Scarsa propensione delle aziende ad assumere e turnover bloccati, i principali ostacoli che un giovane laureato deve superare. Tra le probabili ricette, le assunzioni da parte delle aziende con vocazione green
Trovare lavoro oggi, per un neolaureato, è una lunga corsa ostacoli dove le referenze e l’esperienza ‘sul campo’ contano piu’ del titolo di studio. E se per un giovane su quattro le difficolta’ principali sono i turnover bloccati e le imprese che non assumono a causa spesso della crisi economica, la richiesta che fanno i ragazzi e’ chiara e semplice: ”piu’ meritocrazia e piu’ integrazione nei progetti aziendali”.
A fotografare la realta’ dei giovani nel mondo del lavoro e’ una ricerca promossa dal Gruppo Sanpellegrino in occasione del Premio di Laurea Sanpellegrino Campus, attraverso un sondaggio online in collaborazione con Tesionline su piu’ di 11mila laureati e studenti universitari italiani, ”per capire quali sono i problemi, i bisogni e le aspettative nei confronti del mondo del lavoro e delle aziende”. Per entrare nel mercato del lavoro, dicono 6 giovani su 10, ”neanche la laurea da sola basta a trovare un impiego”.
“Oggi, chi si affaccia al mondo del lavoro”, ha spiegato Daniele Bellasio del Sole 24 Ore, “vive purtroppo una grande illusione. E’ diviso tra i ricordi dei genitori su il “posto fisso” e la percezione che non potrà ripetere la loro esperienza perché il mondo è cambiato e i mercati emergenti sono quelli che offrono le posizioni più interessanti”.
Mettersi in gioco quindi è la parola d’ordine per trovare e, spesso, inventarsi un lavoro. Guardando i dati però solo il 24% degli intervistati andrebbe all’estero. Il 16% dei laureati – dice la ricerca – vorrebbe restare in Italia per affermarsi e trovare un futuro in quello che sentono come il loro Paese, mentre 2 studenti su 10 (20%) sono scettici e ritengono che all’estero la situazione non sia molto diversa da quella italiana. Senz’altro cio’ che spingerebbe a trovare un’occupazione fuori dall’Italia e’ la sfiducia nelle possibilita’ di crescita del Paese, e l’idea che al di fuori dei confini italiani ci siano criteri meritocratici piu’ certi e trasparenza negli avanzamenti di carriera”.
“L’Italia – ha proseguito Alessandro Marangoni, Presidente Istituto Althesys, “è un paese con il freno tirato. Abbiamo potenzialità enormi ma la burocrazia uccide la voglia di fare e di guardare avanti. Un esempio su tutti, il recente caso del nuovo mercato delle energie rinnovabili, a cui tanti ragazzi avevano guardato e che oggi, a causa dei continui cambiamenti di rotta da parte del Governo, è già in difficoltà”.
Ed è proprio la nuova industria green quella che, almeno nell’ultimo anno, ha tenuto duro nonostante la crisi e la mancanza di visione da parte del Governo. Secondo gli ultimi dati degli Stati generali sulla green economy, come ha spiegato Valerio Gualerzi de La Repubblica, “il 38% delle nuove assunzioni è stata fatta da aziende con vocazione green e il 20% di queste aziende prevede nuove assunzioni”.
Ed è l’innovazione quindi, non solo industriale ma anche in termini di idee e risorse umane, una delle ricette per smuovere il mondo del lavoro italiano che, secondo il professor Marangoni, “è troppo inclusivo e poco selettivo. Si tende più alla cooptazione e si ricorre ancora troppo poco all’headhunting”.
Un futuro dove più che giovani laureati in filosofia e archeologia probabilmente serviranno tanti brand manager di sé stessi, in grado di vendersi e vendere le proprie idee. Se innovative poi, ancor meglio.
Secondo i ragazzi intervistati (30%) è necessario premiare il merito e credere di più nelle loro idee, investendo anche in percorsi di formazione ad hoc. Manca ancora, almeno secondo il 16% dei giovani coinvolti nell’indagine, un ponte che metta in comunicazione le aziende e i ragazzi in cerca di lavoro così come forme contrattuali che si trasformino in assunzioni (16%).
“Una generazione”, ha proseguito Alessandro Zanasi dell’Università di Bologna, “che deve imparare a vivere come i tuareg nel deserto: senza bussola e senza la possibilità di poter programmare il proprio percorso. Per la prima volta dal dopoguerra ad oggi non possiamo più garantire nulla e solo chi comprenderà per tempo questo difficile cambiamento riuscirà a collocarsi al meglio anche nel mondo del lavoro”.