Lavando i piatti in un film in bianco e nero

Creato il 16 gennaio 2012 da Mapo
Questa sera lavavo i piatti. Niente di strano, in effetti. In una casa senza lavastoviglie, per la verità, accade, con buona approssimazione una volta ogni 24 ore. Circa.
Dopo aver risciacquato le ultime padelle, ben poco incrostate al termine di una cena frugale, mi dedicavo ad una pulizia sommaria del piano cottura e del lavandino. Nell'angolo, a mo' di zoccolino, allo scopo di delimitare la fine della cucina (o l'inizio del muro, mi rendo conto!), una piccola guarnizione in plastica bianca, incollata la notte dei tempi con un po' di silicone che, dopo migliaia di colpi bagnati di spugna, cede ormai, inesorabilmente, ad ogni piccolo trauma. Staccandosi.L'evento, vi assicuro, è qualcosa di estremamente fastidioso. Sensazione accentuata dal trovarsi pieni di detersivo per i piatti fino ai gomiti.
Data la complessità della descrizione sopra-riportata e la mia modesta conoscenza di termini specialistici relativi alle singole minuscole componenti che costituiscono una cucina, mi rendo conto che le righe qui sopra possano risultare un po' farraginose. Un aggettivo che, a pensarci bene, rende perfettamente l'idea di quello che vuol descrivere anche solo con il suo suono un po' pasticciato delle sue sillabe. Credo si dica onomatopeico, ma dovrei controllare se, anche in questa circostanza, tale definizione sia calzante.Data tale complessità, dicevo, che a questo punto dò per appurata e condivisa di chi ha la sfortuna di leggermi, ecco che mi trovo piacevolmente costretto (questo, in buona sostanza, dovrebbe essere una sorta di ossimoro, ma dovrei controllare se, anche in questa circostanza, tale definizione sia calzante) ad allegare una fotografia esplicativa.

