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Le associazioni chiedono a Monti le ricette anticrisi

Creato il 15 dicembre 2011 da Maurizio Picinali @blogagenzie

Federimmobiliare e Aspesi hanno messo a punto una serie di proposte per il governo Monti, con l'intento di ridare fiato a un settore, quello immobiliare, che senza costi aggiuntivi potrebbe trasformarsi in una spinta per l'intera economia.
Le associazioni chiedono a Monti le ricette anticrisi
In particolare, il presidente (Gualtiero Tamburini) e il vicepresidente (Federico Filippo Oriana) di Federimmobiliare (che riunisce 18 tra le maggiori associazioni aderedenti del settore) partono da una ricerca di matrice universitaria della primavera 2011, dalla quale emerge che, nonostante cinque anni di crisi, l'immobiliare in senso stretto attiverà nel 2011 il 5,6% dell'economia italiana e l'edilizia il 9,6%, per un totale del settore allargato pari al 15,2%. Il settore allargato impatta poi sul reddito nazionale per quasi il 20%, per circa il 15% sulla produzione, per oltre il 10% sull'occupazione (il 13% con l'indotto). Ebbene, questo stesso settore - che con il suo + 6% nel 2005 aveva compensato il -2% del resto dell'economia evitando che l'Italia fosse dichiarata in recessione – nel 2009 e 2010 ha causato all'economia italiana una perdita di prodotto complessivamente pari a 4 punti di Pil per la crisi degli investimenti immobiliari e delle costruzioni. È per questo che propongono un intervento sulla fiscalità immobiliare ed edilizia, cancellando tutto quello che è stato fatto dal Dl 223/2006 in poi e scrivendo un sistema semplice, di poche regole, in cui l'immobile è tassato a valle, nella sua gestione e circolazione tra privati, ma è fiscalmente esentato (o almeno agevolato) nella sua produzione e prima vendita da nuovo. «Il risultato sarebbe più Pil, più occupazione, più alloggi e meno cari, più risparmio energetico e meno inquinamento, migliori condizioni di vita. E anche maggiori entrate fiscali per lo Stato», dicono Tamburini e Oriana all'unisono. In sintesi, le proposte di Federimmobiliare sono: 1) prima che il nuovo Governo adotti (unilateralmente e senza bilanciamenti) provvedimenti ulteriormente punitivi (quali una patrimoniale) per un settore, come l'immobiliare, che potrebbe fare più di ogni altro per risollevare l'economia italiana, venga ripristinata la Commissione per la revisione della Fiscalità Immobiliare prevista dal collegato alla Legge Finanziaria 2008 e poi abbandonata dal Governo Berlusconi: da tale sede dovrà emergere un assetto complessivo della fiscalità di settore, sia per i provvedimenti di interesse del fisco, sia per quelli di interesse del settore economico-produttivo, non tra loro necessariamente confliggenti; 2) come intervento-tampone di emergenza vengano varate subito quattro proposte fiscali specifiche. Eccole.
1.Ripristino dell'Iva come regime naturale per le compravendite immobiliari;
2.Aumento del gettito attraverso la sviluppo del mercato abitativo oggi bloccato anche a causa degli ostacoli alle permute ;
3.Estensione dell'imposta di registro agevolata all'1% alle cessioni poste in essere dai privati
4.Esclusione degli interessi passivi derivanti dal finanziamento della costruzione o ristrutturazione degli immobili dal calcolo di indeducibilità di cui all'art. 96 del TUIR.

Ecco quanto scrivono le stesse Aspesi e Federimmobiliare relativamente a ciascun punto.
1 - RIPRISTINO DELL'IVA COME REGIME NATURALE
Il primo intervento proposto pone le sue basi nella convinzione che l'imposta indiretta tipica del settore immobiliare deve essere l'IVA e non l'imposta di registro. Ossia l'imposta sul valore aggiunto che le nostre imprese creano e non l'imposta di registro tipicamente incidente sulla speculazione o, comunque, su attività private od occasionali e non imprenditoriali. La prima modifica da apportare al sistema introdotto dal DL n. 223/2006, che ha inciso in maniera fortemente negativa sulla fiscalità immobiliare, deve essere il ripristino dell'IVA come regime naturale per le transazioni immobiliari, quando a vendere sono società/imprese operative.

