Il 5 dicembre alla libreria Gogol di Milano si è svolto l'incontro con , Stefano Simeone e Alberto Madrigal, gli autori dei primi tre volumi della collana Le città viste dell'alto, edita da Bao Publishing: Fermo, Ogni piccolo pezzo e Un lavoro vero. Per l'occasione i tre si sono raccontati e, così facendo, hanno presentato agli astanti il loro lavoro e i processi che hanno ne hanno permesso lo sviluppo.
Hanno storie molto diverse gli autori: è un autodidatta in tutto e per tutto, Stefano Simeone ha scelto la classica formazione alla scuola di fumetto, Alberto Madrigal ha abbandonato i suoi progetti sui supereroi per narrare la realtà con il mezzo fumetto. Proprio la necessità di raccontare ha, di fatto, spinto i tre verso il linguaggio disegnato. Come dice Stefano Simeone, infatti:
"Praticamente la mia esigenza non era tanto quella di disegnare, quanto quella di raccontare e quindi cercavo un mezzo che mi desse la libertà di fare quello che volevo. Con il fumetto ho innanzitutto la possibilità di realizzare un progetto totalmente mio in cui sono, di fatto, costumista, sceneggiatore, scenografo, regista e in cui posso raccontare davvero tutto ciò che ho in mente. Perciò ho avuto l'esigenza di apprendere gli strumenti del disegno per raccontare una storia."
L'intervista verte poi sulla figura dei maestri e mentre Stefano Simeone cita Gabriele Dell'Otto e Werther Dell'Edera, colleghi di studio e suoi riferimenti quotidiani, e Alberto Madrigal nomina Akira Toriyama, Humberto Ramos e Gipi, Sualzo si sofferma in particolare sulla figura di Vittorio Giardino:
"Il primo che mi viene in mente è Giardino che ho incontrato una decina di anni fa e da cui ho imparato il grande rispetto per la storia. Per lui ogni singolo pezzo è importante, ogni sfumatura e ogni cosa che si muove nella storia ha una sua ragione, ha un meccanismo che deve essere costruito e poi nascosto verbalmente altrimenti risulta superficiale, ma sotto deve esserci un'ossatura importante. Un altro incontro fondamentale per me è stato quello con Gipi che mi ha fulminato. Ricordo di aver comprato Appunti per una storia di guerra e ho pensato che i fumetti potessero fare tutto"
La creatività, gli stimoli e l'ispirazione sono concetti cui i tre autori si approcciano in maniera totalmente differente e complessa. Alberto Madrigal esplicita il suo bisogno di dedicarsi ogni giorno almeno un'ora sul lavoro poiché:
"L'ispirazione sa dove trovarti. A me stimola e piace tanto fare un giro in città, osservare le persone al caffè, mettermi a leggere e disegnare mentre passano. Tornare in Spagna invece mi fa l'effetto contrario."
Sualzo ammette di non averci mai pensato troppo e descrive il faticoso processo creativo che lo porta a plasmare le sue storie:
"Per me fare fumetti è molto difficile, nel senso è doloroso, è un'attività che mi arreca dolore sia fisico che mentale e quindi nel momento in cui mi metto a scrivere una storia vuol dire che ho un'urgenza talmente alta da superare questo disagio profondo che provo. A un certo punto infatti sento che sto girando intorno ad una cosa che devo raccontare per forza [...]. La creatività a me viene ogni volta che di mattina faccio il tragitto di scale esterne che mi portano allo studio e penso che per trentaquattro-trentacinque anni ho fatto tanti lavori (operatore sociale, fotografo, musicista), avendo nel cuore la voglia di diventare disegnatore. Quando penso a questa cosa automaticamente mentre faccio l'ultimo scalino ho una voglia matta di disegnare qualsiasi cosa."
Al contrario Stefano Simeone non ha un'idea precisa di quali siano i luoghi e i momenti della giornata in cui è produttivo e ispirato:
"Quello che mi stimola non l'ho ancora capito, nel senso che ci sono delle volte in cui io devo stare solo in una stanza e basta: io, lo schermo e i disegni che faccio. Delle volte invece mi stimola osservare la gente e vivere la vita, un po' anche dal basso. Le ore della giornata nelle quali mi vengono delle idee grafiche e narrative sono di solito quelle in cui cammino da casa verso lo studio a piedi."
Si parla poi degli strumenti di lavoro adoperati e, mentre Alberto Madrigal e Stefano Simeone ammettono di usare il digitale per praticità ma di preferire il contatto con carta, china e acquarelli, Sualzo confessa di avere una predilezione per la matita.
