Le balle degli abortisti: sfruttano la morte di Savita per forzare l’Irlanda

Creato il 24 novembre 2012 da Uccronline

Come abbiamo più volte sottolineato, l’Irlanda è uno dei Paesi con il più basso tasso di mortalità materna (dati 2005), dato molto interessante in quanto è anche uno dei Paesi in cui l’aborto è illegale (ammesso solamente in rari casi di pericolo della vita della donna). Mentre in Irlanda 6 su 100.000 donne muoiono per complicazioni legate alla gravidanza, nel Regno Unito la cifra è di 12 e negli Stati Uniti è di 21, entrambi luoghi in cui l’aborto è legale. La questione è molto similare nel Cile, altro Paese con bassissima mortalità materna e aborto illegale.

Ovviamente la situazione è imbarazzante per la lobby abortista, che vede così cadere il suo argomento migliore che accusa all’aborto illegale di essere nocivo alla salute della donna. Inoltre, secondo un sondaggio del febbraio 2011 il 70% dei cittadini irlandesi approva tale divieto e dati divulgati nell’aprile 2011 mostrano anche una decrescita del numero di donne irlandesi che si recano in Gran Bretagna per abortire. Infine, il Simposio Internazionale sulla Salute materna svoltosi nel settembre scorso a Dublino, ha concluso affermando che «l’aborto non è medicalmente necessario per salvare la vita di una madre».

Qual’è stata la reazione a tutto questo? Ovviamente nessun sostenitore dell’uccisione deliberata dell’essere umano nella prima fase della sua esistenza ha voluto prendere atto della situazione, preferendo sfruttare e attaccarsi alla recente morte di Savita Halappanavar, trentunenne indiana residente in Irlanda deceduta nei giorni scorsi per setticemia dopo che un ospedale di Galway ha rifiutato di praticarle l’aborto terapeutico giustificato da un grave problema fetale.  O, almeno questa è la storia divulgata da fonti poco attendibili come Il Fatto Quotidiano. Eppure, se la questione fosse vera, sarebbe già chiusa in quanto come tutti riportano, la linee guida etiche per i medici irlandesi, al capitolo 21.4, prevedono già la possibilità di abortire in caso di pericolo di vita della madre. E infatti, come riporta il Daily Mail, tale procedura è stata eseguita su Savita, ma soltanto tre giorni dopo essere stata ricoverata e che il feto era morto.

Tuttavia, si stanno comunque moltiplicando le pressioni affinché il governo irlandese ponga mano alla legge in senso permissivo, e quest’ultimo ha avviato un’indagine interna per accertare precisamente i fatti. Avvenire riporta la notizia sospetta di un’email che annunciava una storia importante in termini di aborto fatta circolare tra le associazioni abortiste prima che la notizia della morte di Savita, avvenuta il 28 ottobre, venisse resa nota dai media. La questione, dunque, comincia ad assumere i colori del giallo. Ma, come ha spiegato il dottor Sam Coulter-Smith, direttore del Rotunda Hospital di Dublino e consulente in ostetricia e ginecologia presso il Royal College of Surgeons di Dublino, «questo caso probabilmente non ha molto a che fare con leggi sull’aborto». Il genetista J. Clair Cloghroe ha invece detto che la donna è morta probabilmente a causa del ceppo infettivo di ESBL, batterio che si sta rapidamente diffondendo nella popolazione irlandese e che il problema «è un’infezione imprevista di ESBL, piuttosto che un problema di cattiva gestione ostetrica».

Non sono mancati gli attacchi all’identità cattolica dell’Irlanda: stando al marito di Savita, anche lui indiano (di nazionalità e di fede) i medici si sarebbero rifiutati di praticare l’aborto adducendo il motivo che l’Irlanda è una «nazione cattolica». Tuttavia il personale medico e gli utenti dell’University Hospital di Galway hanno smentito il marito, negando che le decisioni di trattamento medico siano ispirate dall’ethos cattolico. Intanto i vescovi irlandesi hanno ricordato in una nota che la Chiesa afferma come la vita di un bimbo e quella della madre siano parimenti sacre e che la Chiesa cattolica non ha mai insegnato che la vita di un bambino nel grembo materno dovrebbe essere preferita a quello di una madre, ma che entrambi hanno lo stesso diritto alla vita. È giudicato moralmente lecito un intervento che per salvare la donna metta a repentaglio la sopravvivenza del figlio, a patto che si tratti di un effetto collaterale non voluto e che si faccia comunque il possibile per salvarli entrambi. Un abisso tra chi difende realmente la vita e chi invece sfrutta una morte tragica per aggiungere altra morte legalizzando l’aborto.

La portavoce di Pro-Life Campaign, Dr. Ruth Cullen ha detto: «Estendiamo le nostre più sentite condoglianze al marito e alla famiglia della signora Savita Halappanavar. E’ deplorevole che coloro che vogliono vedere l’aborto disponibile stanno sfruttando la tragica morte della signora Halappanavar, quando le direttive mediche del Consiglio dicono chiaramente che tutte le cure mediche necessarie devono essere somministrate a donne in gravidanza. E’ di vitale importanza riconoscere che in questo momento che l’Irlanda, senza l’aborto indotto, è riconosciuta dalle Nazioni Unite e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come leader mondiale nella protezione delle donne in gravidanza ed è un luogo più sicuro per le donne della Gran Bretagna e dell’Olanda, dove l’aborto è ampiamente disponibile».


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