le bombe rosse

Da Foscasensi @foscasensi

Con la pancia piena di birra e il fiato di scorreggia. Dicevo del mio amico, che è esattamente questo. Sono andata ad aprire ancora impastata, la camicia lascia passare il corpo aguzzo di freddo e i piedi mi dolgono perché non sopporto di camminare in ciabatte. Lui mi supera in salotto, gli occhi e la faccia galleggia tra la pianta cactus e i tubuli che suonano contro la porta e poi mi apostrofa, lugubre: “Fosca, da quanto non ci vediamo?”.

Quasi un anno, testa di cazzo. Ma si risponde da solo. “In ogni caso troppo, dice, Mi svegliano gli incubi. Sono incubi colorati, come colpi nella testa, come bombe rosse”. Poi di nuovo si accorge di avermi davanti a sé, in carne e ossa e una sigaretta. Ho in mente il Narciso di Luigi Ontani, tutto nudo, con un fiore reciso  e avvolto fra le pieghe dell’ano. Egli raccoglie il fiore nelle pieghe del corpo è accovacciato e sorride da gesùcristo. Io mastico una sigaretta e vorrei anche fare domande ma sono interrotta.

“Splendida creatura, dice, Sul serio, io non ho altre parole per descriverti”. E nel non descrivermi s’inginocchia e nell’inginocchiarsi si appoggia alle mie gambe e le separa. È posizionato e commosso.

“Non me lo perdonerò.” E tossisce una tosse di implorazione. “Non me lo perdonerò mai”.


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