Molti di voi (intendo in percentuale, non in numero assoluto, dato che l'avvento dei Social Network ha drasticamente ridotto la già sparuta popolazione di lettori che contava questo blog; gente che ora preferisce starsene a guardare foto in bikini di ragazze che non gliela daranno mai sui vari profile invece di leggere Selinunte, e come dargli torto?!). Molti di voi, dicevo, avranno sicuramente visto, La vita è meravigliosa, film del 1946 targato Frank Capra. Un po' vecchiotto, oltre che estremamente buonista e un po' bigotto, come è tipico dell'americano medio. Ma, nonostante ciò (o, forse, proprio per quello), caldo ed emozionante. Da guardarsi la vigilia di Natale, con il camino accesso. Arrivo, quindi, fuori tempo massimo. Ma provo a spiegarvi perchè.Mi rivolgo, ovviamente, a quei "molti" che hanno già visto il film. Gli altri che fossero incautamente capitati nel bel mezzo di questo scritto senza averlo visto in precedenza, sono pregati di:
a) guardarselo in Streaming se hanno meno di 23 annib) scaricarselo da emule se hanno tra i 24 e i 35 annic) comprarsi il DVD se hanno tra i 35 e i 65 annid) cercarlo in videocassetta per tutti gli anni che restano loro per ogni robivecchi d'Italia se hanno più di 65 anni
Nel film, lunghetto e interamente girato in bianco e nero come era d'obbligo all'epoca, ci sono una serie di piccole scenette carine in cui viene evidenziato il contrasto tra il mondo attuale (quello in cui il protagonista è vivo e vegeto e, pur facendo fatica ad arrivare alla fine del mese manco fosse tra la fase 1 e la fase 2 del governo Monti, ha una bella casa, una bella famigliola del mulino bianco e un sacco di amici che gli sono riconoscenti) e quello che il mondo sarebbe se non fosse mai nato (una specie di inferno dominato dagli interessi di speculatori finanziari senza scrupoli, strabordante di prostitute, alcool, casinò e vigili dissoluti che non ti danno un passaggio solo perchè glielo chiedi con la tua bella faccia di culo da attore di Hollywood bloccato su un viale alberato in una notte nevosa, una specie di PdL allargato).Una delle scene più famose è quella in cui, prima di tentare il folle gesto, George Baily (così si chiama, il nostro protagonista, il cui nome, solo per caso, ricorda quello di un famoso liquore), sale le scale furioso dopo una giornata storta e, facendo leva con il suo dolce peso su di un pomello posto al limitare del corrimano delle scale che conducono al piano di sopra, per darsi lo slancio, lo stacca dal suo alloggiamento. L'evento, vi assicuro, sembra qualcosa di estremamente fastidioso. E i minuti successivi del film, con la reazione spropositata di questo uomo di mezza età che non smadonna solo perchè il film è dell'anteguerra e gli americani non lo avrebbero mai guardato se vi avessero scovato la benché minima parolaccia, lo dimostrano.Sul finale, però, dopo la lezione di vita impartita dall'angelo (non ditemi che, indipendentemente dalla vostra età e dalla modalità suggerita poc'anzi siete arrivati sino a qui senza vedere il film!), l'evento analogo si ripete e George si ferma un secondo, prima di abbracciare i suoi ritrovati bambini, a dare un bacio a questo piccolo contrattempo di legno, credendo forse, di trovarsi davanti a quell'infinitesimo indizio di imperfezione che rende l'insieme ancora più bello.Data la complessità della descrizione sopra-riportata e la mia modesta conoscenza di termini specialistici relativi alle singole minuscole componenti che costituiscono una scala con il suo corrimano, mi rendo conto che le righe qui sopra possano risultare un po' farragginose. Un aggettivo che, a pensarci bene, rende perfettamente l'idea di quello che vuol descrivere anche solo con il suono un po' pasticciato delle sue sillabe. Credo si dica onomatopeico, ma dovrei controllare se, anche in questa circostanza, tale definizione sia corretta.Data tale complessità, dicevo, che a questo punto dò per appurata e condivisa di chi ha la sfortuna di leggermi, ecco che mi trovo piacevolmente costretto (questo, in buona sostanza, dovrebbe essere una sorta di ossimoro, ma dovrei controllare se, anche in questa circostanza, tale definizione sia corretta) ad allegare una video esplicativo.

Questa notte ho dormito poco dato che dovevo sbrigare un paio di faccende al PC ieri sera. Nella giornata di oggi, di conseguenza, mi sentivo un po' stanco e nervoso. Suscettibile, se vogliamo. Così, questa sera, quando, dopo aver risciacquato le ultime padelle, ben poco incrostate al termine di una cena frugale, mi dedicavo ad una pulizia sommaria del piano cottura e del lavandinouna piccola guarnizione in plastica bianca, incollata la notte dei tempi con un po' di silicone che, dopo migliaia di colpi bagnati di spugna, cede ormai, inesorabilmente, ad ogni piccolo trauma si è staccata, ecco che ho avuto la tentazione di prenderla e scagliarla con tutta la forza del mondo chissà dove, magari persino smadonnando, dato che, fino a prova contraria, non mi trovo invischiato in una pellicola americana degli anni 50.Poi però mi è venuto in mente La vita è meravigliosa, e quel pomello di legno.Gli uccellini hanno cinguettato, il sole si è fatto largo tra le nubi ad illuminare la radura, mi sono calmato, mi sono seduto, e ho deciso di buttare via la serata scrivendo quello che, alcuni di voi (in particolare quelli che hanno chiuso per un attimo la pagina di facebook perennemente aperta sul loro notebook manco fosse pitturata o l'hanno perlomeno ridotta ad icona e che hanno già visto il film o sono andati a vederlo prima di completare la lettura) hanno appena letto.
Il cinema, a quanto pare, può ancora insegnarci qualcosa.

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