“Lacrime di sole” di Maria Baggi Necchi per WINE ON THE ROAD
Da Silviamaestrelli
Maria Baggi Necchi, di Milano, scrive di sé: "Insegno storia e letteratura: attualmente lavoro da 10 anni in una scuola privata superiore e amo profondamente questo lavoro. Ma, ancor di più, amo scrivere… Da sempre. Non sono riuscita a farne il mio mestiere. Ciò non toglie che, ancor più di una passione, scrivere sia per me un’esigenza". Per “Wine on the road”, concorso letterario 2011 di Villa Petriolo, ha scritto il racconto “Lacrime di sole”. Racconto “Lacrime di sole” di Maria Baggi Necchi. …vi è poi l’antica leggenda secondo cui, in origine, la vite era solo una pianta ornamentale di rami e foglie che, nutriti dal sole, proliferavano sempre più, arrivando a ricoprire ogni superficie, non diversamente dall’edera quando la si lascia crescere liberamente. Un giorno raggiunse l’orto di un contadino che decise di potarla, per proteggere le sue coltivazioni. I rami e le foglie della vite si riempirono di lacrime ed un usignolo accorse, per consolare la triste pianta col suo canto. Quando sorse di nuovo il sole, i suoi raggi asciugarono quelle amare gocce di pianto, ora rese dolci dalla melodia dell’usignolo, trasformandole in piccoli frutti, una moltitudine di chicchi d’uva che poi un vento giocoso, soffiando, riunì in grappoli... La giovane donna ascoltava la voce della guida che conduceva il gruppo lungo i filari del vigneto ma era distratta… Aveva atteso quella settimana di svago per mesi ed ora che era lì, non riusciva nemmeno a godersi il maestoso calice dei colli circostanti, in cui si raccoglieva la luce morbida del sole sull’orlo del tramonto. Di soppiatto, per l’ennesima volta, adocchiò il telefonino nella sua borsa. Aveva tolto la suoneria ma era pressoché nullo il rischio che si mettesse a squillare, perché Federico non la chiamava dal giorno in cui lei era partita. Avrebbero dovuto essere lì insieme e invece… Il display del cellulare recitava impietoso l’orario – 19.28 – e nient’altro. L’ora in cui lui lasciava l’ufficio era passata da un pezzo ma probabilmente aveva raggiunto i loro amici a qualche happy-hour del centro, senza nemmeno pensare di chiamarla. “Non le interessano le degustazioni?” le chiese una voce profonda, dietro di lei. Si voltò e vide un uomo avanti negli anni, con occhi scuri e profondi, vestito in modo molto accurato. “Il resto del gruppo ha già raggiunto la cantina” la informò. “Si, si…” balbettò lei “E’ che… niente, aspettavo una chiamata di lavoro, ma… vado, raggiungo gli altri…” e fece per incamminarsi “…lei non viene?” “Io produco questo vino” sorrise l’uomo, con un’espressione giocosa “Nessuno lo conosce meglio di me: nei suoi pregi e nei suoi difetti”. “Non dovrebbe far cenno ad alcun difetto. Va contro il suo interesse, no?” replicò Simona, ricambiando il sorriso. “In vino veritas… se non sono sincero sul mio vino, mentirei a me stesso” si congedò lui, allontanandosi sul sentiero di ghiaia. La cantina era fresca e si era creato un clima piacevole tra i membri del gruppo. Simona si era ben inserita in una gradevole conversazione con alcuni giovani più o meno della sua età. Insieme stavano commentando le varie qualità di vino servite al rinfresco, insieme ai formaggi e ai salumi locali, quando sentì un leggero ronzio nella borsa. Un messaggio, si disse speranzosa, questo è di Federico sicuramente. “Scusate… rischierò pure di compromettere i sapori della degustazione ma ho bisogno di fumare” spiegò agli altri. Quasi con frenesia, salì i gradini fino all’ampio giardino ormai rischiarato dalla luna. Si appartò su una panchina, già pronta ad una lunga telefonata di riappacificazione con Federico quando vide che era un messaggio con foto, inviatole da Valeria, la sua migliore amica. L’immagine ritraeva Federico mentre baciava appassionatamente la sua ex e il testo recitava: “Te l’ho sempre detto che era un gran figlio di buona donna!”