Primo weekend di Alfio Giomi alla presidenza della Fidal e l’atletica leggera italiana risorge. Pura casualità, s’intende. Per il momento meriti zero, ovviamente e giustamente. Unica cosa sicura: ha portato fortuna. A Budapest l’Italia maschile ha fatto sognare agli Europei di cross: un magico Andrea Lalli ci ha fatto stropicciare gli occhi, un ottimo Daniele Meucci ci ha fatto esultare doppio, De Nard, Nasti e Baldaccini ci hanno fatto capire che era tutto vero. E la domenica da azzurra si è tinta d’oro e di un doppio bronzo (clicca qui per leggere l’articolo di quell’impresa).
Che sia l’inizio di una stagione d’oro per il momento italiano? Può essere, speriamo.
Il molisano e il toscano sono ormai due certezze del nostro fondo. Daniele è ormai nella top ten di 5000 e 10000, togliendo gli uomini di colori se la gioca costantemente con tutti (basti vedere agli Europei e anche i Giochi Olimpici, nonostante a Londra avesse un po’ deluso per i suoi standard). Ha realizzato il miglior tempo italiano sulla lunga distanza in quel di Palo Alto, frutto di tantissimi allenamenti intensivi negli Stati Uniti. Lo stesso vale per Andrea che è in formissima: per lui tantissimi allenamenti in Kenya (a Iten per la precisione, ma in Africa c’è stato anche Meucci) dove ha potuto misurarsi con chi vive di fondo, dove le condizioni ambientali sono ideali, dove tutto è meno stressante, dove si impara davvero a correre e a vivere insieme. E i risultati sono arrivati.
Entrambi ora possono davvero fare il passo lungo e avvicinarsi seriamente alla maratona. A venticinque e ventisette anni hanno la maturità e la testa giusta per provare a farsi strada nella 42km. Il loro ritmo gara deve solo essere incrementato di qualcosina, ma i miglioramenti sono continui. Lalli ci ha provato già alla StraMilano e ha già dichiarato che il suo futuro è la strada; Meucci sembra più restio a rimodularsi, pare convinto a provarci ancora in pista ma sta capendo che la lunghissima distanza potrebbe regalargli grandi soddisfazoni. Con tutto il lavoro fatto, con la voglia che hanno in corpo ci sono concrete possibilità di ben figurare. Poi sappiamo che le armate Masai ed etiopiche sono difficili da combattere, ma chissà…
Non finisce qui, però. L’atletica azzurra ha altre frecce all’arco, lo sapevamo già sia chiaro solo che ora è il momento di tirare fuori da loro tutto l’enorme potenziale che hanno da offrirci. Per fondo e mezzofondo c’è da puntare parecchio sul giovanissimo Maksym Obrubanskyy che quest’anno è sceso a 13:27.15 sui 5000 metri. Dai 400 e dagli 800 di Vistalli e Benedetti (nei top 100 mondiali cronometici) pretendiamo molto. Per la velocità prolungata ci sono Abdellah Haidane e Mohad Abdikadar in rampa di lancio. Ahi noi peccato che Yuri Floriani si stia avvicinando a spegnere le trentuno candeline (proprio il giorno di Natale), ma quanto ha fatto vedere a Londra sui 3000 siepi è stato qualcosa di magnifico: per il trentino siculo d’adozione (e il suo 8:22.62) bisogna sempre avere un occhio di riguardo.
E poi per le altre discipline si ripartirà dal giro di pista con ostacoli della grande promessa Josè Bencosme De Leon (diventerà davvero qualcuno), dal salto in alto di Gianmarco Tamberi (il record italiano è a portata di mano), dal salto con l’asta di Stecchi, dal magico triplo di Daniele Greco (superbo quarto all’Olimpiade dietro mister Donato), dalla marcia di Giorgio Rubino e della promessa Francesco Fortunato (diventerà maggiorenne tra due giorni).
E mi fermo al solo settore maschile, perché da lì sono partito. Insomma Lalli ha suonato la sveglia e la carica. Ora spetta alla nuova Federazione lavorare al meglio, risollevare settori in cui brilliamo poco o nulla (lanci su tutti, non ci potrà salvare in eterno il nostro amato capitan Vizzoni), proporre metodi di lavoro adeguati, carichi giusti, spronare chi merita, incentivare chi di dovere, preparare allenatori adeguati e far crescere chi già insegna, proporre stage e sedute, sfruttare al meglio le risorse, scovare talenti, crearne di nuovi e accudire quelli che già ci sono, motivare i giovani e portarli in pista: sarà faticosa ma regala tante soddisfazioni. Lavoro, lavoro, sodo lavoro. È questa la semplice ricetta per crescere e arrivare lontano. Non ha mai tradito. Ricordiamocelo. Vivremo in un’atletica globalizzata e difficile, ma lo spazio per fare bella figura non manca mai!
(foto Fidal/Colombo)
OA | Stefano Villa