John Ajvide Lindqvist
Nato e cresciuto a Blackeberg, un sobborgo nei pressi di Stoccolma, ha lavorato per dodici anni come prestigiatore e cabarettista, ha scritto testi per il teatro e la televisione, lavorando come autore delle battute di molti comici svedesi.
Pubblica il suo primo romanzo nel 2004, Låt den rätte komma in, pubblicato in Italia con il titolo Lasciami entrare da Marsilio Editore. Il romanzo, divenuto un best seller in Svezia e pubblicato in 12 lingue, è un horror vampiresco che racconta l’amicizia tra un bambino e una ragazzina vampiro. Dal romanzo è stato tratto un film omonimo diretto da Tomas Alfredson e sceneggiato dallo stesso Lindqvist, che ha ridotto l’opera narrativa eliminando personaggi ed interi episodi, ma ha saputo conservare gli sviluppi essenziali, permettendo alla pellicola di raccogliere molte recensioni favorevoli nei numerosi festival in cui è stata proposta, e un buon successo di pubblico alla sua uscita nelle sale.
Nel 2005 pubblica il suo secondo romanzo L’estate dei morti viventi (Hanteringen av odöda); a differenza del primo romanzo in questa opera si parla di zombi, genere da lui sempre apprezzato, soprattutto nelle opere di Lucio Fulci. Come il suo primo romanzo, anche questa opera sarà adattata per il grande schermo.
Nel corso del 2010 esce Il porto degli spiriti, cui seguirà un ulteriore adattamento cinematografico ancora con la collaborazione di Tomas Alfredson.
Sito ufficiale svedese/inglese: johnajvide.com/
Titolo: Lasciami entrare
Autore: John Ajvide Lindqvist
Serie: //
Edito da: Marsilio (Collana: Farfalle)
Prezzo: 12,50 €
Genere: Paranormal, horror, noir, letteratura scandinava
Pagine: 461 p.
Voto:
Trama: A Blackeberg, quartiere degradato alla periferia ovest di Stoccolma, il ritrovamento del cadavere completamente dissanguato di un ragazzo segna l’inizio di una lunga scia di morte. Sembrerebbe trattarsi di omicidi rituali, ma c’è anche chi pensa all’opera di un serial killer. Mentre nel quartiere si diffonde la paura, il dodicenne Oskar, affascinato dalle imprese dell’assassino, gioisce segretamente sperando che sia finalmente giunta l’ora della rivalsa nei confronti dei bulletti che ogni giorno lo tormentano a scuola. Ma non è l’unica novità nella sua vita, perché Oskar ha finalmente un’amica, una coetanea che si è appena trasferita nel quartiere. Presto i due ragazzini diventano più che semplici amici. Ma c’è qualcosa di strano in Eli, dal viso smunto, i capelli scuri e i grandi occhi. Emana uno strano odore, non ha mai freddo, se salta sembra volare e, soprattutto, esce di casa soltanto la notte… “Lasciami entrare” è una tenera e crudele storia d’amore, vendetta e vampiri, un racconto fantastico e commovente sul dolore dell’infanzia e la forza dell’amicizia, dove sangue e orrore devono piegarsi alla potenza dell’amore e alla voglia di vivere.
Recensione
di Livin Derevel
Volete leggere un romanzo ironico, di svago, gradevole e che vi lasci con una bella sensazione addosso? Non leggete questo.
Non leggetelo perché le atmosfere sono cupe, fulgide nella sottile violenza che permea l’essere di alcuni dei protagonisti, e si rende innegabilmente manifesta in alcune scene a metà tra macabro e grottesco, mozzando il respiro per le immagini evocative che è in grado di risvegliare nella mente di chi legge.
Sfondo della storia è un sobborgo di Stoccolma, al freddo, dove le temperature sono basse e il cielo è una coltre scura che guarda tutto dall’alto, indifferente. Oskar è uno dei protagonisti principali.
È un ragazzino che nel gergo si definirebbe sfigato: sovrappeso, con interessi diversi da quelli dei compagni, con un problema di incontinenza, genitori separati, madre iperapprensiva, amici che sono amici soltanto quando non hanno di meglio da fare, e immancabili bulletti teppistelli che se la prendono con lui non appena ne hanno l’occasione, e nessuno muove un dito per fare qualcosa.
