L’idea mi è venuta leggendo qualche settimana fa il nuovo allegato pseudo-chic impegnato di Panorama. La lettura in sé non è stata delle più piacevoli: l’allegato somiglia un po’ a quelli del Sole 24 Ore – che però sono di tutt’altro spessore- è un po’ troppo maschile per i miei gusti e, a dirla tutta, per quanto ami il bianco e nero la pubblicazione in sé mi fa venire in mente gli Anni di Piombo – sarà forse perché la carta pretenziosamente “riciclata” ha un po’ quella puzza che non ti levi di dosso… non so-. Ma anche non essendo delle più piacevoli ha piantato il seme dell’idea nella mia testolina sciocca.Più o meno a fine articoli c’era tutta la parte di trafiletti di cultura, novità, cose che vanno e cose che vengono, e un articolo sulla storia – e sul temuto ritorno- del Bomber.
Si, quella cosa obbrobriosa fatto con la tela dei paracaduti, che scisciava e ammazzava il busto, corto da far paura, che stava bene a 1 su 10 di quelli che lo indossavano, e aveva quell’orrido interno arancione… proprio lui. Il Bomber. Che dovevano lasciarlo all’aviazione USA e invece no, è stato di moda negli anni ’90.
Per TUTTI gli anni ’90.
Potevamo farcelo mancare? Voglio dire, abbiamo seguito mode anche peggiori.
Ecco, come tutte le mode passate, ora che è di gran moda il revival, si teme il ritorno in auge del bomber. E dico “si teme” perché sembra che non sia io l’unica critica con la ragion pura.
Ma allora io mi chiedo: un’intera nazione di mentecatti siamo? (vi prego, vi prego, alla luce dei fatti politici e di costume recenti… non rispondete. Era una domanda retorica) Cosa ci è preso per adorare il bomber per un intero decennio, una crisi di identità collettiva? E cosa ci prende ora, siamo in vena di autoflagellazioni?
(Ancora una volta: non rispondetemi).
In ogni caso, infatti, non era del bomber che vi volevo parlare (ma già che l’ho fatto: guai a voi se andate a comprarvene uno.. e peggio ancora se andate a tirare fuori dall’armadio il vostro vintage!), bensì del curioso articoletto che c’era affianco alla storia del bomber, e aveva il titolo “LA PAURA FA ‘90”.
Carino, divertente. Riportava le 10 cose degli anni ’90… che se non tornano è meglio. Genialata delle genialate!
Già questa divertente immagine che ho trovato per caso su internet la dice molto lunga su quello che “si teme” possa tornare di moda, in questa stagione di sterminio neuronale cui stiamo assistendo… ma voi, qualche idea? Qualche incubo ricorente vi perseguita se solo osate tornare col pensiero a come vi vestivate negli anni ’90? Condividete!
Intanto, questa è la lista di partenza delle 10 cose che se non tornano è meglio (siete avvisati, se vi sento dire “ma no dai, questo a me piaceva…parte la scomunica!):
- Il bomber (ovviamente)
- La grafica brutta (chissà di cosa stanno parlando)
- La riga in mezzo
- Il gel
- Le felpe arancioni
- Le Nike Silver
- Le scarpe Buffalo
- I capelli ossigenati per gli uomini
- Il tuo nome su un chicco di riso per le donne (ce l’ho ancora da qualche parte…)
- Il pile
Ma no, dai, il pile è comodo…. Vabeh, il pile ve lo concedo. Magari di una tinta unita neutra, che non dia troppo all’occhio? E solo, rigorosamente SOLO IN CASA, dove nessuno vi vede!
Se lo chiedete a me, in ogni caso, questa è la mia lista:
- i pantaloni a vita alta
- le cofane vaporose montate con la lacca
- il look da segretaria dei Grandi Magazzini
- gli shorts da Baywatch
- i costumi sgambatissimi
- le giacche oversize lunghe e larghe e con le spallotte imbottite
- le Spice Girls… e il loro look
- le bretelle e la salopette di jeans
- il tamagotchi
- i ciucci
E non c’è bisogno che vi spieghi che giaccone, spallotte imbottite, costumi sgambati, salopette, minigonne vertiginose, maglioni rasotetta, e quant’altro sono stati tutti prodotti che per un motivo o per l’altro hanno contribuito a rendere un incubo vestirsi negli anni ’90 per chi non aveva un fisico (o l’autostima) di una modella, ma anzi ne hanno solo accentuato la goffaggine.. in effetti. Non serve. Chiosiamo qui.
Ma ve li ricordate il tamagotchi, e i ciucci?? Di plastica, coloratissimi, si utilizzavano appendendoli a mazzi (si, come gli asparagi) al collo nelle catenine, al polso, o negli orecchini… c’erano le edizioni speciali, le vendevano come le figurine della Panini. Un incubo. Davvero. Un incubo.
Ancora oggi, aprendo un cassetto, me ne salta fuori qualcuno, recidivo, che non si vuole arrendere all’evidenza di essere passato, inesorabilmente, di moda.
Ma d’altra parte: chi vuole mai arrendersi a questo?
Ps. La pubblicazione che mi ha ispirata è Panorama ICON, se volete dargli una sbirciata… qui.