Le Beatrici: Quando le Donne si Raccontano

Creato il 25 febbraio 2013 da Dietrolequinte @DlqMagazine

Giuseppe Floriano Bonanno

Il Teatro Duse di Bologna, all’interno della sua programmazione, aperta a tutte le forme di espressione, mette in scena Le Beatrici, spettacolo tratto dall’omonimo libro di Stefano Benni, che ha avuto il suo battesimo sul palcoscenico al Festival dei Due Mondi di Spoleto nell’estate del 2012, confortato dall’alto gradimento del pubblico. L’idea di fondo è quella di raccontare la donna nelle sue molteplici sfaccettature: com’è, come vorrebbe essere, come gli altri la vedono. La scelta, prima letteraria, poi scenica, per questo viaggio alla scoperta dell’universo femminile, è quella del travestimento per creare una realtà fantastica in cui si possano smontare i cliché del gentil sesso dando vita a donne, credibili, che lottano con ardore e senza esclusione di colpi per affermare la propria personalità, mettendosi a nudo nella loro intimità più profonda. La via seguita per questa indagine sull’essere donna è quella dei monologhi. Monologhi in cui le attrici, a turno, raccontano a se stesse e al mondo chi esse siano, quali sono i loro sogni, quale la loro natura più profonda, quali le debolezze e le aspettative, e questo anche a costo di poter apparire ora goffe, ora mostruosamente “scorrette”, e con il serio rischio di finire per essere sole o controcorrente, in soldoni, incomprese! Benni crea dunque una carrellata di tipi femminili, che invitano gli astanti a lasciarsi guidare attraverso racconti di ossessioni, ansie, speranze, di creature spesso fraintese, talvolta bizzarre, che appaiono come non sono e che cercano di essere come chi le guarda vorrebbe che fossero.

Siamo dunque di fronte ad una rappresentazione originale, diversa dalle solite strutture sceniche, che invita ad una profonda riflessione sulla complessità del carattere femminile, che induce sì a sorridere, ma in modo quasi graffiante, senza lasciare nulla di taciuto, rompendo volutamente gli schemi consolidati dell’immaginario comune. Il tutto rimane sospeso in un gioco sottile, dominato da un’ambiguità di fondo, in cui non si sa fin dove arriva la realtà e dove comincia il sogno, con i toni tipici di una tragicommedia, addolcita da sapienti dosi di ironia. Le cinque Beatrici, dai bizzarri e colorati cappellini, che raccontano le loro storie alternandosi sul palcoscenico sono: la musa del sommo poeta Dante, la coatta, l’imprenditrice, la suora “posseduta”, la filosofa (a queste bisogna aggiungerne una sesta interpretata da tutte e cinque le protagoniste della pièce: la donna lupo). Si tratta di tipi femminili che, pur apparentemente diversissimi tra loro, hanno più di una cosa in comune; la più evidente è sicuramente quella di mostrare due facce: una proiettata verso l’esterno, più “socialmente corretta”, l’altra più oscura, talvolta spaventosa. Il momento forse più toccante dello spettacolo si è raggiunto nel monologo Attesa, recitato in modo struggente da Valentina Chico: «Che ore sono? Non voglio saperlo. Le ore in cui si aspetta non hanno la durata del tempo quotidiano. La loro misura non è quella di un pendolo che oscilla regolare, ma quella di un cuore che batte, a spasmi e inciampi. Il tempo dell’attesa ti circonda, ti avvolge interminabile. È come navigare in un mare di cui non si vede la fine». Gli scroscianti applausi finali di una platea in gran parte femminile testimoniano come Stefano Benni abbia colto nel segno in questa sua indagine sull’animo femminile.


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