Ciò sia per ragioni di principio che per ragioni pratiche attinenti il rischio, tipico dell'attuale momento di crisi, che gli immobili possano rimanere invenduti per oltre cinque anni, rendendo indetraibile l'IVA pagata dal promotore/costruttore per i lavori effettuati (attraverso il meccanismo della "rettifica della detrazione"), oltre al problema del pro-rata di indeducibilità Iva che viene innalzato da vendite operate in regime di esenzione Iva in quanto assoggettate a imposta di registro.

La modifica proposta dovrà riguardare la vendita di immobili residenziali, con conseguente abrogazione del termine di cinque anni dalla fine dei lavori, e di immobili strumentali, con conseguente abolizione delle imposte ipocatastali al 4%, sempre che, in entrambi i casi, si tratti di immobili detenuti da società/imprese che li hanno costruiti, o trasformati, anche in passato e che hanno per attività prevalente, se non esclusiva, la costruzione o ristrutturazione di immobili per la loro successiva rivendita.

2 – AUMENTO DEL GETTITO ATTRAVERSO LO SVILUPPO DEL MERCATO ABITATIVO OGGI BLOCCATO A CAUSA DI OSTACOLI ALLE PERMUTE
Il secondo intervento proposto consiste nel permettere a chi desidera acquistare una abitazione di poter cedere al venditore un'altra abitazione gia' di sua proprietà. Oggi questo di fatto non è possibile, in quanto l'unità oggetto della permuta sarebbe gravato da doppia imposta: quella alla vendita da privato alla società immobiliare e quella alla rivendita dalla società immobiliare al nuovo acquirente privato. L'abolizione della doppia imposizione non rappresenterebbe una diminuzione di gettito perché questo è oggi un tipo di transazione che non avviene (proprio a causa di motivi fiscali). Non solo, ma attivare invece questa possibilità rappresenta un grande contributo allo sviluppo del mercato immobiliare abitativo, oggi in crisi. Infatti in Italia la maggioranza della popolazione è proprietaria di casa e quindi quando compera prima vuole vendere (anzi deve vendere in caso di acquisto di necessità della prima casa ).

Il secondo intervento proposto consiste quindi nell'estensione del regime di favore di cui all'art. 1, parte I, della Tariffa allegata al DPR n. 131/1986, introdotto dall'art. 3, comma 14, lett. b), DL n. 669/1996, alle cessioni poste in essere da privati a società che abbiano per attività prevalente, se non esclusiva, la compravendita di immobili e si impegnino, in sede di atto, a rivendere l'immobile entro tre anni. Il citato riferimento normativo in questo caso sottrae all'imposta di registro del 7% (che si riduce all'1%), nonché alle imposte ipocatastali del 3%, il trasferimento avente per oggetto fabbricati residenziali o porzioni di essi qualora lo stesso sia esente da IVA ai sensi dell'art. 10, comma 1, n. 8-bis), DPR n. 633/1972

3 - ESTENSIONE DELL'IMPOSTA DI REGISTRO ALL'1% ALLE CESSIONI POSTE IN ESSERE DAI PRIVATI
Il terzo intervento rappresenta un'allargamento del secondo, in quanto consiste nell'estensione del regime di favore di cui all'art. 1, parte I, della Tariffa allegata al DPR n. 131/1986, introdotto dall'art. 3, comma 14, lett. b), DL n. 669/1996, a tutte le cessioni poste in essere dai privati in favore di società/imprese immobiliari-edilizie operative. Il citato riferimento normativo sottrae all'imposta di registro del 7%, nonché alle imposte ipocatastali del 3%, il trasferimento avente per oggetto fabbricati residenziali o porzioni di essi qualora lo stesso sia esente da IVA ai sensi dell'art. 10, comma 1, n. 8-bis), DPR n. 633/1972 e il soggetto acquirente sia una società che ha per attività prevalente, se non esclusiva, la compravendita di immobili e si impegni, in sede di atto, a rivendere l'immobile entro tre anni.

In questo caso l'imposta di registro viene applicata con l'aliquota ridotta dell'1% e le ipocatastali passano da proporzionali (2%+1%) a fisse (168+168 euro).
Secondo Federimmobiliare, estendere l'applicazione dell'imposta di registro all'1% anche alle cessioni poste in essere dai privati, oltre a costituire motivo di perequazione tributaria, consentirebbe l'opportunità di ampliare le occasioni di incremento di valore del prodotto immobiliare, con una ricaduta favorevole di gettito per l'Erario. Al contempo, ciò determinerebbe un effetto formidabile in termini di minor costo degli alloggi sul mercato, dovuto all'abbattimento del costo della "materia prima" del promotore/costruttore.