A questo punto ci si sofferma sulle singole opere dei fumettisti che spiegano in particolar modo il loro rapporto con le proprie storie e l'approccio adottato. Alberto Madrigal descrive così il suo rapporto con il suo libro Un lavoro vero e con Berlino, la città in cui ha deciso di vivere:
"Per me scrivere era una cosa nuova, quando l'ho scoperta è diventata come una droga. Spesso mi capita, se non capisco una cosa, di scrivere senza pensare e alla fine e di capire quello che sentivo in seguito. Mi è capitato spesso con Un lavoro vero. È come un film che metti in pausa e vuoi vedere come continua e quando arrivi a quel punto, è bellissimo [...]. A Berlino (ora ci vivo da sei anni) era tutto nuovo, soprattutto lo erano le persone. La cultura è diversa e perciò devi tornare a zero, comportarti come un bambino e ciò ti aiuta a riflettere."
Stefano Simeone racconta al pubblico il perché della costruzione narrativa frammentaria di Ogni piccolo pezzo e la scelta di utilizzare dei personaggi facilmente distinguibili, "quasi stereotipati":
"Lo scopo del libro era dare un fattore costante di caos all'interno del racconto. I miei personaggi sono degli stereotipi fiabeschi e a volte le situazioni che avvengono sono abbastanza paradossali perciò l'inserimento del caos, il fatto di non raccontare le cose che succedono nel loro ordine, senza usare uno schema narrativo classico, in un certo senso li riporta alla realtà. Anche nella vita reale, infatti, le cose importanti succedono con un largo preavviso, non a tre quarti del libro, in momenti ben precisi. Quindi me ne sono fregato della struttura: l'unica cosa di cui ho tenuto conto è stato il giro pagina per dare i giusti tempi al fumetto [...]. L'uso di personaggi facilmente catalogabili è stato un'esigenza narrativa poiché non avevo modo di creare dei protagonisti innovativi e spiegarli all'interno del libro (sarebbero stato troppo complicato). C'è il fregnone, c'è il fighetto, la fatalona...Uso dei cliché cosicché chiunque abbia una minima esperienza di narrativa, li riconosce subito e si aspetta dai protagonisti dei comportamenti ben precisi. Ho voluto dare poi la stessa importanza dei personaggi all'ambiente che li circonda; la piazza del paese, la piazzetta che dà sul cinema sono importanti tanto quanto un personaggio del libro, tanto quanto un uccellino che passa. Sono tutti elementi che compongono il mosaico, l'affresco."
Sualzo spiega invece il legame che ha la sua opera con la musica e il modus operandi adottato nella costruzione di dialoghi contenenti riferimenti e citazioni letterarie:
"Sono due le origini di questa scelta di nutrire la mia storia con molti pezzi di letteratura. In primis mentre stavo attraversando questa storia sono successe delle cose, ho letto dei libri, mi sono state dette delle parole che sono confluite a forza nella storia. Mi sembra che tutte siano anelli di una catena che si tengono insieme. In secondo luogo credo di essere molto insicuro nello scrivere e che le citazioni siano per me come pietre cui mi posso aggrappare e che poi restano lì. Potrei anche nasconderle dopo aver ottenuto i segni cui aggrapparmi ma le lascio, mi piacciono [...]. Nelle mie storie la musica è presente come un elemento. Quando strutturo un libro tengo molto presente la forma musicale, nel senso che io ho una concezione del ritmo della storia che è molto vicino a quella musicale e cerco sempre di visualizzarlo come se ogni tassello della storia fosse uno dei movimenti di una piccola sinfonia. Ciò mi aiuta ad avere un linguaggio coerente in termini di ritmo, che deve essere chiaro e soprattutto, come nella buona musica, né eccedente né carente. Non ci devono essere ridondanze né estrema sintesi. I miei personaggi poi sono un'estensione abbastanza chiara di me e quindi suonano per relazionarsi agli altri; attraverso la musica cercano le fonti dell'emozione, delle cose che scuotono davvero."
A un breve accenno alla genesi dei progetti, dove Alberto Madrigal riferisce di aver proposto il suo fumetto già completo alla casa editrice, Stefano Simeone di aver avuto la massima libertà e di aver con il tempo modificato trama e numero di pagine e Sualzo di esser partito da un sogno per poi progettare l'intero libro con una gestazione lunga e proporlo a Bao Publishing, segue la sessione di sketch finali in cui gli autori donano ancora una volta il loro talento ai propri lettori.