Renzi avrà anche esagerato in cinismo e fa male a non considerare quanto sia importante l’interlocuzione con i corpi intermedi della società, ma la sfida verso chi rappresenta i lavoratori esiste. È inutile inseguire disegni ipervincolisti, gabbie di regole e di obblighi; il lavoro si crea se le imprese prosperano, innovano, crescono. Il momento è favorevole: i capitali internazionali tornano nel nostro Paese e dimostrano attenzione crescente. Sarebbe assurdo sprecarlo con dibattiti da secolo scorso. La nuova agenda del lavoro deve passare da due nuove parole chiave: innovazione (da aumentare) e fisco (da ridurre su imprese e lavoro).
Nell’edizione di ieri del Sole 24 ore il variegato mondo del liberismo dogmatico offre una chance strepitosa: leggere un brano dell’editoriale di Alberto Orioli che dopo una serie interminabile di licenziamenti, esuberi, scivoli flessibilità di ogni genere, precarietà e disoccupazione attacca ancora i disegni “ipervincolisti”, le “gabbie di regole e di obblighi”. Ci devono essere comunisti spaventosi in giro. E aggiunge che “il lavoro si crea se le imprese prosperano, innovano, crescono”. Bello. Ma c’è un limite alla crescita? O l’impresa può crescere all’infinito? Quanto possono ingrandirsi i capannoni? Miliardi di chilometri cubi???
Alcune imprese per la verità non prosperano enormemente, forse non sono state amministrate dai lettori di Orioli e così hanno chiuso. Ci sono lavoratori che non riescono neanche a sopravvivere e pagare l’affitto se hanno una famiglia a carico. Neanche questi hanno letto Orioli.
Questo editoriale oriolico descrive un mondo economico privo di buona volontà, di imprenditori e lavoratori che chissà perché devono scannarsi a vicenda e politici pericolosi se non esaltano la libertà e la gioia del licenziamento.
C’è qualche impresa che enunciando dogmi e anatemi (l’impresa-chiesa, ecco qualcosa di diabolico) è riuscita a crescere? Dagli anni ’80 le gabbie di regole si indeboliscono continuamente. Resta solida quella di Orioli.