A titolo di esempio, si pensi al caso di un privato che vende al prezzo di 100.000 euro il proprio appartamento a un'impresa immobiliare e che quest'ultima lo rivenda applicando un ricarico del 30%. Come si evince dalla tabella che segue, l'estensione dell'imposta di registro agevolata alla cessione posta in essere dal privato comporta un abbattimento considerevole del costo dell'appartamento nella successiva rivendita.
Regime in vigorePost modifica normativa proposta
Prezzo di acquisto100.000100.000
Costo complessivo per l'impresa100.000+(100.000x10%)
110.000100.000+(100.000x1%)+336
101.336
Prezzo di rivendita110.000+(110.000x30%)
143.000101.336+(101.336x30%)
131.737

Più in generale, se da un lato non si comprende la ratio dell'attuale regime (cosa cambia in termini di meritevolezza socioeconomica se chi vende è un soggetto Iva o non lo è, quando chi acquista lo fa per mettere in atto lo stesso identico intervento?), in termini pratici l'obiettivo del miglioramento della qualità edilizia del Paese (oltre che di incremento del Pil e dell'occupazione) si realizza ancor più quando si acquistano per il loro recupero edifici residenziali detenuti da privati più frequentemente in condizioni degradate. Un costo iniziale flat del 10%, non detraibile a differenza dall'Iva, in particolare in un momento di mercato negativo come l'attuale, rende spesso non fattibile l'operazione.

4 - ESCLUSIONE DEGLI INTERESSI PASSIVI DERIVANTI DAL FINANZIAMENTO DELLA COSTRUZIONE O RISTRUTTURAZIONE DEGLI IMMOBILI DAL CALCOLO DI INDEDUCIBILITÀ DI CUI ALL'RT. 96 DEL TUIR
Il quarto intervento proposto prende in considerazione i limiti di deducibilità sanciti dall'art. 96 del TUIR in materia di interessi passivi.
Stanti le peculiarità del settore immobiliare e dei suoi operatori economici, per i quali il ricorso all'indebitamento è fisiologico, riteniamo che gli oneri finanziari sostenuti dalle nostre imprese dovrebbero essere sottratti alla disciplina prevista dal Testo Unico per la generalità degli enti commerciali, e beneficiare così di una piena deducibilità.

In subordine, avanzano una proposta di revisione normativa tesa all'eliminazione degli interessi passivi derivanti dal finanziamento della costruzione o ristrutturazione degli immobili dal totale degli oneri finanziari assoggettati ai limiti di deducibilità di cui al citato art. 96. Ciò soprattutto in considerazione del fatto che sempre più di frequente le imprese di costruzione devono finanziare gli acquisti e i lavori accrescitivi mediante il ricorso a fidi bancari o finanziamenti non ipotecari a causa delle restrizioni poste dal sistema bancario alle quote di investimento che possono essere coperte da mutuo fondiario o ipotecario.

Federimmobiliare chiede dunque che, ai fini del criterio di indeducibilità, debbano essere portati a confronto con il 30% del ROL solo quegli interessi passivi (da fidi o finanziamenti bancari non ipotecari) che attengono alle spese generali di funzionamento. A tale scopo dovrà essere calcolata la percentuale in conto economico tra il totale delle spese generali e il totale dei costi dell'esercizio aumentato del valore delle rimanenze iniziali. Tale percentuale si applicherà al totale degli interessi passivi (esclusi quelli di finanziamento derivanti da debiti garantiti da ipoteca o comunque per acquisto dell'immobile) e solo il numero risultante sarà posto a confronto con il 30% del ROL per l'individuazione degli interessi passivi cui applicare la parziale indeducibilità.

A queste misure va aggiunta, secondo Oriana, quella sull'applicazione degli sconti prima casa per immobili acquistati con lo scopo di essere destinati all'affitto, così come suggerito fortemente anche dalla stessa Ance, Associazione nazionale dei costruttori edili. In pratica, chi compra per mettere a reddito l'immobile _ anche se è una società _ e lo affitta come prima casa, deve godere delle stesse agevolazioni prima casa esistenti per l'acquirente diretto.TRATTO DAL SOLE 24 ORE.IT 15 DICEMBRE 2011


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