Lacrime amare, scendono sulla pelle, invadono prima gli occhi per poi scendere, cerbere, sul viso. Rigagnoli tumultuosi, rii selvaggi che irrompono come una malattia. E la sciagura ha inizio. Tutto ciò che toccano, solcano, finendo come un soggólo di pietra. Lacrime sibarite, corrotte e raffinate. Stille impetuose che non danno scampo e ad ogni gemito fuoriescono travolgenti, come un fiume in piena. Lacrime limacciose, che nessun argine può fermare, declinano verbose e si nutrono di singulti, se ne appropriano, flagelli di un cuore che martella il suo inadeguato turbamento. Lacrime sapide di vita, fiato indispensabile, tenace, a volte apatico, senza mai malizia prostrato anch'esso dinanzi all'inevitabile.
Ciniche e senza contegno non danno il tempo di ricomporre il viso deturpato dal loro passaggio, ignare forse, che il loro ruolo è di scemare al più presto. Non mostrano il minimo contegno, nessuna discrezione, danno sfogo al naturale coronamento di un dolore infinito. Lacrime cenciose, alla fine avete vinto ammiccando, per finire, anacorete, di inaridire tutto ciò che avete toccato.
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