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Lady in the wather

Creato il 01 giugno 2014 da Jeanjacques
Lady in the wather
E dire che una volta Shyamalan era uno dei miei registi preferiti. E magari era anche l'ingenuità giovanile, ma avevo trovato tutti i suoi film fino a questo delle opere molto belle e riflessive, capaci di far evadere come solo un certo cinema sapeva fare, ma lasciando dopo la visione una strana sensazione, di quelle che ti accompagnavano per alcuni giorni, e che li relegava allo status di opere d'arte in tutto e per tutto. Sono state delle pellicole che, nel loro piccolo, mi hanno insegnato di cosa ha bisogno una storia per essere efficace in tutto e per tutto. Capirete quindi la mia crescente delusione quando, da qualche anno a questa parte, il regista indiano è diventato una presenza fissa ai Razzie Award, gli Oscar dei Peggiori, perché a partire da questo momento non ne ha più imbroccata una. E devo dire che per me questo film, nonostante l'innegabile calo, non è la cosa orribile che molti dicono, ma comunque si cominciava ad avvertire che qualcosa era cambiato. E la cosa triste è che non so ancora che è stato a modificarsi, resta solo questa indefinibile situazione e tutte le varianti del caso a esse allegate.

Cleveland Heep è il custode tuttofare di The cove, un residence di Philadelphia. Una notte dall'acqua emerge una bellisisma donna dai capelli rossi, della quale inizia ad occuparsi. Ella gli rivela che il suo nome è Story e che in realtà è una narf, una creatura del mondo acquatico. Lei ha una storia da raccontare a uno scrittore che risiede proprio nel residence, il cui ruolo sarà quello di creare un'opera in grado di plasmare la mente di colui che diverrà il giovane leader del paese. Ma ci sono delle creature che vogliono fermarla, quindi bigna proteggerla, e Cleveland...Ai registi andrebbe impedito di avere figli. Perché tutti coloro che fanno un certo tipo di cinema a un certo punto se ne escono fuori con la storia che vogliono fare un film che possano vedere anche i loro bambini. Lo stesso pensiero l'ha fatto Shyamalan, che ha tratto il soggetto di questa pellicola da una fiaba che lui stesso raccontava ai suoi pargoletti. E fin qui non ci sarebbe nulla di male, se non per il fatto che un regista dovrebbe fare cinema e non accontentare i propri bambini. O fondere le due cose, se non proprio, cosa che qui non avviene con estrema chiarezza. Se l'inizio sembra partire bene, con questo personaggio sui generis interpretato da un sempre ottimo Paul Giamatti, il proseguire si dimostra incerto e abbastanza confusionario, non nella trama - che è fin troppo lineare - ma nelle intenzioni. Questa pellicola infatti non sa mai da che parte stare. A un certo punto è una commedia, a un altro e un film horror, per diventare un fantasy-fiabesco a tradimento e un film drammatico nello stravolgimento del finale. Sembra che il regista non sappia in che scarpe mettere i suoi giganteschi piedi, così sta un po' ovunque senza però fare una cosa che possa dirsi completa e coerente. Ne esce così un film non brutto, ma davvero strano, che lascia una sensazione di indefinito e poco chiaro. Penso che il Razzie come miglior film sia davvero esagerato, perché questo non è un risultato soddisfacente al cento per cento ma nemmeno così pessimo come molti vanno dicendo in giro. Semplicemente, pensare che dietro la macchina da presa c'è la mente che ha creato cose come Il sesto senso e The village, lascia un attimo straniti, e viene da pensare che questa sia la nottata in cui ha avuto un subbuglio intestinale dopo aver fatto un'abbondante cena a base di peperonata di cozze. Anche perché il messaggio che ne sta alla base, ovvero che tutti hanno una funzione nel mondo, non è per nulla brutto, ed è sviluppato con una certa intelligenza. Il protagonista infatti vive schiavo di quello che è stato un passato turbolento e drammatico (moglie e figli sono stati uccisi da un delinquente), ma è proprio quella dura prova che ha dovuto affrontare ad averlo fatto diventare com'è adesso. E la stessa cosa vale per tutti gli altri abitanti del residence, personaggi assurdi [forse pure troppo, in certi casi, come quello che allena solo una metà del proprio corpo] che grazie a queste loro particolarità riusciranno a completare lo schema necessario per salvare la narf. Anche se ancora oggi mi chiedo che particolarità abbiano dei fattoni, ma tant'è... E' un film che chiede allo spettatore in primis un atto di fede e fiducia, lo stesso che dovrà fare Cleveland per portare a termine la missione. Non c'è spazio per chi non ha fede, e il critico cinematografico che pensa che tutto sia stato già detto e che nulla possa più stupire [il punto in cui analizza i vari finale è la vera genialità del film, a mio parere], non farà una bella fine. Eppure, nonostante la buona volontà e dei passaggi di buon cinema, questa pellicola, come ho già detto molte volte, non riesce a stupire. E non basta la bellezza di una Bryce Dallas Howard, la figlia di Richie Cunningham, a distrarre da tutti questi difetti espressivi non da poco. C'è qualcosa che non va non in Danimarca, ma direttamente nella testa del povero Shallallallà, che con questa pellicola sembra segnare il suo definitivo tramonto artistico. Perché se qui si sente un calo che però fa galleggiare tutto oltre la sufficienza, tutto quello che verrà dopo sarà merda che cola. E ne colerà a tonnellate, siatene sicuri.

Da vedere, oltre che per completezza, per le splendide prove degli attori protagonisti. Ma non soffermatevi su quella di Shyamalan, qui vero comprimario, e giustamente 'premiato' col Razzie.Voto: ★ ½Lady in the watherLady in the watherLady in the watherLady in the watherLady in the watherLady in the wather

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