Confesso che mi mancava. Se ci pensate, c’è una tristezza in giro che non se ne può più. Gente che non arriva a fine mese, padri di famiglia disperati, disoccupati che vedono soltanto buio pesto nel loro futuro. E poi questa classe dirigente grigia, triste, vecchia. Un governo di professori, una roba di una noia mortale. Niente a che vedere con lo spettacolo al quale ci aveva abituato Berlusconi in questi ultimi anni. Ma sì, c’è crisi, i consumi si contraggono, non si arriva a fine mese, ci stanno tartassando di tasse. Ma con lui era diverso. Leggi ad personam, personaggi come Calderoli (quoque tu, “a tua insaputa”), Santanché, Rotondi e compagnia danzante accomodati sulle poltrone governative, fenomeni tirati su direttamente dal limbo, olgettine, meteorine, escort e festini. Tarantini, Fede, Minetti, Mora, Lavitola. Chi non vorrebbe avere amici così? Gente che sa come tirarti su. In ogni senso. Insomma, il divertimento era assicurato. E se un fisiologico calo delle performance faceva inclinare a languore, interveniva lui in prima persona. Bastava una bandana, un “cucù” ad Angela Merkel, una barzelletta sessista ben assestata, un “credevo che fosse la nipote di Mubarak” e tutto tornava nell’ordine naturale delle cose.Ora no. Non si ride più. Giornate intere senza uno sprazzo, un sorriso, un diversivo. Fino a ieri, il momento del grande ritorno. Uno capace di scomparire per mesi, di essere politicamente agonizzante, che riemerge dall’ombra in cui era stato confinato e guadagna la scena travolgendo tutto e tutti, non facendo parlare di niente altro che di sé, è un fenomeno da applaudire. Altro che la più grande novità politica dal 1994, annunciata da Alfano. La più grande novità rimane sempre lui. L’unico capace di risollevare il morale degli italiani, con parole che soltanto un genio può pensare e pronunciare con una naturalezza del genere. Come se fosse la cosa più ovvia di questo mondo: “facevano delle gare di burlesque”. Dita Von Teese nostrane. Come avevamo fatto a non immaginarlo? Diventa comprensibile un solo, grande rimpianto: avevamo in casa il più grande talento comico del mondo e gli abbiamo tarpato le ali facendolo diventare presidente del consiglio.
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Confesso che mi mancava. Se ci pensate, c’è una tristezza in giro che non se ne può più. Gente che non arriva a fine mese, padri di famiglia disperati, disoccupati che vedono soltanto buio pesto nel loro futuro. E poi questa classe dirigente grigia, triste, vecchia. Un governo di professori, una roba di una noia mortale. Niente a che vedere con lo spettacolo al quale ci aveva abituato Berlusconi in questi ultimi anni. Ma sì, c’è crisi, i consumi si contraggono, non si arriva a fine mese, ci stanno tartassando di tasse. Ma con lui era diverso. Leggi ad personam, personaggi come Calderoli (quoque tu, “a tua insaputa”), Santanché, Rotondi e compagnia danzante accomodati sulle poltrone governative, fenomeni tirati su direttamente dal limbo, olgettine, meteorine, escort e festini. Tarantini, Fede, Minetti, Mora, Lavitola. Chi non vorrebbe avere amici così? Gente che sa come tirarti su. In ogni senso. Insomma, il divertimento era assicurato. E se un fisiologico calo delle performance faceva inclinare a languore, interveniva lui in prima persona. Bastava una bandana, un “cucù” ad Angela Merkel, una barzelletta sessista ben assestata, un “credevo che fosse la nipote di Mubarak” e tutto tornava nell’ordine naturale delle cose.Ora no. Non si ride più. Giornate intere senza uno sprazzo, un sorriso, un diversivo. Fino a ieri, il momento del grande ritorno. Uno capace di scomparire per mesi, di essere politicamente agonizzante, che riemerge dall’ombra in cui era stato confinato e guadagna la scena travolgendo tutto e tutti, non facendo parlare di niente altro che di sé, è un fenomeno da applaudire. Altro che la più grande novità politica dal 1994, annunciata da Alfano. La più grande novità rimane sempre lui. L’unico capace di risollevare il morale degli italiani, con parole che soltanto un genio può pensare e pronunciare con una naturalezza del genere. Come se fosse la cosa più ovvia di questo mondo: “facevano delle gare di burlesque”. Dita Von Teese nostrane. Come avevamo fatto a non immaginarlo? Diventa comprensibile un solo, grande rimpianto: avevamo in casa il più grande talento comico del mondo e gli abbiamo tarpato le ali facendolo diventare presidente del consiglio.
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