Il leitmotiv è sempre lo stesso e lo ricorda il quotidiano dei vescovi italiani Avvenire scrivendo della “marcia” delle scuole paritarie a Verona: «Le scuole paritarie fanno risparmiare allo Stato non meno di 6 miliardi di euro l’anno». L’organo della Conferenza episcopale italiana riporta le parole del patriarca di Venezia monsignor Francesco Moraglia: «Oggi non c’è più tempo da perdere e c’è bisogno di decisioni forti e urgenti. Siamo consapevoli di essere giunti a un bivio: è importante che quanti rivestono una qualche autorità, politici e amministratori in primis, ed hanno a cuore il bene comune della scuola e della scuola paritaria cattolica dicano esplicitamente e senza mezze misure verso quale direzione vogliono andare e quali azioni intendano praticare perché non succeda l’irreparabile». Sono molto chiare le richieste delle scuole cattoliche: «Si assicuri per il 2013 l’intero importo dei contributi a bilancio senza alcun taglio e si garantisca per il 2014 un importo di contributi di almeno 530 milioni di euro».
Le associazioni scolastiche del settore privato sentono la Chiesa vicina e lo riconoscono: «La Chiesa è per la scuola, perché la Chiesa ha a cuore i ragazzi e i giovani, ha a cuore la famiglia, ha a cuore la società intera. La chiesa è per la scuola, per tutta la scuola, perché la scuola fa parte del bene comune». Nonostante la Chiesa sia per la scuola i soldi sono chiesti allo Stato non solo sotto forma di finanziamenti ma anche con esenzioni riaprendo un’annosa discussione: «Niente Imu e Tares per le Scuole paritarie gestite da Enti senza scopi di lucro affinché possano svolgere il loro servizio pubblico».
Le richieste delle associazioni della scuola paritaria si rivolgono anche all’opinione pubblica ed ai media affinché «riscoprano la positività e fecondità del servizio pubblico delle scuole paritarie» e «riconoscano e sostengano, a livello sociale, culturale e finanziario, l’impegno di chi vive e opera a contatto con le nuove generazioni».
Una questione di risparmio anche per Anna Monia Alfieri sul Sussidiario.net: «Se un alunno di scuola pubblica statale costa in media 8mila euro all’anno e uno di scuola pubblica paritaria ne costa 4mila e se il risultato finale è identico (diciamo: un cittadino colto che va all’università e che in futuro pagherà le tasse), cosa significa? Il lattaio direbbe: cerchiamo i 4 mila che avanzano nelle tasche di qualcuno….». Un pensiero analogo a quello espresso da Umberto Fasol su Tempi secondo cui «senza le scuole paritarie è chiaro che aumentano gli oneri per lo Stato».
In effetti la domanda è legittima: perché lo Stato dovrebbe pagare di più quando le scuole paritarie possono offrire lo stesso servizio ossia formare dei cittadini colti? La questione purtroppo non sta in questi termini ed i dati non mancano.
L’Istat (Istituto Nazionale di Statistica) rileva che nel 2008 i dipendenti irregolari (ossia con contratti in nero) nel settore istruzione erano 17.200 mentre appena un anno dopo sono diventati 19.000 (+10,5 per cento): questo dato riguarda solo le scuole non statali visto che quelle pubbliche non possono avvalersi di insegnanti “irregolari”.
Un altro elemento viene dal Ministero dell’Istruzione che ha realizzato un monitoraggio su 5.986 istituzioni statali e 4.250 paritarie: risulta che le scuole paritarie sono nettamente indietro rispetto alle scuole pubbliche. Infatti ben il 99,3 per cento delle scuole pubbliche è dotata di laboratori tecnologici e multimediali contro solo il 48,6 delle paritarie, una connessione Adsl è presente nel 90 per cento delle strutture pubbliche contro il 78 di quelle private, lavagne interattive multimediali per l’82 per cento delle scuole pubbliche mentre solo il 20 di quelle private ha un simile strumento. Perciò oggettivamente la scuola pubblica e quella privata offrono due tipi di servizio totalmente diversi.
Molto difficile affermare anche che «il risultato finale è identico» come scrive Anna Monia Alfieri sul Sussidiario.net: i risultati sono ben diversi tra scuola pubblica e privata.
In una recente ricerca la Fondazione Giovanni Agnelli, esaminando la performance di studenti universitari provenienti da scuole pubbliche confrontandoli con quelle delle private, esplicitamente afferma che «nonostante la presenza di alcune realtà di chiara eccellenza, la performance della maggior parte delle scuole non statali è deludente rispetto a quelle statali».
I risultati della Fondazione Giovanni Agnelli sono in linea con una ricerca del 2011 dell’Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) secondo cui le performance tra studenti quindicenni della scuola privata e della scuola pubblica propendono nettissimamente a favore della scuola pubblica. Dati ben noti ma che il mondo cattolico continua ad ignorare.
Un ovvio endorsement a favore della scuola cattolica quello di Roberto Gontero presidente dell’Agesc (Associazione Genitori Scuole Cattoliche) su Tempi secondo cui negli istituti privati cattolici «c’è una grande attenzione all’esperienza dell’educazione» perché «la scuola cattolica ha come fine la crescita della persona, la piena valorizzazione di tutte le dimensioni della persona umana». Una scuola cattolica inoltre che è «luogo di educazione alla libertà» ed in cui «sono accolti tutti, a prescindere dal loro credo religioso». La scuola cattolica di certo è il «luogo di educazione alla libertà» ma la scuola paritaria italiana è anche il luogo dell’indisciplina: almeno secondo l’Ocse (dati 2009) secondo cui il clima disciplinare nelle scuole paritarie è peggiore di quelle statali.
Nella scuola cattolica saranno anche «accolti tutti, a prescindere dal loro credo religioso» ma, in base a dati del Miur e della Banca d’Italia nelle scuole paritarie l’”accoglienza” è maggiore per gli studenti bocciati e dai redditi alti.
Nonostante le associazioni della scuola paritaria ribadiscano l’importanza di «una libera scelta educativa da parte della famiglia» l’Italia può considerarsi all’avanguardia nel garantire alle famiglie una effettiva possibilità di scelta tra scuola scuola privata e scuola pubblica.
In ogni caso la richiesta delle scuole paritarie non è rimasta inascoltata e dalla legge di Stabilità arrivano 500 milioni: nonostante, per il Miur e la Banca d’Italia, i suoi studenti siano principalmente bocciati e dai redditi alti. Con buona pace di quelli meritevoli e dai redditi bassi iscritti alle scuole pubbliche.
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