Siegfried,una volta che gli sono stati assegnati il camion”nuovo fiammante” e l’ autista, ha ormai il compito specifico di provvedere con regolarità al rifornimento per i pazienti dell’ospedale e per i loro familiari, nonché per il resto delle maestranze impegnate lì e, quindi, di andare ad acquistare, tutte le volte che necessitano, gli indispensabili caschi di banane nei differenti villaggi vicini.
E i tragitti, con il nuovo mezzo a disposizione, se non piacevoli, si rivelano almeno un po’ più agevoli. E fare affari con i contadini per Siegfried, in questo modo, non è più il problema degli inizi.
Le donne attendono il “gigante” metallico ai margini della brousse con tutta la loro mercanzia e gli accordi di pagamento sono presto raggiunti.
Sono le donne quelle che, dopo avere curata la piantagione, desiderano vendere in prima persona il prodotto delle loro fatiche.
Ma il “gigante metallico” nel fare la strada, sia all’andata che al ritorno, si ritrova spesso a ricevere numerose richieste di soccorso da passanti che, con i loro malati, chiedono di essere condotti a Lambarené per essere curati.
Tra questi non mancano gli ammalati di lebbra. Il cosiddetto morbo di Hansen.
Siegfried, che tra l’altro, ha orrore alla vista del sangue e delle piaghe, non sempre accetta di buon grado la supplica. E così spesso accade che, senza accorgersene, il carico umano si confonde, a sua insaputa, con il carico di banane.
E il malato o i malati giungono lo stesso a Lambarené.
Ma il camion Mercedes non occorre solo per questo genere di trasporti.
Spesso occorre acquistare cemento in città e traghettare sul fiume Ogooué.
In una di queste occasioni l’autista di Siegfried scopre per la prima volta il mare. E, come prevedibile, lo stupore è tanto e tale che l’uomo chiede a Siegfried se, al di là di quella enorme distesa d’acqua, l’oceano, ci siano altri uomini, altre donne,altri bambini, altri anziani.
Insomma, altri popoli.
E la risposta affermativa fa dire all’uomo, con la più grande meraviglia di Siegfried :”Dio è grande. Ci ha dato una mente per immaginare”. E poi, subito dopo aggiunge :” Ma anche la stessa mente per dimenticare”. (...continua)
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)