce del Toro Padre ( e Madre). Un ideogramma per Luce, un ideogramma per Toro (‘ ak), una ’A per acrofonia del Toro ed una B per acrofonia di bidente (il segno doppio): alcuni tra gli ingredienti più importanti della scrittura nuragica sono già presenti in Sardegna nella prima metà del II millennio. Ma, cosa più importante sono già utilizzati come codice di comunicazione.(1) G. Sanna, 2004, Sardôa Grammata, S’ AlvureMagazine Informazione regionale
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