Già, ed è per questa loro enfasi sul computo delle calorie che io li ho soprannominati "i ragionieri della dietetica". Perchè la maggior parte di chi si occupa professionalmente di nutrizione è ancora condizionata dalla concezione meccanicistica newtoniana della vita (che domina in realtà tutta la medicina moderna), e così, nel pieno rispetto del primo principio della termodinamica, è convinta che il controllo del peso corporeo sia solo una questione di saper bilanciare, e opportunamente dosare, le calorie assunte con quelle consumate.
Insomma, se qualcuno non l' avesse ancora capito, tradotto in termini molto esemplificativi, ciò vorrebbe dire, secondo il modo di vedere le cose dei dietologi tradizionali, che mangiare riso integrale sia la stessa cosa che consumare una quantità caloricamente equivalente di Nutella o, peggio, di una bevanda zuccherata. E' infatti da questo presupposto (errato) che hanno origine le più banali raccomandazioni dietetiche.
Ma la legge della conservazione dell' energia vale solo per i sistemi isolati, come la fisica ci insegna, mentre nel nostro caso abbiamo a che fare con un sistema (il cibo) che interagisce con un altro sistema (il corpo umano), che a sua volta interagisce con l' ambiente.
In realtà ciò che dovrebbe preoccupare non è tanto la quantità di calorie, quanto la loro qualità, cioè da quali cibi esse provengono, perchè è questo che determina il modo in cui il nostro corpo le utilizza. Queste infatti possono essere bruciate per produrre calore e l' energia necessaria alle varie funzioni che l' organismo è chiamato a svolgere, oppure essere immagazzinate sotto forma principalmente di grassi, a seconda di svariati fattori, non ultima la costituzione del soggetto.
E per comprendere meglio ciò che sto per spiegare è bene cominciare col tener presente che il nostro corpo si è evoluto fino allo stadio attuale per milioni di anni, perciò la sua fisiologia risulta adattata a ciò che ha determinato questa evoluzione. Da ciò si evince che non è preparato a gestire certi cibi e bevande moderni in modo vantaggioso.
Per esempio, dato che in natura non esistono bevande così intensamente dolci come quelle industriali (i cosiddetti soft drink) che oggi, specie fra i giovani, vanno per la maggiore, il nostro corpo non riconosce le calorie assunte in questa forma, e perciò non viene attivato il meccanismo di regolazione della sazietà. La conseguenza diretta, come si può facilmente immaginare, è che consumando questi subdoli prodotti si introducono automaticamente calorie di troppo senza nemmeno accorgersene; inoltre lo zucchero contenuto in bevande è assorbito più velocemente di quanto lo è quello presente in alimenti solidi, innalzando così più pericolosamente la glicemia. Stesse considerazioni valgono per gli "insospettabili" e "salutari" succhi di frutta, veri concentrati di zuccheri semplici, specie se con zucchero aggiunto.
Insomma, se lo zucchero è dannoso sempre, lo è ancora di più se assunto in forma liquida. E infatti è ormai ampiamente riconosciuto che sono forse proprio le bevande moderne la principale causa della dilagante diffusione di sovrappeso e obesità (per non parlare di ben più gravi effetti a lungo termine), come sottolineano scienziati di fama mondiale.
E ancora, per migliaia di anni si sono consumati solo alimenti interi, cioè nella forma in cui ce li fornisce la natura, che grazie alla ricchezza di fibre contengono, a parità di massa, meno calorie e allo stesso tempo, a parità di calorie, dato il maggior volume esercitano una maggiore distensione delle pareti dello stomaco, che è il meccanismo principale responsabile di attivare nel cervello il senso di sazietà. Questo significa saziarsi di più con meno calorie.
Pensate un pò, è molto difficile che uno mangi 5 o 6 mele in una volta, mentre è del tutto normale consumare una fetta di torta, una brioche, un gelato, una barretta di cioccolato, un tiramisù, una lattina di Coca-Cola, un piatto di pasta "bianca", cioè tutti prodotti con press' a poco lo stesso contenuto calorico. Ma anche in un caso così improbabile l' effetto non sarebbe lo stesso, perchè le mele apporterebbero una molto più ampia gamma di nutrienti e l' assorbimento degli zuccheri sarebbe comunque molto più lento.
