Da molto tempo volevo scrivere questo post per condividere la mia esperienza che penso sia quella di molte donne della mia età e non solo, abituate fin da giovani a dare una mano nelle faccende domestiche. A dire il vero a me piace fare le pulizie: è una cosa che mi rilassa perché mi permette di staccare la spina al cervello per qualche ora, alzarmi dalla sedia su cui sono inchiodata per ore ed ore al giorno e fare un po’ di movimento; c’è da dire anche che sono tendenzialmente maniacale e provo un certo disagio psicofisico nello stare in una stanza non adeguatamente pulita (cioè non adeguata ai miei elevati standard, lo riconosco), ma questa è un’altra storia (mi pare si chiami ‘mania-compulsiva’).
Quello che mi piace pulire di più sono i vetri perché ti danno subito soddisfazioni: la differenza tra il ‘prima’ ed il ‘dopo’ è lampante e vedere una superficie perfettamente linda e trasparente mi rasserena interiormente. Tra i vari metodi che preferisco per pulire il vetro c’è l’alcool e lo straccio e via di olio di gomito; gradisco meno la macchina del vapore perché la trovo più ‘facile’ è quindi meno catartica (masochismo?!), tuttavia ammetto che ci sono delle situazioni in cui è indispensabile, tipo quando devi pulire venti metri quadri di vetrata e da qui parte la mia riflessione. Quando nel 1949 Philip Johnson (e non è mica l’unico, ma ho scelto lui come capro espiatorio!) progettò la sua Glass House introdusse senz’altro una pietra miliare dell’architettura moderna: non solo per la sua straordinaria bellezza, ma soprattutto per la modernità di forme e materiali che danno vita ad un’idea straordinaria.
Philip Johnson, Glass House, New Canaan, Connecticut, USA, 1949Siamo tutti grati a Johnson per questa straordinaria invenzione, tutti fuorché le casalinghe che sono in noi perché loro sanno cosa significa tutto ciò: la devastazione fisica! Forse il Mr Johnson non aveva pensato alla ripercussione che la sua idea avrebbe avuto nel futuro con case ricoperte da superfici vetrate, talvolta irraggiungibili persino dall’ispettore Gadget, che povere massaie (o per i più abbienti, povere colf) avrebbero dovuto lustrare a giorni alterni visto che il vetro non perdona. Architetti che passate di qui, avete mai pulito vetrate per giorni interi? Perché io l’ho fatto e col cavolo che è come andare in palestra: mi si lussano le scapole e il fondoschiena non si tonifica affatto!
E come pensate che si possa pulire la vetrata esterna al quarto piano di questo meraviglioso edificio qui sotto? Noleggiando una cesta?! No, così, si fa per parlare ovviamente…
Vero che “quando una cosa è bella, l’utilità passa in secondo piano” (cit. Giulia S.), io, che faccio del funzionalismo quasi una dottrina religiosa (che Gropius, lèvate!), non riesco a spiegarmi come persone vere possano vivere in edifici come questi, a meno che queste non siano solo le case in cui si trasferiscano per il servizio di Architectural Digest di turno e ci sarebbe anche un perché… avete la mia solidarietà, ricconi, PAT PAT!
Ma chi mi conosce sa che il mio nemico numero 1 non sono i vetri (né gli architetti: vi lovvo tutti!) ma il temibile GRES PORCELLANATO!
Avete mai lavato un pavimento in gres porcellanato? Se non lo avete fatto vi perdete un favoloso inventario di imprecazioni uniche che non potrebbero uscire neanche dalla bocca di uno scaricatore di porto! Il gres tira fuori il meglio di me da questo punto di vista: scopro di essere una camionista-inside in quei momenti. Questa pavimentazione è l’ideale per edifici rustici, taverne, cantine, perché suggerisce la naturalità della pietra, la semplicità delle superfici grezze ed è la migliore pavimentazione in cui si può insediare qualsiasi forma di sporco (trascurando la moquette che - grazie al cielo - è stata bandita dal mondo, spero) che sa di essere irraggiungibile, per cui si crogiola nel suo anfratto. No, ma grazie, gentili architetti che mettete piastrelle porose in casa, grazie!
Da anni ormai penso che le case vanno progettate dalle donne perché, spesso e volentieri, sono loro a vivere di più in casa, ad occuparsi delle faccende in maniera approfondita, a gestire la manutenzione di ogni superficie: che ne vuole sapere un giovane architetto che non sa distinguere tra sgrassatore e disinfettante?! Facciamo così: o d’ora in poi diamo la laurea in architettura solo a donne oppure mettiamo un esame obbligatorio alla facoltà di architettura in detergenza delle superfici domestiche.
Qualcuno appoggia la mia mozione?
Disclaimer:
Post ironico e senza alcun intento offensivo verso la categoria (che stimo perché, diversamente da me, sa disegnare).
Abbiate pazienza, per quanto outsider studio sempre ingegneria!!