Che comincia oggi.
Chi salva il rock? - Premessa
La domanda dell’estate è: chi sta salvando il rock? La musica, in particolare il rock, mi ha salvato da momenti di noia e depressione. Ma chi pensa a lui?
Me lo chiedo perché se quando ero al liceo io – si parla dal 2009 al 2005 circa– erano nati alcuni gruppi validi (System of a down, Queens of the stone age, Coldplay, Muse, White Stripes, Incubus, Audioslave, Franz Ferdinand, the Coral, i primi Strokes per dirne alcuni) quegli stessi gruppi si sono rivelati gli ultimi rantoli di quel rock che gli anni Novanta ci hanno tramandato. Da quell’ultimo periodo, in cui il “peggio” a livello commerciale era rappresentato dalle tante band nu metal, sono sopravvissuti solo pochi gruppi, altri si sono rigenerati in altre forme, ma non è nato molto di nuovo. Anzi, non è nato nulla di rock. E vi sfido a dirmelo.
Queste opinioni sono sempre molto soggettive. È un antipasto del ciclo della vita. Si invecchia e si viene sostituiti dai nuovi entrati, che tu sia ascoltatore o musicista, e si pensa che “ai miei tempi tutto era meglio”. Ci si rassegna a quella che è la decadenza dei gusti e delle mode. Oppure è probabile che se io parlassi con un liceale di oggi, mi direbbe: “No, c’è molta roba nuova e buona da ascoltare”. Poi mi darebbe due dritte, e forse mi ricrederei, tornerei ad avere fiducia nel ciclo della vita. Ma finché i giovani che vedo continuano a indossare le magliette dei soliti gruppi che vanno da 20 o 30 anni a questa parte (come d’altronde facevano alcuni amici al liceo), allora penso che non ci sono alternative. Non è poi lo scambio di opinioni coi giovani che mi manca, la segnalazione di nuove tendenze musicali etc etc. Le informazioni sui gruppi nuovi, grazie a internet, non mancano: si sa tutto sulle ultime uscite, sugli ultimi concerti, sui fenomeni, le collaborazioni. Basta avere dei buoni feed rss, iscriversi alle giuste newsletter o diventare fan delle pagine buone su Facebook. Io consiglio la bibbia che si chiama Ondarock e la rivista francese Les Inrockuptibles, e mettiamoci anche Rolling Stone e il Mucchio. Le solite cose insomma.
Tuttavia lo scambio personale, soggettivo, è quello più influente. Su queste riviste cartacee o on-line finisce sempre che penso così: o le recensioni sono troppe tronfie perché il recensore vuol far vedere che ne sa e che sa essere critico; o sono “incesioni”, perché pompano a mille album e artista, e quindi sa di marchetta, di servizio marketing, di gente in fila per adorare la moda del momento, e ti puzza. Con un amico o un conoscente non accade. Però visto che con i soliti amici, i migliori, si finisce sempre per parlare dei soliti gruppi e dei soliti cantanti, i migliori, allora riviste e fanzine diventano la maniera principale per trovare qualcosa di nuovo. Ci si fida, si prova, si ascolta qualche brano su Youtube, se piace si scarica il disco o lo si compra e via. Se incontro gente nuova o conoscenti visti di rado qualche dritta arriva, se non ci si confronta sulle cose che piacciono a entrambi. L’ultima buona dritta (a parte quelle relative a cantanti e gruppi italiani che meritano un capitolo a parte) è sugli Arcade Fire, che io snobbavo per i motivi di cui sopra: nel periodo in cui sono diventati celebri (con il disco “Funeral” del 2004) tutti i critici incensavano la band canadese e all’ascolto non mi sembravano così degni di lode: bravi, sì, ma cos’hanno in più dei Radiohead. Poi, a riascoltarli dopo il consiglio di un’amica, li ho trovati piacevoli, interessanti. Anche se continuo a pensare che c’è meglio.
Per il resto è il nome che fa da garanzia al nuovo. Gli ultimi progetti che mi sono piaciuti hanno vecchi nomi dietro di loro, e sono i soliti tre: Dave Grohl, Josh Homme eJack White. Loro sono le alternative (a), (b) e (c) della domanda iniziale. Tutti e tre hanno fatto e stanno facendo moltissimo per tenere in vita il rock. Però io voglio dare una risposta secca. I primi due hanno fatto i Them Crooked Vultures insieme al bassista dei Led Zeppelin John Paul Jones.
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