Io sono una che sviene. Come le donne di una volta. In genere mi capita quando qualcosa mi impressiona: svengo quando un mio figlio si fa male. Svengo quando l’anestesista prima del cesareo mi spiega che tipo di ago sta infilando nella mia vena e perché [e giuro che non glielo avevo chiesto davvero!]. Svengo quando al termine di un intervento subito da un parente il chirurgo mi spiega ESATTAMENTE come si è svolto [inutile specificare che nemmeno a costui avevo domandato nulla]. Svengo quando vado a farmi controllare i nei dal dermatologo. Ormai il mio dermatologo mi conosce e lo sa: l’ultima volta era al telefono mentre ha visto arrivare il mio svenimento, e come se niente fosse, continuando a parlare con il suo interlocutore, mi fa cenno di stendermi sul lettino e svenire tranquillamente. Possibilmente senza rompere le scatole a nessuno. E infatti così feci. Ricordo invece la mia “prima volta”: avrò avuto 15 anni e mi sono recata con la Mamma a fare la mia prima visita dermatologica con controllo di tutti i nei. Questo dottore mi guarda letteralmente ogni centimetro di pelle alla ricerca di qualsiasi puntino poco più che chiaro. Comincia dai piedi. Le caviglie, i polpacci, le ginocchia, i fianchi, la pancia, il collo il viso, le orecchie… mi fa girare prona, e quindi: la schiena, e di nuovo le cosce, i polpacci, le caviglie e i piedi. Ditino per ditino. Poi è la volta della testa. Sotto una grossa lente di ingrandimento illuminata mi scruta il cuoio capelluto con una minuzia degna di un orefice. Alla fine non ce la faccio. Avverto arrivare il caldo a vampate. Poi il sudore freddo. Quindi comincio a vedere appannato e a perdere le forze. Insomma: casco per terra e perdo i sensi. Mi risveglio sul lettino del medico proprio mentre sento il deficiente dottore dire a mia madre: “Mi scusi, signora, ma è l’unico modo…” Non faccio in tempo a realizzare cosa sarebbe successo di lì a qualche frazione di secondo, che subito sento un ceffone sulla guancia. Non riesco nemmeno a riprendermi dalla sorpresa, che arriva il colpo di un’altra sberla sull’altra guancia. E poi un’altra e un’altra ancora. Ricordo solo che mi ripresi dallo svenimento piangendo (letteralmente) per il dolore provocato da quel demente picchiatore fascista represso che se la riprendeva con le ragazzine inermi!
Una volta mi è successo al consultorio pediatrico. Avevo portato il Figlio Piccolo (6 anni allora) a fare dei richiami di alcune vaccinazioni: due punture. Una su un braccino, una sull’altro. Cercavo da giorni di sdrammatizzare la cosa: erano anni che non faceva punture e lui è molto “charvotoso”, come si dice dalle nostre parti. Ovvero ingigantisce ogni sintomo, e ogni doloretto. Vabbè, certo… in fondo, seppur piccolo, è sempre un maschio!
Fatto sta che ci rechiamo al centro vaccinale dove ci riceve il nostro Pediatra, che ci conosce da anni: giovane (tipo me!) simpatico, colto, e anche piacente.
Avevo fatto tutto il tragitto dicendo al Figlio Piccolo che sarebbe stata una sciocchezza, e che noi avremmo riso un sacco perché erano due punturine stupide stupide. Lui è entrato subito nella parte e abbiamo fatto la strada ridendo. Istericamente. Siamo entrati nell’ambulatorio e il Piccolino si faceva forza ridendo in modo smaccatamente forzato. Si leggeva in trasparenza tutta la sua ansia. Ma ero stata scottata dall’esperienza con la Figlia Media, che alla stessa età l’hanno dovuta reggere letteralmente in 4 per farle le iniezioni. E lei piangeva, urlava, si divincolava come un’ossessa.
Invece il Figlio Piccolo rideva… rideva… E io ridevo con lui! Promettendogli ovviamente un premio alla fine della seduta.
Insomma, il dottore prende le due siringhe, e al Bimbo ancora ridente pratica il primo buco. E lui continua a ridere con la faccia perplessa. Poi arriva il secondo buco. E lui, fedele alla sua parte rideva ancora. Un po’ triste in verità. Alla fine l’ho abbracciato empatica, più che per il dolore che doveva aver sentito, per la prova di coraggio che si era imposto (che gli avevo imposto!) di intraprendere. E allora è arrivato il calore improvviso. Poi il sudore mi ha letteralmente bagnato tutto il corpo, dalla testa ai piedi. Ho cominciato a spogliarmi e a scivolare sulla sedia (dove grazie al Cielo ero seduta). Ho resistito finché il dottore ci ha congedato raccomandandomi di aspettare una ventina di minuti in sala d’aspetto, dove sono corsa a sedermi e dove a quel punto ho potuto lasciarmi andare. Una signora sì è accorta che non stavo bene e ha chiamato rinforzi. E allora è cominciato il solito circo: mi hanno steso in terra con le gambe sollevate, mi hanno dato acqua e zucchero, mi hanno misurato la pressione e tutto lo sforzo di non crollare davanti al Pediatra è andato a farsi benedire.
Ovviamente non la finivo di scusarmi per il disturbo, perché in queste situazioni avverto soprattutto la vergogna! Ma una cosa buona c’è stata: ho imparato una frase fondamentale che mi sarebbe stata molto utile in futuro. Infatti il Pediatra schermendosi mi ha giustificato dicendomi: non si preoccupi! Capita! Si è trattato solo di una crisi vagale!
Mmmhhh… crisi vagale… funziona! Funziona molto meglio di “demente core de latta”! Credo che questa definizione potrà servirmi in futuro! Giusto per non rimetterci la faccia. Almeno non del tutto!