La notizia delle email di Landis che coinvolgono Armstrong e buona parte del movimento ciclistico USA in pratiche illecite ha fatto il giro del web. Tutti ne parlano e, cosa ancora a mio avviso più sorprendente, interessa anche chi di ciclismo non si occupa regolarmente. Da cosa nasce questo interesse?
Sicuramente dal personaggio coinvolto. Lance Armstrong non è un ciclista qualsiasi; è ancora, nell’immaginario collettivo, “il ciclista”: sette volte vincitore al Tour, campione del mondo e soprattutto colui che ha battuto il cancro. I suoi continui coinvolgimenti, indiretti e mai provati, nel doping (anche se qualche anno fa l’Equipe ci andò vicino), in qualche modo contribuiscono a rinnovare un dualismo proprio del ciclismo. Prima era Coppi – Bartali (ma anche Bugno-Chiappucci, Saronni-Moser), adesso è “innocentisti e colpevolisti” (tra questi ultimi esiste anche una sparuta, ma convinta, minoranza che mette in dubbio addirittura che sia stato mai colpito dal male).
Reed Albergotti e Vanessa O’Connell, i giornalisti del WSJ che hanno visto le email di Landis, tornano sull’argomento riportando le dichiarazioni di Armstrong e aggiungendo un elemento dimenticato da quanti hanno ripreso la notizia in Italia. Persone che hanno parlato con Landis assicurano che il ciclista (o ex?) stia collaborando con l’unità di investigazione criminale della Food and Drug Administration ed in particolare con l’agente speciale Jeff Novitzky. Un nome che in Italia forse dice poco, ma che dall’altra parte dell’Atlantico è famoso perché capo del staff investigativo che inchiodò Marion Jones e il gruppo del laboratorio di Bay. Una conferma, questa, di quanto riportato nel precedente post: più che del ciclismo, questo mi sembra un problema del sistema sportivo americano.
Tra le tante parole inutili di queste ultime ore, tutte che riprendono in grandi linee l’articolo del WSJ, mi sono imbattuto in uno dei blog più autorevoli dello stesso quotidiano americano. Redatto da uno dei maggiori esperti di legge degli USA, la domanda di fondo è: perché Armstrong non querela Landis.
In effetti nella conferenza stampa di risposta alle accuse del suo ex compagno, il Boss (è bene ricordarlo, questo era – ed è – il suo soprannome nel gruppo, e non è un caso) afferma che per ora non ha intenzione di querelare Landis. L’ha fatto in passato per casi analoghi, ma una causa implica tempo e denaro, e lui – così dice – in questo momento si vuole dedicare al ciclismo, alla sua squadra e ai suoi figli. E ricorda: “E’ la nostra parola contro la sua…”
Come dire che dal punto di vista prettamente legale, Landis non ha nulla in mano. Mi viene in mente De Niro negli Intoccabili di De Palma: “Solo chiacchiere e distintivo…”. Qualche commento al post ricorda che Landis non ha più una lira; una causa non arricchirebbe di molto il Boss, ma queste sono solo malignità.
AU