L’anemia refrattaria è inclusa nell’elenco di patologie trattabili per mezzo delle cellule staminali ematopoietiche: essa fa parte di un gruppo di patologie (dette sindromi mielodisplastiche) che sono caratterizzate da un difetto nel midollo osseo il quale non è più in grado di produrre alcune linee cellulari, in particolare globuli rossi, bianchi e piastrine.
Le cellule staminali ematopoietiche sono cellule potenti e vitali, dotate di due capacità: la capacità di autorigenerazione, e la caratteristica di moltiplicazione che permette loro di trasformarsi, un po’ alla volta, in una cellula del sangue.
Queste cellule hanno una grande rilevanza nell’ambito medico e scientifico, in quanto consentono, attraverso infusione e trapianto, di trattare un ampio range di patologie, alcune delle quali anche molto gravi ed invalidanti: secondo il Decreto Ministeriale del 18 novembre 2009, le patologie per le quali è documentata l’efficacia del trattamento per mezzo delle cellule staminali sono 80, tra cui leucemie, mielomi e linfomi.
L’anemia refrattaria è una delle patologie che possono essere trattate per mezzo del trapianto di cellule staminali ematopoietiche: caratterizzata da specifici sintomi individuabili in pallore ed anormale spossatezza, spesso accompagnati da eccessiva perdita di peso, questa patologia comporta anche una maggiore debolezza del sistema immunitario ed una più forte predisposizione alle infezioni ed emorragie.
Il trattamento delle sindromi mielodisplastiche include anche la chemioterapia associata a farmaci di supporto, volti ad aiutare il paziente a sopportare meglio i sintomi, specialmente quando essi sono particolarmente debilitanti. L’unica terapia in grado di debellare definitivamente l’anemia refrattaria è il trapianto di midollo, e le cellule staminali ematopoietiche rappresentano il trattamento di elezione, perché consentono la rigenerazione cellulare e, pertanto, sono particolarmente efficaci a livello terapeutico.
Date le capacità di queste cellule, sono particolarmente consigliati alle coppie in attesa di un figlio la raccolta e la conservazione delle cellule staminali del cordone ombelicale, perché consentono di preservare il futuro del bambino offrendogli l’opportunità – qualora dovesse servire – di utilizzare le staminali per trattare numerose patologie.