C’è una cosa che io e Gianni abbiamo sempre imposto: la critica più cruda e più sincera io sulle sue foto e lui sui miei post. Nessun buonismo, nessun “dai, carino”. E così abbiamo sempre riso chiedendoci se anche Steve McCurry avesse una compagna al suo fianco che gli dice “bleah…”, “schifo…”, “iabò! Ma che è?”, “ma l’hai fatta tu o l’hai rubata su instagram?” o insulti simili (con tutta probabilità no, ma mi piace sempre immaginarlo).
Tutto questo per dire che il post sul Lago Inle in Birmania e un altro sulla Florida sono stati più volte bocciati in malo modo (“fan cagare… Proprio no, non è roba da aggiustare, è da buttare”) e che quindi il mio piccolo ego da scrittrice si è un po’ rintanato dietro alla lettura di post di altri e alla scrittura di liste della spesa e appunti di lavoro. Aspettando tempi migliori. Perchè poi arrivano le parole, e quando hai la serenità dei buoni ricordi scende un po’ l’ansia da prestazione con me stessa (e non solo), i viaggi si saccontano da soli.
Un respiro intenso, uno di quelli che raccolgono odori della memoria. Polvere, un vago odore di salmastro.
I ritmi lenti, la pesca con metodi antichi, templi isolati, le serate silenziose. Lake Inle è lontano da tutti e se ci arrivi via terra, in aereo, diciamo che ci devi proprio andare. Se scegli, ti metti già in tasca la possibilità di perdere la pazienza, ma di goderti paesaggi ed emozioni che sono davvero difficili da trovare.
Lake Inle è una zona turistica, inevitabilmente. Bellissima e turistica. Ristorantini (tanti italiani), negozietti di chincaglierie e sciarpine made in China, la fanno da padrona a Nyaungshwe, cittadina che è diventata con gli anni fulcro ricettivo del lago per tutti quei turisti che non possono permettersi di dormire in una palafitta sul lago o che moralmente non vogliono spendere per una colazione internazionale quello che più o meno corrisponde allo stipendio annuale di un birmano.Abbiamo cercato di metterci in contatto con il Remember Inn ma con scarsi risultati (era l’hotel suggerito calorosamente da Tripluca) visto che non ci hanno risposto… Così la scelta dell’hotel è caduto sul Royal Inle Inn, dove l’accoglienza è calorosa, le stanze pulite e la wifi buona.
Ecco, magari chiedete una stanza ai piani alti dove di sicuro le finestre ci sono.
Mollato tutto in hotel e messo a mollo mutande e calzini (ogni tanto si, il bucato va fatto…) siamo andati alla ricerca di un tour per il giorno seguente che ci portasse in lungo ed in largo per il lago, senza trovarci incastrati in troppe attrazioni turistiche e quindi i classici giri del “entra un attimo e fai finta che qualcosa ti interessi” che spopolano in Thailandia e soprattutto in direzione Grande Muraglia in Cina.
Ci accordiamo per circa 10€ a testa (sì, è così economico… All’inzio pensavo si fosse sbagliato) e poi puntiamo alla cena, un tantinello terrorizzati dopo l’esperienza “tutto sa di pesce rancido” al Golden Myanmar di Bagan – le recensioni erano buone ma mi chiedo cosa possa aver mangiato la gente! – trovando invece la meraviglia di un ristorante “di lusso” con cibo delizioso: il Green Chili.
La mattina dopo, sveglia presto e colazione sul tetto per poi farci venire a prendere dal nostro boat driver che ci avrebbe poi accompagnato tutta la giornata… Ci consegna due giubbottini e due copertine di pile fiorate da metterci sulle gambe.Allora, siate furbi, portatevi una giacca anti vento! L’aria del mattino è decisamente pungente e la copertina fiorata tiene l’aria ma nenache troppo… E quindi se volete evitare congestioni o influenze da viaggio mettete una bella sciarpina e una giacca a scudo!
E quindi, cosa include il giro? Un sacco di roba turistica ma anche molta roba interessante.
Prima di tutto le rovine del villaggio di Indein sulla sponda occidentale del lago. Una fitta e lunga passerella di bancarelle che vende sempre la solita roba (scatole,scatoline,sciarpe…) accompagna i turisti verso la collina e verso i curiosi stupa in rovina, fiancheggiati da un lato da altri stupa in costruzione. Capiamoci: ce ne sono già un sacco che stanno crollando, perchè farne altri al posto di tirar su tutti quelli mezzi rovesciati a terra? Bah, mistero della fede buddista. Uno stop dalle donne che fanno la carta di riso con fiori inclusi, un altro stop da quelle che fanno i fili tirandoli fuori da quella specie di bava che si trova dentro il fiore di loto (quello è figo da vedere, ammettiamolo), un’altra tappa da altre donne tessitrici ma che qui, sono quelle “famose” con il collo a giraffa sostenuto dagli anelli (una barbarie ai miei occhi, ma forse non ne so abbastanza per giudicare) e poi una tappa al santuario del gatto che salta (si perchè a quanto pare i monaci oltre a meditare si rompono pure le palle e quindi si trovano passatempi come noi. Ecco, magari io cerco ricette su internet o vado in palestra… Anzi no, è forse più probabile che io insegni alla mia gatta a saltare in un cerchio piuttosto che andare in palestra.. Perchè qui fanno proprio questo: qui fanno saltare gattini nei cerchi. Op. Fine dello show.La parte più divertente è stata sicuramente quella: un tempio stranissimo, con circa 50 scatole per le offerte (qui c’è molto poco di subliminale: smolla i soldi, dio ti guarda!) gattini qua e là una grossa palla dorata a cui io, in quanto donna, non mi sono potura avvicinare, gattini qua e là che ovviamente ho coccolato (e mi sono pure ritrovata in una scenetta surreale in cui un monaco fotografava me con i gatti) e un bagno così sporco da farmi rivalutare la gioia di passeggiare scalza.
La vita non scorre lenta, scorre al ritmo dei turisti che arrivano e guardano, fanno qualche foto, magari comprano una scatolina (in un negozietto mi han chiesto 18 dollari per una scatola che poi ho pagato 5!), una mangia e sputa per comitive.
Ma se ti fermi un attimo la Birmania la vedi anche lì, nei pescatori che danzano come equilibristi sulle punte delle loro barche, nei fiumi, negli angoli un pochino più tranquilli in cui la gente si lava come se niente fosse e in quei bambini, che ancora possono giocare.
Qui come ovunque nel sud est asiatico i bambini non sono bambini molto a lungo. Ti venderanno sempre qualcosa, saranno sempre comandati da qualcuno. Ma quando li vedi giocare in un fiume, lontani da tutto…beh, è una pace per gli occhi.E’ turistico, tutto lo è. I viaggiatori sono passati di qua anni fa e di quella purezza è rimasto ben poco. E quindi poi Sali appena dietro al mercatino, su una collinetta con qualche stupa in pezzi, e cominci a sentire molto meno rumore, un’aria già diversa… E ti godi un panorama che ti fa dimenticare tutto il resto.