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LE CALLE
Ho conosciuto Bruna molti anni fa. Mia nonna mi accompagnò da lei, nel suo giardino.
I capelli bianchi raccolti in una piccola crocchia erano ben curati. Gli occhi neri, attenti, squadravano chiunque volesse penetrare troppo nel suo mondo. Non aveva occhiali, credo non ne facesse uso. Malgrado la sua veneranda età, si era mantenuta la vista di un falco.
La sua casa, il giardino le erano utili per non pensare a quel che si era lasciata alle spalle, la guerra, l’incontro di persone cattive. Il suo guscio era inattaccabile, la faceva stare bene.
La pensione ora le garantiva da vivere in modo dignitoso. Non aveva figli, non si era sposata, nessun parente stretto, tante amiche e amici ed era molto stimata nella comunità.
Poteva dedicarsi a quel che più le piaceva : curare il suo bel giardino.
Il suo giardino era molto ordinato, non c’era un pezzetto di terra inutilizzato.
Avrebbe potuto mettere anche qualche ortaggio, ma sapeva che non era elegante, ci aveva rinunciato. Il giardino deve essere bello, sprigionare colore, dare gioia. Con gli ortaggi non sarebbe stato lo stesso. Bruna aveva trovato un buon motivo per riempire le lunghe giornate e in ogni stagione trovava qualcosa da fare.
Si era fatta costruire una piccola serra, ci aveva messo a dimora qualche pianta di limoni e meraviglia… ogni orchidea che le avevano regalato era sopravvissuta e produceva fiori bellissimi.
La sua attenzione maggiore però era rivolta alle calle.
Teneva le calle in grandi vasi e le toglieva a giugno/luglio lasciando riposare nella sabbia asciutta i rizomi fino a settembre.
In autunno il rinvaso era impegnativo e veniva Silvio, un bracciante del podere vicino ad aiutarla.
La casa dove viveva Bruna era quasi al centro del paese. Una delle poche con il porticato.
Un ambiente ideale per le calle. Le metteva in fila lì sotto, in attesa della primavera.
Come ogni anno, sul finire del primi freddi chi passava in quella strada poneva lo sguardo in direzione del porticato. C’era attesa per quella magnifica fioritura di fiori bianchi con gli spadici giallo intenso.
I fiori venivano utilizzati per confezionare i bouquet da sposa, e Bruna li regalava spesso ad Armida una ragazza-madre che frequentava la parrocchia. Armida era un’artista nel confezionare i bouquet.
Bruna non si era sposata, ma era ben contenta di contribuire a far felici le giovani spose.
Poi per una settimana la lunga fila di calle spariva.
I passanti si domandavano che fine avessero fatto. Sembra che qualcuno le abbia perfino suonato il campanello per chiederle se gliele avessero rubate !
Poi ricomparivano più belle di prima e tutte in fiore.
Il mistero l’avrebbe potuto spiegare molto bene il parroco della chiesa vicina.
Bruna consegnava tutti i vasi al parroco che provvedeva a portarli in chiesa in occasione della Santa Pasqua. Era un decoro per la chiesa, anche se faticoso per il parroco che spostava tutti i vasi con un piccolo motocarro, ogni anno non ci voleva rinunciare. Dopo una settimana il parroco li riconsegnava a Bruna.
Qualcuno potrebbe pensare che Bruna non era utile nella sua comunità.
Non era più produttiva, è vero, ma qualcosa aveva comunque fatto nella sua vita.
Ora non dava noia a nessuno, era indipendente, e quindi nemmeno rappresentava un peso per gli altri.
Il suo giardino era ben tenuto e faceva solo un po’ di invidia a chi non aveva il suo tempo e la sua passione.
Una persona semplice come forse molti vorrebbero essere.
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