Il corso della sua vita inizia a cambiare quando nel cortile, una sera, incontra per caso Eli, una bambina all’incirca della sua stessa età, ma con un aspetto strano, sospetto, spiacevole. Puzza, è pallida, emaciata, con occhi che a volte diventano come quelli dei gatti, senza contare i suoi discorsi, le risposte evasive, e quello strano padre che esce di notte per fare chissà cosa.
Da quando Håkan e la sua figlia carina arrivano a Blackberg, diverse vicende iniziano a intrecciarsi, dapprima i nomi dei personaggi si confondono un po’ tutti, ma procedendo nei capitoli pian piano ogni situazione ha il suo filo che si tende, che viene raccontato con dovizia di particolari ma senza scendere nel morboso, non ci sono descrizioni esagerate o noiose, anzi la narrazione è adeguata, non eccede né in sintesi né in superfluo; soltanto in pochi passaggi che dovrebbero essere concitati ho riscontrato un soffermarsi enfatico che avrebbe benissimo potuto essere tagliato, ma nulla che compromette la scorrevolezza del testo.
È un buonissimo libro di demoni. Non vampiri, perché la stessa Eli afferma di non esserlo, non esattamente. Non ci è dato sapere con precisione cosa successe duecento anni prima, così come non siamo in grado definire con precisione quale creatura sia. Ma è comunque better than Twilight.
L’organismo, i mutamenti, i bisogni, le abitudini, tutto ciò che concerne l’aspetto paranormale è descritto con accuratezza, coerenza e l’innegabile fascino del paradossale realismo clinico che proietta gli avvenimenti sul piano materiale, su quello quotidiano e lo distacca dalla dimensione più fantastica e intangibile che renderebbe l’opera meno godibile.
Si tratta di un horror paranormale che colpisce proprio perché dettagliato, anche gli aspetti più scabrosi – gli effetti dell’acido cloridrico in pieno viso, la trasformazione di un essere umano in un emofago – sono particolareggiati, esposti con chiarezza e senza adoperare paroloni ridondanti o surreali; il tutto è spiegato con discrezione, con un’ordinarietà straordinaria che pone orrore e normalità sullo stesso piano.
L’unica nota negativa l’ho riscontrata nella parte finale.
Come avevo già detto in una precedente recensione, un lettore quasi automaticamente si aspetta che i protagonisti della storia si evolvano. Che dopo aver affrontato peripezie e avventure più o meno belle, abbiano raccolto abbastanza forza per cambiare – in bene o anche in male – e siano diventati diversi da quando erano all’inizio degli eventi, che il loro stesso carattere sia mutato sotto l’aspetto principale su cui la funzione del personaggio aveva fatto perno.
In Lasciami entrare è Oskar il personaggio che dimostra di avere maggiori problemi, che arrivano al culmine nell’epilogo. Peccato però che si limiti a fuggire piuttosto che affrontarli, preferendo scappare invece che impegnarsi in un qualsiasi dialogo che avrebbe potuto aiutarlo. Sono rimasta delusa dalla sua scarsezza di spirito, confermando – ironicamente – che Oskar alla fin fine è lo sfigato che tutti credono.
A parte questa stonatura, il romanzo è molto valido.
Le atmosfere noir sono prive di lieto fine, una storia di mostri moderni in piena regola, niente sentimentalismi o amori forzati, le emozioni sono potenti, violente e altalenanti, la differenza tra bene e male è una linea che non si vede, che da capitolo a capitolo si spinge da una parte e dall’altra senza che alla fine si riesca a capire davvero da che parte stare.
Se volete leggere qualcosa di diverso, allora sì, leggete questo.
Autore articolo: Livin Derevel
Livin è veramente una stronza. Ha la lingua biforcuta e il dente avvelenato, è arrogante e invadente, ha una critica per ogni cosa possibile e immaginabile e si diverte a far incazzare gli altri. Detesta chi le chiede dei soldi, gli imbecilli e le Mary Sue - sia immaginarie che in carne e ossa. Scrive di slash, di gente strana e sogna di diventare l'Oscar Wilde del ventunesimo secolo.
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