Pochi i film usciti negli ultimi anni capaci di catturare la mia immaginazione e le mie emozioni cosi’ in profondita’; Melancholia di Lars Von Trier e’ uno di questi.
Il film si apre con scene dall’impatto visivo eloquente; un pianeta che precipita sulla terra, scene al rallentatore dei personaggi e dei simboli che caratterizzeranno il film. La narrazione prosegue con la fastosa cena di festeggiamento per le avvenute nozze di Kirsten Dunst organizzate dalla sorella Charlotte Gainsbourg nel suo maniero. Tutto sembra pefetto: il luogo, gli sposi felici… Durante la cena l’atmosfera cambia pero’ quando la madre e il padre della sposa prendono la parola; le loro brevi affermazioni ora insensate (John Hurt, il padre) ora piene di amarezza e pessimismo (Charlotte Rampling, la madre) stonano in quella circostanza e la Dunst perde il sorriso. Cerchera’ a piu’ riprese di parlare a tu per tu con i genitori, senza riuscirvi: senza salutarla questi lasciano il maniero. Anche il datore di lavoro della Dunst (Stellan Skarsgår) prende la parola durante la cena incensando le sue qualita’. A poco a poco pero’ anche questo la deludera’ , tallonadola per tutta la serata allo scopo di discutere di lavoro e mettendole alle calcagna un giovanotto che la rimpiazzera’ quando verra’ il momento di ritirarsi in maternita’. Da quel momento in poi assistiamo al progressivo decadimento psicologico, morale e fisico della Dunst. La sorella e il cognato decidono allora di tenerla con loro. Perche’ tanta amarezza e disperazione circonda questa famiglia? Di tanto in tanto Von Trier lancia dei discreti indizi indirizzando la nostra analisi oltre la cornice visibile. Un pianeta vagante e’ in rotta di collisione con la terra: e’ la FINE. La comunita’ scientifica e’ pero’ divisa: c’e’ un margine di speranza, forse la terra verra’ risparmiata. Solo i componenti della famiglia sembrano rendersi conto in profondita’ della situazione (forse perche’ il marito della Gainsbourg e’ un astronomo) e reagiscono disperandosi e ‘lasciandosi morire’ (la Dunst) oppure lottando e sperando, la Gainsbourg, madre di un bambino. Alla fine, a parte la Gainsbourg, non si salva nessuno dal giudizio impietoso del regista sulla nostra societa’ e sulla nostra umanita’; non i genitori egoisti, non il datore di lavoro interessato solo al profitto e cieco di fronte ai fatti della vita, non il collega arrivista, non il marito privo di spina dorsale (Alexander Skarsgår), neanche il cognato (Kiefer Sutherland) che sembrava un personaggio positivo, vedrete il perche’, non vi rubo la sorpresa. In Melancholia inoltre, Von Trier “riabilita” la sua attrice feticcio, Charlotte Gainsbourg, di cui ci ha dato una immagine devastante nel penultimo film, Antichrist.
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