Per questo motivo la gente non si rende conto affatto di quanto oggi sia facile, mangiando nel modo "normale" (solo perchè seguito dalla larga maggioranza), introdurre più calorie del necessario, anche perchè lo zucchero ormai è presente anche dove non ce lo si aspetterebbe.
E così non si fa caso che, ad esempio, in una lattina di soft drink sono contenuti circa dieci cucchiaini di zucchero, per bruciare i quali occorrerebbe correre per una mezz'oretta.
Ma il problema principale dei carboidrati raffinati e degli zuccheri semplici è che, essendo assorbiti più rapidamente, causano anomali picchi glicemici che stimolano la secrezione di massicce dosi di insulina per riportare gli stessi alla norma. E purtroppo è risaputo che l' iperinsulinemia è all' origine di una serie di problemi anche gravi che affliggono la nostra società, di cui per molto tempo non si è capita la loro correlazione, a cominciare proprio dal sovrappeso, dato l' effetto anabolizzante di questo ormone. L' insulina tende infatti, fra l' altro, a convertire lo zucchero in eccesso in grassi che si vanno a depositare nel tessuto adiposo ed instaura un meccanismo perverso che porta a peggiorare la situazione: a dispetto delle troppe calorie che si trova a gestire incrementa la sensazione di fame attraverso l' ipoglicemia ad essa conseguente, che si ripercuote a livello cerebrale causando svariate reazioni negative, fra cui il desiderio di altro cibo zuccherino, nel tentativo di ripristinare il normale livello glicemico; ma l' iperinsulinemia inibisce anche l' azione della leptina, ormone prodotto dal tessuto adiposo che controlla la sazietà.
E le cose vanno anche peggio col fruttosio raffinato, che si ritrova in vari dolcificanti "salutari": esso aumenta la sintesi dei trigliceridi, favorendo la steatosi epatica (fegato grasso) e con essa le infiammazioni, tutte condizioni che incrementano la resistenza insulinica (la capacità delle cellule periferiche di rispondere all' azione dell' insulina). Inoltre il fruttosio non trasmentte al cervello segnali di avvenuta sazietà.
Questa è solo una parte di ciò che può provocare un eccesso di insulina, ma è più che sufficiente a farci capire la complessità del problema, che non può evidentemente ridursi ad una semplice questione di numero di calorie o quantità di zuccheri introdotti mangiando questo oppure quello. Di qui l' importanza di conoscere l' indice insulinico di un alimento (cioè la sua capacità di stimolare una risposta insulinica), e non solo quello glicemico, che può essere forviante. Infatti ci sono alimenti, come il latte e lo yogurt, che pur non avendo un contenuto zuccherino elevato, hanno un effetto sulla secrezione insulinica tra i più potenti. Inoltre si è visto che quando alimenti molto diversi sono assunti insieme, come avviene in un normale pasto, mescolando così i carboidrati con quantità altrettanto elevate di proteine e grassi, la risposta insulinica è più elevata di quella che si verifica quando i singoli alimenti sono introdotti da soli (se ne parla qui).
Questo ci fa capire che è l' intero modello alimentare ad essere sotto accusa e che occorre modificare per avere risultati validi e duraturi nell' annosa guerra alle calorie, e non i carboidrati in quanto tali, che oggi è diventato di moda demonizzare indiscriminatamente.
Fin qui si è trattato di considerazioni generali sulle caratteristiche intrinseche del cibo in rapporto al sovrappeso, mettendo in evidenza quanto incide il modello alimentare nel suo complesso. La prossima volta invece mi soffermerò su altri aspetti non meno importanti che riguardano la costituzione individuale, come ho già accennato prima, che gioca un ruolo determinante in questo tipo di problemi, e aspetti puramente energetici che esulano dal campo d' indagine strettamente scientifico, ma che si rivelano cruciali per capire la dinamica del sovrappeso.
Michele Nardella