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Le bambine e il no

Creato il 23 febbraio 2016 da Annalisa1979

No! Non toccare. No! Non si fa! Dito indice che sventola a destra e a sinistra. Faccia accigliata, sguardo serio, tono di voce stentoreo. Ludovica e Veronica sono entrate a pieno titolo nella fase del “faccio come voglio io, non mi importa se me lo vieti”. Toccano qualsiasi cosa, infilano le dita dappertutto, comprese le prese elettriche, mettono in bocca Una-bambina-viene-sgridata-250x165qualsiasi oggetto si trovi sulla loro strada. Ok, i bambini scoprono il mondo così, gustandoselo. Ok, si fanno gli anticorpi. Ok, bisogna lasciare che si sporchino. D’accordo su (quasi) tutto. Ma quando le scopri ad azzannare i tuoi amati libri, da quelli dell’Università ai romanzi, quando le becchi a tentare di mettersi in bocca le scarpe che hai accuratamente tentato di nascondere sotto il letto, quando le trovi impegnate nel tentativo di addentare l’osso del cane, che fai? Lasci che sia? Lasci correre? No, in qualche modo le cose vanno raddrizzate. E allora sfoderi il tuo miglior cipiglio generalesco. Posizione d’attacco, mani sui fianchi, faccia corrucciata. E pronunci quel NO. Forte e chiaro. Che dovrebbe fungere da immediato deterrente. E che invece viene solo ripetuto a pappagallo, con un sorrisetto furbo sulla faccia. Mentre le piccole pesti vanno avanti a fare quello che vogliono. Ti sfidano. O così mi pare.

Scatta il rimprovero aspro. Scatta la “punizione”. E parte il coro di pianti. Veronica, più stoica e forse anche più menefreghista, si offende, sì, ma non piange. Ulula per un tempo limitato, per poi riprendere a fare quello che vuole. Ludovica, invece, un pochino più sensibile ai richiami, piega gli angoli della bocca all’ingiù, trattiene il fiato, qualche gocciolona comincia a scenderle dagli occhi e ti punta il dito indice contro, sibilando un “uhhhhhhhh”. Per poi cercare conforto nelle braccia della nonna o del papà, a seconda di chi si trova più vicino rispetto a chi l’ha rimproverata. A cercare protezione e sicurezza. Guardandoti come se fossi un orco cattivo. E il suo pianto va avanti un bel pò. Infarcito di acuti e di tirate su di naso. Come si fa a far comprendere che il NO è un no per davvero e non uno scherzo? Ricordo quando mia mamma mi diceva che è molto più semplice dire di SI ai bambini. Il sì non necessita di spiegazioni, risolve tutto in un lampo e dà meno problemi. Il NO, invece, deve essere motivato. Deve essere spiegato. Non puoi dire no e basta. Ci deve essere un fondamento alla base per cui vieti alle piccole qualcosa. Ora è ancora abbastanza prematuro tentare di spiegare perché si dice no a qualcosa. I motivi sono tanti. Ma non sono sicura che comprendano già i pericoli, le conseguenze delle loro azioni. Ad ogni modo, per quanto sia difficile (e lo è davvero), per quanto mi dispiaccia vederle piangere, per quanto sia duro e complicato rimanere sulla propria posizione (una volta detto no, deve rimanere un no, non trasformarsi in sì), preferisco continuare a seguire questo percorso. Lungo, difficile, complicato, ma che sicuramente (almeno spero), porterà a risultati positivi.

Certo è che, a volte, mi fermo e penso che a loro modo le Gem tentino di farmi vedere il mondo come lo vedono loro: come un immenso contenitore da svuotare, passare al setaccio, studiare e poi riporre. Un contenitore che esplorano giorno dopo giorno, provando, assaggiando, cadendo e rialzandosi. Io dovrei solo essere lì di fianco a loro, guidandole, rassicurandole, facendole rialzare. Perché, in fin dei conti, è vero: I grandi non capiscono mai niente da soli e i bambini si stancano a spiegargli tutto ogni volta.
(Antoine de Saint-Exupéry)


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