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Larghe intese e dipartita della signora Tatcher. Quando un giornalista noto moderato (io), lo è un po' meno.
Creato il 09 aprile 2013 da Massimoconsorti @massimoconsortiSono due gli argomenti all'ordine del giorno del 9 aprile 2013. Le “larghe intese necessarie”, invocate da Giorgio Napolitano riferendosi a quelle del 1976, e la morte, per spappolamento del cervello, di Iron Lady. Su entrambi avremmo molto da dire, potremmo addirittura correre il rischio di diventare (verbalmente) violenti. Però, considerato il nostro aplomb british, cercheremo di evitare cadute di stile. Partiamo da ca(o)sa nostra (qualcuno potrebbe dire, “az che esordio moderato”! E avrebbe ragione). Il Presidente della Repubblica, rimembrando Gerardo Chiaromonte, ha dettato la sua linea partendo da lontano. Dopo aver preso atto che i 10 saggi da lui nominati passano le giornate giocando a Ruzzle e Burraco, Napolitano ha deciso di scendere in campo in prima persona e di dare l'ultimo saggio consiglio del suo settennato. Con le lacrime agli occhi e la voce tremante, di fronte a una platea attenta come non mai, ha detto: “Occorre dar vita a un governo figlio di larghe intese, come quelle del 1976, quando due forze da sempre contrapposte, si unirono per il bene supremo della nazione”. Il Presidente parlava del governo di minoranza di Giulio Andreotti, nato grazie all'astensione del PCI, che gli diede una sorta di appoggio esterno indispensabile, in termini numerici e di contenuti. In quel periodo muovevano i primi passi i cosiddetti “cattocomunisti”, gente che, nonostante tutto, era mossa da grandi ideali, compresi quelli del Vaticano II. A parte la crisi economica profonda in cui versava l'Italia, comunque non paragonabile assolutamente a quella attuale, c'era un altro pericolo che spingeva la DC e il PCI al “compromesso storico”, si chiamava terrorismo e mieteva vittime come e peggio della “spagnola”. Potremmo chiudere questo argomento, ricordando ai distratti, e a quelli che non hanno studiato, chi furono i fautori, gli ideatori, gli strateghi di quel governo di larghe intese. Per la DC le trattative furono condotte da Aldo Moro mentre, per il PCI, c'era un certo Enrico Berlinguer. Definire “statisti” i due non dovrebbe essere uno sforzo sovrumano né lo studio della Teoria dei Quanti. Oggi, da una parte c'è Silvio Berlusconi e dall'altra Pierluigi Bersani. D'accordo, la politica si è imbarbarita, però c'è un limite a tutto, e, a prescindere, dovrebbe esserci quel senso del pudore indispensabile (almeno) per le alte cariche dello stato. Ecco, il ragionamento sulle “larghe intese” si potrebbe chiudere qui, se Flores d'Arcais, oggi, su quello che fu il Corriere della Sera, non avesse tirato fuori un arzigogolo dei suoi. Scrive d'Arcais: “La giunta per le elezioni, una volta insediata, potrebbe dichiarare 'ineleggibile' Silvio Berlusconi, togliendo al Parlamento un imbarazzo che dura da 20 anni, perpetrato nel tempo anche da Massimo D'Alema”. Capito perché Silvio vuole la larga intesa, maledetta e subito? E capito perché Piergigi ciurla nel manico e gli risponde: “Ci penserà il prossimo presidente della repubblica”? Onestamente, Silvio e Piergigi sono due statisti?“Oggi è un grande giorno”, ha detto David Hopper, settantanne, all'epoca leader sindacale del movimento dei minatori, commentando la notizia della dipartita della signora Tatcher. Ed è la stessa frase che abbiamo pensato noi quando le agenzie di stampa hanno battuto la notizia. Ci sono morti che, non si sa perché, fanno tirare un sospiro di sollievo, come se la scomparsa dalla faccia della terra di una signora malata di Alzheimer fosse motivo di danze e non di cordoglio. Ma la signora Tatcher, cari berluschini del menga, ne ha combinate talmente tante che ieri ci siamo ritrovati a dire, come 38 anni fa, il 20 novembre 1975, “viva la muerte tua”. Allora se n'era andato Francisco Franco, oggi Margaret Tatcher. Qualche tempo fa, durante la presentazione del libro di un nostro collega molto famoso, all'ennesima lode in onore di Iron Lady sbroccammo. Non ci capita mai, solo di fronte alle idiozie, e quella sera, di idiozie sulla Tatcher, ne furono dette tante, troppe. La Lady, che come nessuno odiava gli operai, si è resa responsabile di genocidio sociale e culturale di tre generazioni di inglesi. È stata la leader indiscussa, insieme al suo sodale americano Ronald Reagan, del liberismo più sfrenato e della conversione totale al “dio mercato”. Fomentatrice dell'odio sociale, ha distrutto il welfare, la scuola pubblica, l'assistenza sanitaria, il sistema-lavoro basato sulla produzione di cose, la dignità degli operai e ha fatto scomparire, nei suoi 11 anni di potere assoluto, la middle-class. Vi ricorda qualcuno? Ma va là! Come insegna quello statista che risponde al nome di Luciano Violante, il rispetto che si deve ai morti, e alla morte, deve essere uguale per tutti. Non siamo d'accordo, non lo siamo mai stati, non lo saremo mai, perché la morte di Bobby Sands non è uguale a quella di Margaret Tatcher. Quindi vale, per la signora Tatcher, quello che, con gli amici e compagni del Movimento, dicemmo del 1975. Punto.
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