(qualche passaggio di un articolo - basato su di un'intervista con Laki Vingas - che verrà pubblicato nel numero di maggio del mensile Il Futurista)
"La Turchia sta tornando a essere polifonica." Laki Vingas, greco-ortodosso e cittadino turco di Istanbul, è uno degli artefici della Turchia del XXI secolo, di nuovo rispettosa delle sue diversità culturali, linguistiche, religiose, etniche; è un uomo d'affari, ha ascendenze anche levantine, è stato il primo non musulmano eletto - nel 2007 - nel direttivo del Vakıflar Genel Müdürlüğü: l'istituzione della Presidenza del consiglio che sovrintende al buon funzionamento di tutte le fondazioni ( vakıf) - musulmane o non musulmane - attive sin dall'epoca ottomana in campo educativo, caritatevole, ospedaliero, ecclesiastico (potevano costruire e gestire luoghi di culto).
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Parla infatti degli anni 2000, del decennio sotto la guida del Partito della giustizia e dello sviluppo (Akp, il partito conservatore d'ispirazione islamica al potere dal 2002) e di Recep Tayyip Erdoğan, come della "primavera turca": una fase di transizione verso la democrazia liberale - in cui tutti i cittadini sono pienamente uguali davanti alla legge - per liberarsi dalla tutela autocratica e turcocentrica imposta dai militari e dalle élites burocratiche ed economiche attraverso colpi di stato e un capillare indottrinamento scolastico; un cammino di progresso, incentivato e garantito dai negoziati per l'adesione della Turchia all'Unione europea, "da cui - ritiene - non è più possibile allontanarsi".
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I due punti fondamentali - in realtà indistinguibili l'uno dall'altro - sono la concreta libertà di professare la propria fede e l'altrettanto concreta possibilità di preservare e manifestare la propria identità culturale, non più come stranieri in patria ma come cittadini a tutti gli effetti: "anche io voglio progettare il futuro di questo paese", ha detto riferendosi al centenario - nel 2023 - della Repubblica creata da Atatürk; o anche, pensando ai propri figli: "voglio che non debbano dimostrare ogni giorno la loro fedeltà a questo paese".
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Per Laki Vingas, le fondazioni non musulmane di Istanbul possono assumere un altro e cruciale compito: quello di trasmettere agli immigrati dall'Anatolia - dalla mentalità non particolarmente aperta - i principi di tolleranza e convivenza propri del passato ottomano, così da favorirne l'integrazione nello spazio urbano e l'avanzamento socieconomico. Il consolidamento della nuova Turchia polifonica dipende anche da loro.
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