La percentuale dei laureati disoccupati in Italia è raddoppiata. L’indagine condotta da Almalaurea registra un fortissimo incremento della disoccupazione dal 2008 ad oggi.
Negli ultimi quattro anni la percentuale dei laureati disoccupati è raddoppiata.
Secondo l’ indagine svolta da Almalaurea, su un campione di 400mila studenti usciti dagli atenei italiani, il 19,6 per cento dei laureati che hanno concluso il “ciclo del 3+2” non hanno ancora un lavoro dopo dodici mesi dall’avere conseguito il titolo di studio. Nel 2008 erano il 10,8 per cento. Per le lauree triennali si passa dall’11,2 per cento al 19,4 per cento. In entrambi i casi la percentuale è quasi raddoppiata.
I dati della XIV indagine Almalaurea sulla condizione occupazionale dei laureati fanno riferimento ai 57 atenei italiani aderenti al consorzio da almeno un anno.
I laureati italiani, spesso poco considerati dalle aziende nostrane, trovano con sempre maggiore frequenza impieghi di alto profilo nelle imprese al di fuori dei confini nazionali.
Nella situazione dei laureati incide la frammentazione territoriale; tassi più alti di disoccupazione si registrano nel Mezzogiorno: nel 2008 quello dei residenti delle regioni del nord superava di 13,5 punti percentuali quello dei loro coetanei del sud, oggi il differenziale è salito e raggiunge il 17 per cento.
Inoltre, nel 2011 solo il 34 per cento dei laureati specialisti ha potuto siglare un contratto a tempo indeterminato. La maggior parte combatte quotidianamente con il precariato e con il lavoro nero.
Il potere d’acquisto del salario è un altro tema chiave che rende ancora più complesso l’ ingresso nel mondo del lavoro. I dati di Almalaurea mostrano la diminuzione del 13 per cento dello stipendio netto di un laureato specialistico in termini reali. A un anno dalla laurea, nel 2011, lo stipendio netto arriva a mala pena sopra i mille euro. Anche sul versate salariale si manifesta la differenza tra il Settentrione e il Meridione: nel 2009 un laureato impiegato in un’impresa del nord guadagnava l’8,2 per cento in più di chi lavorava al sud, nel 2011 il differenziale è arrivato al 16,9 per cento.
Dall’indagine scaturisce la permanenza di forti disparità in tema di “ingresso nel mondo del lavoro” tra uomini e donne.
Per il direttore di Almalaurea, Andrea Cammelli, si deve intervenire al più presto: “Sarebbe un errore imperdonabile sottovalutare o tardare ad affrontare in modo deciso le questioni della condizione giovanile e della valorizzazione del capitale umano”; lo stesso sottolinea la necessità di investire in istruzione, ricerca e sviluppo. Egli crede che: “i criteri meritocratici di attribuzione dei fondi potranno contribuire a migliorare l’efficacia interna ed esterna del sistema universitario a condizione che i fabbisogni minimi e complessivi di risorse siano determinati secondo i parametri internazionali relativi al costo della didattica e della ricerca”.
Ci sarebbe bisogno di comprendere che i laureati costituiscono una risorsa per il nostro paese, specialmente in tempi di crisi. Occorre contrastare la “fuga di cervelli” e avere ben chiaro che i giovani sono il futuro e la tendenza a chiudergli le porte del mondo del lavoro incide fortemente sullo sviluppo della società.