Qual è il futuro prossimo dell’economia digitale? Che ruolo avranno i social network? Gurdiamo la questione partendo dal lavoro online. Sviluppatori e programmatori freelance, web designer, content editor ed esperti della comunicazione online: tutti quanti lavorano sul, per e dal Web. La Rete è intrecciata e tutti i nodi si valorizzano a vicenda.
Non sono pochi in Europa a credere che l’economia digitale possa rivelarsi il propulsore per un nuova crescita. Quando si parla della produttività del futuro, spesso gli investimenti su Internet sono paragonati a quelli sulla Green economy.
Ma se sull’energia verde sono quasi tutti d’accordo, c’è chi diffida della stabilità della web economy. Del resto la bolla della prima new economy di inizio millenio non è stata uno scherzo (vedi qua la top ten dei flop di allora). E, ora, la ben poco trionfale entrata di Facebook in Borsa, ha rafforzato lo scetticismo. C’è anche chi già prevede un nuovo grande falò dei soldi fatti con Internet.
Ma, probabilmente, è sbagliato non tenere conto delle sostanziali differenze tra l’economia digitale di oggi e il dot-com di dodici anni fa. Allora si trattava di una specie di avanguardia distaccata dal resto della società. Oggi la Rete è un fenomeno di massa che si intreccia globalmente con tantissime attività economiche. Il destino dell’economia digitale sembra essere legato, più che altro, a quello dell’economia contemporanea in quanto tale.
Resta il fatto che gli scricchiolii di Facebook a Wall Strett hanno suggerito alcune distinzioni tra quelli che sono i servizi web più quantificabili in modo classicamente economico e quelli che sembrano più incerti.
Nel primo tipo di business rientrerebbero beni e servizi la cui circolazione e distribuzione esisteva già fuori dalla Rete e che ora il web facilita, ottimizza e velocizza. Del secondo tipo farebbero parte quei business basati su beni totalmente creati o comunque lanciati da Internet, e qui ci si riferisce soprattutto ai social Network, con il loro capitale di relazioni sociali e identità digitali.
Ma se andiamo a vedere il lato concreto di chi sul web lavora e produce, allora certe divisioni sono difficili da fare. Partiamo da questo: quali sono, attualmente, i lavori più ricercati sul web?
Per il 2012 le skills più richieste online vedono al top le specializzazioni della programmazione: PHP, HTML, MySQL, CSS e Javascript. Si tratta di linguaggi che sono indispensabili per partire con qualsiasi sito di e-commerce. L’altro settore che la farà sempre più da padrone è quello dello sviluppo delle Applicazioni iPhone e Android, incluse le specifiche attività per convertire verso il mobile i servizi fino ad ora fruibili solo da pc e laptop. C’è poi l’emergere della centralità della user experience: sono sempre più ricercati esperti del web content, dell’ottimizzazione per i motori di ricerca, del Content Management System e della comunicazione integrata.
Come si può notare subito, si tratta di professionalità che agiscono sul web a 360°, senza distinzioni. Programmatori, designer e copywriter servono sia al mercato online di vendita di scarpe e vestiti che ai servizi di comunicazione (anche social). Non solo, tutti i piani si incrociano in continuazione: per vendere scarpe online la presenza sui social diventa indispensabile: chi vuole investire su internet un prodotto classico deve comunque utilizzare le potenzialità dei nuovi media al 100%. Su internet Networking e Branding sono irrinunciabili e vengono resi possibili gratuitamente da gran parte dei social network.
Il punto critico, allora, è proprio questo: il servizio più importante offerto da un social media è quelle che è ancora gratuito. A dire il vero, la gratuità del social è anche il suo elemento più prezioso, ma non si può negare che è proprio su questo nodo che la finanza classica resta ogni giorno disorientata. I ricavi ufficiali, ad esempio per Facebook, vengono ancora dalle campagne pubblicitarie delle aziende. Ma fare centinaia di advert online senza poi curare la propria fan page o il proprio profilo aziendale è assolutamente inutile. Se Facebook ha un valore, non può dipendere solo dalle pubblicità online (come già c’è chi ha scritto quando General Motors ha smesso di fare pubblicità su FB). La fetta più grossa di servizio alle aziende che un social network crea non è stata ancora calcolata bene e questo sta creando dei problemi e delle diffidenze. Ma il fatto che la Borsa abbia difficoltà a definire precisamente quanto vale un rapporto sociale o un brand, non significa che non si tratti di un valore indispensabile a tutta l’economia digitale. Se si vuole evitare una lunga serie di equivoci, ci vorranno, quindi, nuove categorie per dare il giusto valore ai beni immateriali che emergono dal Web (e magari anche ai professionisti che questi beni sanno creare e gestire).
Quali saranno queste categorie di valore, se saranno trovate e da chi saranno trovate, questa sono le domande che dobbiamo porci per il futuro della Rete.
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L'autoreLorenzo Monfregola Jr manager di twago Italia
Laurea in Strumenti e Metodi della
Ricerca Storica
Si occupa di scrittura online,
web content management
e web content editing.