. Simona restò lì, pietrificata, a scrutare ogni dettaglio di quell’abbraccio che le giungeva come uno schiaffo… Era a dir poco sgomenta. Finché la rabbia l’assalì e inoltrò quello stesso mms a Federico, accompagnandolo con la seguente frase: “Sarebbero questi gli arretrati di lavoro per cui non sei partito con me? Per quanto mi riguarda, sei licenziato dalla mia vita”. Poi, con passo furioso, rientrò nella cantina e raggiunse la sua tavolata con un sorriso smagliante. “Non mi riempi il bicchiere?” chiese al giovane biondo che già da un paio di giorni cercava di approfondire la sua conoscenza. “Prova questo…” rispose lui “ha un sapore fermo e deciso”. Lei lo guardò dritta negli occhi, mentre le proponeva un brindisi: “Direi che è perfetto, per come mi sento determinata stasera”. Quando si svegliò, era quasi l’alba. Fece per alzarsi, ma un mal di testa feroce la costrinse a tornare sul… ma dove sono? Questa non è la mia camera. Girò lo sguardo di lato e vide il giovane biondo solennemente addormentato accanto a lei. Le prese il panico… So a malapena come si chiama, cosa ci faccio nel suo letto? Muovendosi cautamente, raccolse piano i suoi vestiti e uscì nel corridoio, dove si sentì investita dalle luci del corridoio… Si era presa proprio una bella sbronza. Aveva bisogno di penombra e, poiché non sapeva né dove fosse finita né dove si trovasse la sua camera, decise di uscire in giardino. Sulla stessa panchina di poche ore prima, cercò di ricostruire ciò che era accaduto… La visita nel vigneto, la degustazione, l’mms di Valeria… già, quell’mms… che poi lei aveva spedito a Federico. Prese il cellulare dalla borsa. Niente, nessuna reazione. Di certo lei aveva reagito ben più d’impulso… Come si chiamava quel tizio? Mattia, Matteo... Ed ora? Niente, non è rimasto più niente. All’improvviso, sentì un nodo stringerle la gola e cominciò a piangere. Dopo l’ebbrezza euforica della notte, ecco il dolente risveglio del mattino. Poi, dietro di sé, il sopraggiungere di passi sulla ghiaia. Non sarà quel Matteo o Mattia… Furtivamente, cercò di ricomporsi, asciugandosi in fretta il viso. “Buongiorno” le disse la stessa voce profonda che la sera prima l’aveva sollecitata a prendere parte alla degustazione. “Buongiorno” ricambiò lei, con voce incerta, senza neppure guardarlo. L’uomo si avvicinò, ma con discrezione. “Tutto bene, signorina?” “Si… Cioè no… Non lo so… Credo di aver bevuto troppo”. “Allora ha gradito il mio vino” replicò l’uomo, con un sorriso divertito. “Anche troppo, direi…” “ A giudicare dalle sue lacrime, però, non si direbbe”. Simona si passò d’istinto una mano sugli occhi. “Non piango per la sbornia… ma per quello che è successo prima. Il mio fidanz… il mio ex-fidanzato ormai, mi ha tradita”. “E lei ha affogato i suoi dispiaceri nell’alcool”. “Anche i piaceri, direi…” soggiunse lei, arrossendo. “Prego?” “Mi scusi, forse non dovrei essere così sfacciata con lei, ci conosciamo appena…” “Si confidi pure, se vuole… Anzi, se posso prendere posto accanto a lei, a guardare questo bel mattino che sorge”. “Si accomodi, si figuri…” “Diceva, quindi?” “Non lo so cosa dicevo perché non so neanche cos’è successo… So che mi sono svegliata nella camera di uno sconosciuto, di cui ricordo solo che mi riempiva di continuo il bicchiere di vino… Il suo vino, per l’esattezza” precisò la ragazza. Lui rise. “Ed ora perché piange? Per essere stata tradita o per aver ripagato con la stessa moneta?” Simona tacque alcuni istanti, prima di rispondere. “In vino veritas, no? Non sono diversa da Federico. Qualche giorno lontani e siamo finiti nel letto di chissà chi... Doveva esserci ben poco, ad unirci. Anzi, direi niente. Di questo piangevo: anni ed anni di niente. E parlavamo pure di sposarci…” la ragazza fece una risata amara. “Io, al posto suo, sarei felice di averlo capito prima che fosse troppo tardi”. Un singhiozzo scosse di nuovo Simona. “E invece a me viene solo da piangere…” “Pianga, allora… E lasci che il sole asciughi le sue lacrime. Ricorda la leggenda della vite di ieri? Queste lacrime di adesso diventeranno le sue perle di domani. Fino a sbocciare in rigogliosi chicchi d’uva che saranno pigiati, nei giorni che verranno, perché ne esca un vino raro e prezioso: il nettare della sua felicità”. Lei lo guardò, senza dire una parola. “Una felicità che può cominciare a coltivare da oggi, seminando ciò che ha imparato dai suoi ieri”. E così dicendo, l’uomo si alzò. “E’ ora che cominci ad occuparmi della mia uva. E dei suoi difetti”. “Grazie, per quello che mi ha detto…” disse Simona, porgendogli la mano “Buona giornata, allora”: Lui le fece un cavalleresco baciamano: “E a lei, buona felicità”.
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