Il Cairo è come una donna bellissima e molto capricciosa. Non si riesce a domare questa città, non mancano mai sofferenza e agitazione, ogni giorno è pieno di imprevisti, ogni passo è un traguardo sofferto. Eppure non si può fare a meno di amarla.
Ma nonostante il grande fascino della capitale d’Egitto, dopo qualche giorno alle prese con il traffico convulso e con l’estroverso ed esuberante carattere dei suoi abitanti, una fuga nel vicino deserto del Sahara può apparire come un’inaspettata forma di salvezza.
Le dune al posto delle macchine, il soffio del vento invece della frenetica attività cittadina, il bagliore delle stelle anziché i caldi toni rossastri dei lampioni. Così, quando il mio amico Ekramy mi ha proposto di seguirlo verso la sua nativa Fayyum, a 130 chilometri in direzione sud-ovest dal Cairo, non mi sono fatto mancare l’occasione per sfuggire alla confusione dovuta alle elezioni presidenziali.
Ekramy è il titolare dell’agenzia turistica Real Desert Fox Tours e quello che mi ha servito è un itinerario classico di due giorni, non molto impegnativo, ma sufficiente a cogliere vagamente l’essenza del grande deserto africano.
Dopo un’ora di macchina su Fayyum Road siamo arrivati sulle sponde del lago Qaroun, la nostra prima tappa. Nel sonnolento villaggio di Shakshuk abbiamo aspettato pazientemente che qualcuno si mostrasse per farci portare a forza di remi fino all’Isola del Corno d’Oro, che gli abitanti chiamano semplicemente ag-Ghizira, “l’isola”.
All’ombra di una modesta capanna di paglia abbiamo gustato il pesce appena pescato dal lago, serviti dai simpatici ragazzi che ci avevano portato fino in questo sperduto angolo d’Egitto. Unici visitatori dell’isola, ci siamo lasciati cullare per qualche ora dall’atmosfera arroventata dal sole, immersi in un paesaggio arido e desolato.
Tornati in macchina ci siamo lasciati alle spalle le acque del lago per immergerci nello sterminato deserto di Wadi el-Rayan. Qui si trova un’area di grande interesse archeologico nota come la Valle delle Balene, Wadi el-Hitan.
Accolti in un rifugio realizzato in piena sintonia con il paesaggio circostante, ci siamo concessi una breve sosta prima di intraprendere il percorso segnalato sulla sabbia. Si tratta di una camminata di circa tre chilometri alla scoperta dei rinvenimenti che hanno reso celebre questa valle, i resti fossili di antichi cetacei apperenenti a un sottogruppo di balene scomparso nel corso dell’ere evolutive. I fossili risalgono a un periodo compreso tra 42 e 37 milioni di anni fa, quando la valle era occupata dall’Oceano Tetide, le cui acque hanno modellato le rocce che circondano la valle.
Dopo aver passato la notte nel rifugio, circondati da nient’altro fuorché l’immensità del deserto, siamo ripartiti in direzione del Cairo, ma prima di raggiungere la città ci siamo rinfrescati nelle acque del lago inferiore di Wadi el-Rayan, in prossimità della cascata che lo collega al lago superiore.
Nonostante questi piccoli tesori immersi nel deserto, il governatorato di Fayyum non è molto frequentato dai turisti, il che gli permette di conservare un’aurea di remota bellezza, una caratteristica che si è intensificata in seguito alla rivoluzione del 2011 e al conseguente crollo dell’industria turistica. Si tratta inoltre di un’area molto povera e rurale, non sempre bella da vedere a causa dell’evidente stato di abbandono di molti villaggi, ma particolare e affascinante.
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