In principio fu Vasco Brondi da Ferrara a scrivere canzoni dai versi apparentemente incorrelati, ma traboccanti di immagini decadenti “di questi anni zero”. Poi arrivarono I Cani a raccontare la realtà con una forte dose di cinismo, attraverso gli occhi della gioventù romana. Ed ora ci sono cinque ragazzi di Bologna che, in sette mesi di tour e più di cento date, hanno girato l’Italia eccitando le folle.
A guardarli, con quelle magliette stinte, i pantaloni infilati dentro i calzini ed i capelli arruffati, non gli si darebbe un euro. Eppure quando inizia un concerto de Lo Stato Sociale non si può fare a meno di ballare o di riconoscersi nelle loro canzoni.
La band proviene dai centri sociali ed è per questo che tra versi ironici e divertenti c’è spazio (e voglia) per ricordare Federico Aldrovandi e Carlo Giuliani, menzionati in Abbiamo vinto la guerra. E alzi la mano chi, tra i nati negli anni ’80, non si riconosce nelle parole di Mi sono rotto il cazzo. Tuttavia nelle canzoni de Lo Stato Sociale c’è una parola per tutti, da Sono così indie, dedicata agli alternativi studiati a tavolino, a Quello che le donne dicono, parodia delle donne eternamente indecise. Amore ai tempi dell’IKEA e Pop potrebbero quasi essere considerate delle canzoni d’amore, se si considera che non tutte le storie d’amore finiscono bene.
Turisti della democrazia è un disco completo e sicuramente originale sia nei testi che nelle melodie. Album suggellato da un tour clamoroso che ha visto una fittissima partecipazione ed una crescita esponenziale della notorietà del gruppo.
Dopo mesi così impegnativi, Lo Stato Sociale ha deciso di prendersi una breve pausa, congedandosi in grande stile con un concerto un po’ speciale, tenutosi in occasione del Milano Film Festival, domenica 16 settembre: soltanto sei canzoni, riarrangiate in modo del tutto nuovo ed intervallate da brani in prosa. Una sorta di teatro-canzone, insomma, che ha conquistato tutti presenti.
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