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Lana e Andy Wachowski, Tom Tykwer: Cloud Atlas

Creato il 11 gennaio 2013 da I Cineuforici @ICineuforici
Lana e Andy Wachowski, Tom Tykwer: Cloud AtlasCloud Atlas
(Usa/Germania, 2012, 170 min., col., fantstico)  
I Wachowski ci riprovano. Risultato? Incompleto. Tutto è legato insieme. Nessuno può essere considerato un essere univico e dai confini ben delimitati. Siamo quello che siamo grazie agli altri. Siamo uniti ad essi non solo spazialmente, ma anche temporalmente. Questo è il succo di tre ore di film: sei storie si intrecciano a livello temporale e spaziale, legate fra loro da una sottile linea spesso difficile da individuare ma sempre presente. Le sei vicende si dispiegano intorno a temi importanti: discriminazioni razziali, omofobia, strapotere delle "grandi" dell'energia, senilità anziana, totalitarismo e religione. Lana e Andy Wachowski, Tom Tykwer: Cloud AtlasI fratelli Wachowski, in compagnia di Tom Tykwer, realizzano questa pellicola germanostatunitense, tratta dall'omonimo romanzo di David Mitchell, senza replicare l'ormai lontano successo del primo Matrix.  Cosa esprime a livello visivo e narrativo questa fatica cinematografica? Non l'ho ancora capito. Il film non convince sul piano narrativo: tre ore per non dire niente. Avrei sperato, seppur magari in maniera troppo scontata, in un legame fra le varie epoche più marcato, mentre invece esso si limita a risolversi nei singoli episodi lasciando lo spettatore ammutolito da tanta superficialità. E' come se ci fosse del materiale per dire qualcosa, ma non riesce a essere detto. L'idea di un "Atlante delle nuvole", ossia di un'atlante che non si limita a mostrare la lontananza/vicinanza spaziale, ma anche temporale, in sè non è male e, anzi, a livello cinematografico è una sfida molto intrigante. E' quello che si attende lungo tutte queste tre ore, ma che non arriva.  Lana e Andy Wachowski, Tom Tykwer: Cloud AtlasNon si può sostenere che ci si annoia nel corso di questa maratona; non si vede l'ora che ci venga svelato il nocciolo della questione e quindi si presta attenzione a ogni singola sequenza, affamati di sapere e d'immagini rivelatrici. Si è lì in trepida attesa quando... finisce il film! Mostrare una caramella a un bambino per tre ore, per poi non darla, non è che sia il massimo della soddisfazione.  Annoiati dall'attesa, l'occhio dello spettatore si dirige verso i dettagli e si diverte come un infante (l'unico vero piacere della pellicola) a cercare sotto quali travestimenti si nascondono i vari attori. Perchè sì, dei legami fra le varie epoche ci sono (oltre ad arrampicature su specchi a dir poco scivolosi), ma si limitano ai vari personaggi temporali interpretati da ciascun attore: Tom Hanks è dappertutto sotto parrucche, rughe e cicatrici, così come Hugo Weaving (angosciante il suo ruolo d'infermiera), mentre Jim Sturgess è imbarazzante con la sua maschera da coreano (ma per fortuna interpreta anche altri personaggi).  Insomma, è meglio girare pagina.
Mattia Giannone 

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