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Laputa - Il castello nel cielo di Hayao Miyazaki

Creato il 30 aprile 2012 da Spaceoddity
Laputa - Il castello nel cielo di Hayao MiyazakiHayao Miyazaki ha diretto Laputa - Il castello nel cielo nel 1986, quando la sua fama in Occidente era lungi dall'essere certezza, nonostante il successo di Lupin III. Il Castello di Cagliostro e le bellissime serie televisive dedicate a Sherlock Holmes, Conan il barbaro e ancora Lupin. Viene distribuito solo ora, in Italia, a poco tempo dalla ripresa di Porco Rosso, con gran gioia e sorpresa da parte dei suoi fan europei, abituati a una produzione più "matura". Difatti, se si esclude Nausicaa nella valle del vento (ancora inedito in Italia, per quel che ne so), i suoi lungometraggi più celebri sono tutti successivi a questa data. Tuttavia, di Miyazaki, fondatore, mentore e bandiera dello Studio Ghibli, si può dire tutto tranne che fosse un debuttante; ché, anzi, Hayao Miyazaki dà l'aria di non esserlo mai stato sotto nessun aspetto. Certo, oggi i progressi dell'animazione avrebbero reso più fluide e leggere le scene di movimento, ma parliamo di oltre due ore di un film che emoziona fino ai titoli di coda. I temi portanti sono già tutti presenti in Laputa: purezza d'animo, brama di potere, ecologia e scienza sostengono la trama con una linearità impeccabile.
La storia è quella di Pazu, un giovanissimo orfano, aiuto-macchinista in una miniera, che una sera vede scendere dal cielo una ragazzina guidata da una luce intensa e cangiante e immersa in un sonno profondo. La ragazzina continua a dormire anche mentre lui la porta a casa e si sveglia solo l'indomani. Al risveglio, l'amicizia tra i due è immediata e profonda. Pazu le racconta del padre, intrepido aviatore, che durante una spedizione aveva visto Laputa, misterioso e incantevole castello nel cielo, avvolto dai venti e dalle nubi. Nessuno gli credette nonostante le prove fornite e l'uomo venne preso per un ciarlatano e isolato, finché mori. A sua volta, Sheeta, che rimane come ipnotizzata di fronte alla foto che l'uomo aveva scattato, rivela di essere inseguita da una banda di pirati, invasati dal desiderio di avere la pietra magica che lei porta al collo. I balordi trovano la ragazzina in casa del piccolo e l'inseguimento prosegue anche nel piccolo villaggio dove abita Pazu, che solo allora apprende come Sheeta sia ricercata anche dall'esercito. Fuga e inseguimento si alternano finché la ragazza con la sua pietra non viene presa in custodia dall'esercito. A Pazu non resta che allearsi con i pirati, lui per recuperare la sua amica, loro per impossessarsi della pietra: ben presto, però, questo viaggio, tra alterne vicende, assume la forma di una ricerca di Laputa, una sorta di Atlantide lievitante e sopita che potrebbe essere riportasta alla sua antica potenza.
Laputa - Il castello nel cielo di Hayao MiyazakiIl castello nel cielo è un lungometraggio particolarmente suggestivo in particolare per chi - come me - è cresciuto con i cartoni animati giapponesi importati negli anni Settanta e Ottanta in Italia: le suggestioni nipponiche ci sono tutte, dalle fughe precipitose (che richiamano Lupin) alla codifica del sistema dei personaggi (che ricorda parecchio Yattaman, in specie tra i pirati), dall'indistruttibilità fisica buffonesca delle persone (per noi italiani, molto mai dire banzai) fino alle irrinunciabili scene sulla cucina e sul rapporto con il cibo (per non dire del sesso). Su questo piano, Laputa è un'antologia di suggestioni - oggi luoghi comuni, allora racconti esotici ed incredibili - che però Miyazaki sa modulare e declinare secondo il suo scopo. Come sempre, il dato più suggestivo sul quale perfino i detrattori dello Studio Ghibli nutrono ben pochi dubbi è la bellezza dei disegni: la capacità di questi artisti di imprimere luci, colori e sentimenti è sbalorditiva. Si dirà forse che le forme dei volti e persino la mimica facciale si ripetono. Vero: ma si tratta di una scelta di tipizzazione umana, un tentativo di adeguarsi a forme tradizionali facilmente traducibili e riconoscibili.
I film di Miyazaki sembrano pensati per adulti, per chi ha già una storia e sa ravvisare a prima vista certe situazioni, così da godersene lo sviluppo e riflettere parallelamente allo stesso. Che questo sia in più di un momento farsesco, poi, conferisce maggiore godibilità allo spettacolo, straniandolo e consentendo un'attenta disamina dei messaggi proposti. Per parte loro, i bambini, pur non essendo magari avvezzi a certi codici cinematografici, saranno allettati magari dalla rapidità delle azioni e dagli sviluppi narrativi (soprattutto, a confronto con il più lirico La città incantata). I tre "set" principali (aeronave dei pirati, aeronave militare e terraferma), del resto, sono studiati per fornire ciascuno i suoi specifici plot che, intrecciandosi l'uno all'altro, tracciano per Il castello nel cielo un profilo autenticamente romanzesco e avventuroso, pieno di diversivi e punti di fuga. Laputa diventa proprio lo scenario nel quale questi tre diversi filoni narrativi - ciascuno idenfiticabile con un desiderio (brame, rispettivamente, di denaro, di potere e di amore nel senso più ampio e più pieno del termine) - si incontrano e si rivelano l'un l'altro.
Laputa - Il castello nel cielo di Hayao MiyazakiD'altra parte, questo reame nascosto dai venti e dalle nubi, paradiso architettonico e naturale improntato - al pari della terraferma - a una vertiginosa verticalità (l'altus dei Romani, che includeva sia lo sprofondare sotto i piedi che l'innalzarsi sopra il capo), presenta almeno un aspetto singolare, sul quale vale la pena di soffermarsi. Il cuore del castello è tecnologicamente avanzatissimo, come se provenisse da una civiltà extraterrestre: forme sobrie e arredi spaziali minimalisti (mentre le aeronavi sono proposte con i moduli di imbarcazioni a noi ben note: vascelli o crociere, ma insomma sembrano progettate per essere riconoscibili, al di là delle loro mirabilie). Gli alberi, dunque, a Laputa si abbarbicano con le loro radici su una struttura non "verde", formulandosi così una sintesi tra il senso di ecologia - con le sue forze primigenie e religiosità ctonia - e quello di tecnologia (senza brevetti o marchi registrati). Lo stesso potere della pietra di Sheeta si può ricondurre con difficoltà a poteri magici o scientifici, alla più perfetta ingegneria dei materiali o a misteriose forze sacre. Hayao Miyazaki, infatti, fonde dimensioni spirituali e generi, fantasy e fantascienza, creando un gioiello che è un unicum sincretico, su cui noi occidentali possiamo anche nutrire dubbi epistemologici, ma dal quale traiamo grande giovamento umano e artistico.
Ancora una volta Miyazaki mi riconcilia con la bellezza.

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