Magazine Opinioni
Succede che una fanciulla blogger e appassionata di scrittura che si fa chiamare +Sylvia Green ha aperto sul suo blog una nuova rubrica, chiamandola #writingtag. Questa è ispirata ad una tendenza, in auge su youtube, per la quale si fanno video sul tema "le cinque cose". Sylvia ha deciso di fare una cosa del genere, coinvolgendo altri amici virtuali, su argomenti scelti da lei, ma utilizzando la forma scritta. Ed è un bene, perché il Coniglio non avrebbe avuto alcuna possibilità di comparire in un video!
Ordunque, siamo stati chiamati in causa per un #writingtag relativo alla scrittura; una cosa nata dalla passione per un noto "format" di video su Youtube che consiste nella creativa enunciazione di gruppi di cinque elementi, connessi da un tema. Quindi il titolo è: "Le cinque cose che proprio non sopporto in un testo scritto".
Svolgimento:Le cinque cose che proprio non sopporto in un testo scritto. Sì, è il titolo. Potremmo dire già da subito che una cosa che proprio non sopporto è quando un testo è completamente derivato dal suo titolo; ad esempio si sviluppa ripetendolo ossessivamente, come un mantra. Sapete, una cosa tipo: le cinque cose che odio in un testo scritto, le cinque cose che odio in un testo scritto, le cinque cose che odio in un testo scritto... forse questo rituale compulsivo può farci penetrare oltre il foglio e la forma delle parole, alla scoperta di un significato ulteriore e nascosto? Può essere, ma non fa per me: io proprio non lo sopporto. Lo stesso quando il testo si ripete con variazioni e riferimenti continui a sé stesso, durante il testo: sono cinque, le cose che odio in un testo scritto, e questa è la prima. Se abbiamo reso l'idea, andiamo avanti, alla seconda cosa che odio in un testo scritto.
Dunque, vedi, che si fa presto: una è già fatta. Ne mancano quattro, per lo meno. Vediamo, se ci si prende la mano, forse si trova anche qualcos'altro oltre la quinta, non credete? Sarà opportuno aumentare il parametro dei cinque elementi? Dopo averne discusso a lungo, un tentativo di risposta lo enunceremo solo alla fine. Per ora - introducendo un tema che svilupperemo più avanti - conviene soffermarci sul prossimo argomento che, lo vedremo, getterà più di un riflesso nei successivi, i quali pertanto si svilupperanno infatti seguendo il filo logico che detteremo nei prossimi paragrafi. Penso che abbiate capito: la seconda cosa che proprio non sopporto in un testo scritto è l'orgia di premesse e di dichiarazioni relative a come sarà strutturato il seguito del testo. Se è vero che questa caratteristica è propria della saggistica, capita (ed è un dramma) che si trovino autori i quali amano dare un tono ed un'impostazione didascalica alla narrativa; a quel punto, per quanto mi riguarda, è la fuga. Stessa solfa si produce quando un racconto, lungo la sua trama principale, è tutto un fiorire e un ramificarsi di sottotrame, storie collaterali, sviluppi e inviluppi a sé stanti, cornici concentriche di avvenimenti secondari che intrecciano con il flusso principale degli eventi. Può essere anche divertente, se chi scrive ci sa fare (ad esempio Diderot, nel suo "Jacques il Fatalista", costruisce in questo modo un romanzo magnifico, dove ci si perde volentieri), ma è raro.
Un'altra cosa che non sopporto è l'utilizzo ossessivo della correttezza formale, sia a livello di punteggiatura che di sintassi. Intendiamoci: nessuno desidera leggere testi sgrammaticati, con costruzioni lessicali traballanti e conditi di strafalcioni. Ma se le regole e la grammatica di base hanno un senso e un peso, trovo che chi scrive debba essere libero (e in grado) di andare un po' più in la. E, se per dar ritmo al racconto, ci serve qualche virgola, e che virgola, anche prima della congiunzione e senza introdurre un inciso, deve poter andar bene così. Oltre alle rigidità sintattiche da scuola media, poi, in rete è possibile trovare una pletora inesauribile di ulteriori regole di leggibilità, elaborate a volte in contesti pseudo-professionali da sedicenti "esperti" che aspergono le folle degli aspiranti "Campiello" con tecnicismi e consigli imprescindibili per scrivere bene. E così, fra guerre agli avverbi, policy per l'utilizzo delle "d" eufoniche e formattazione corretta dei caratteri accentati, il valore di un testo si misura più o meno come faceva J. Evans Pritchard, professore emerito. Escrementi, insomma, per dirla con il Capitano. Nello stesso sacco vanno tutte quelle innumerevoli buone pratiche per la gestione dei personaggi, degli ambienti, delle tecniche narrative, e i vari software di supporto allo scrittore per sapere quante volte hai usato la stessa figura retorica e di che colore erano le mutande del secondo co-antagonista laterale a pagina trentotto.
Siamo a tre. Poi c'è il quattro. Di cose che non sopporto. Per niente, le sopporto. E questa, poi, l'ha già detta Sylvia. Le frasi brevi. Sincopate. Ritmate all'eccesso. Corte, cortissime: Verbo-soggetto-complemento, possibilmente uno semplice. E - assolutamente - niente subordinate. Che la gente si affatica e il neurone suda. Sta brutto, non vende. Non si capisce. In Italia, almeno, non ci si arriva, la ggente non è abituata. Siccome poi scritto così un libro sembra un continuo attacco di ictus, per dargli più ritmo ci si mettono un sacco di parolacce. Fra un punto e una virgola, cazzo! È una figata, d'accordo: ma, per dirla con Umberto Eco, solo gli stronzi usano parole volgari.
Sul finale (no, lasciate perdere le premesse del punto uno: non le rispetta mai nessuno, non ho voglia di cominciare io) ci metto quei testi che mancano di coerenza interna, di sviluppo credibile della trama, in cui uno "sente" tanto ma alla fine non è successo nulla, o almeno niente di quello che è successo ha un peso di rilievo ai fini della storia (ammesso che ci sia). Queste prose mi sanno un po' di Narciso, uno che scrive tanto per vedere l'effetto che fanno le tue letterine sulla carta; un'orgia di copia e incolla, di spezzoni che magari filano ciascuno al proprio interno, ma montati insieme sembrano il racconto della vita di un malato di mente con personalità multipla, o un film con buone possibilità di vincere a Cannes. Scrivere per sensazioni, dipingere emozioni, incollare spezzoni di interiorità. Ecco, va bene: fallo a casa tua.
Fermiamoci qui, che è meglio: un'altra cosa che non sopporto sono quelle cose che uno comincia a chiacchierare e poi non la smette più.Mi rimane solo da coinvolgere un paio di persone per proseguire il meme: ebbene, una è +Romina Tamerici che di queste cose sa cosa dire. L'altra è +Rosa Jane Shalott che ha dalla sua buone letture e ottime idee.
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