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Le cose, una rete a noi sconosciuta?

Creato il 29 settembre 2014 da Alessandro Ligas @TTecnologico

Quando tecnologie wireless saranno perfettamente sviluppate, l’intero pianeta si comporterà come un’unica grande mente. Una mente nella quale tutti gli elementi faranno parte di un insieme armonico e gli strumenti attraverso i quali saremo in grado di interagire con questa grande unica mente saranno sorprendentemente semplici. Ogni uomo ne potrà portare uno in tasca” (Nicola Tesla 1926)

Le cose, una rete a noi sconosciuta?
Viviamo immersi in una realtà che, molto spesso, non conosciamo fino in fondo. Case, macchinanari, vasi, matite… oggetti che usiamo quotidianamente ma di cui raramente riusciamo a coglierne tutti gli aspetti e le mille sfaccettature. Molte di questi oggetti ci hanno cambiato la vita, hanno migliorato alcuni aspetti del nostro stare nel mondo mentre altri hanno migliorato il rapporto con gli altri e con noi stessi.

Abbiamo sempre pensato che gli oggetti che ci circondano fossero statici, come delle cose che cadono sotto i nostri sensi e non abbiamo mai pensato ad una loro reale evoluzione.

Ciò che realizza e sviluppa una società è l’incontro con l’altro, l’interagire con altri. La base dell’interazione con chi ci sta davanti è la comunicazione, attraverso la quale possiamo dire e capire l’altro. La comunicazione è quella rete che ci permette di vivere realmente nel mondo e nella quotidianità, è quel processo collaborativo e cooperativo che coinvolge più soggetti che li rende comunità, sistema.

Fare rete significa operare all’interno di un ambiente che favorisca l’incontro di più sistemi e che li metta in relazione. Un ambiente inteso sia come spazio fisico, come luogo all’interno del quale si cooperi ma anche come condizione generale dove tutti coloro che partecipano possano accedervi, di modo da poterlo vivere.

Con il passare del tempo e con lo sviluppo della tecnologica abbiamo esteso il concetto di rete realizzando sistemi di comunicazione a distanza, prima attraverso sistemi che facilitavano la comunicazione come strade e poi con reti fisiche come la rete telefonica e la rete internet ossia con una un’interconnessione globale tra reti informatiche diverse (interconnected networks). Mezzo che ci consente, oggi, di avere accesso ad una vasta gamma di contenuti e servizi e che rappresenta una vera e propria innovazione tecnologica e sociologica soprattutto dopo il boom dei social network.

L’evoluzione della rete oggi consiste nel mettere in relazione gli oggetti. L’automazione è stata uno dei primi passi che l’uomo ha compiuto per la creazione di una rete di oggetti. L’automazione è stato un percorso che ha permesso la gestione di macchine e processi, riducendo al minimo l’intervento dell’uomo. Possiamo dire che gli albori di questo fenomeno si possono far risalire alla rivoluzione industriale ossia a quel periodo storico in cui l’uomo ha introdotto un sistema industriale caratterizzato dall’uso generalizzato di macchine azionate da energia meccanica e dall’utilizzo di nuove fonti energetiche. Tutto ciò per l’esecuzione di operazioni ripetitive o complesse, ma anche per compiti dove è richiesta una sicurezza o certezza dell’azione o semplicemente per maggiore comodità.

Il punto di contatto tra la rete e gli oggetti è rappresentato dalla possibilità di farli comunicare e dal loro metterli in relazione. L’internet of things permette agli oggetti di far parte di una rete, di una “comunità” divenendo riconoscibili, con un’identità, ed intelligenti (in quanto comunicano dati su se stessi e accedono ad informazioni aggregate). L’IoT rappresenta le infinite possibilità di interazione che vi sono tra il digitale e l’analogico, ovvero tra le cose fisiche e le potenzialità della rete. “L’espressione “Internet delle cose”, afferma Davide Bennato, professore di Sociologia dei processi culturali e comunicativi e Sociologia dei media digitali all’Università di Catania, “indica una famiglia di tecnologie il cui scopo è rendere qualunque tipo di oggetto, anche senza una vocazione digitale, un dispositivo collegato ad internet, in grado di godere di tutte le caratteristiche che hanno gli oggetti nati per utilizzare la rete”. Un campo che ha applicazioni in tantissimi settori, nella logistica nell’efficienza energetica, nella domotica e così via. Ma attualmente le proprietà degli oggetti connessi sono essenzialmente due: il monitoraggio e il controllo. Attraverso il monitoraggio si riesce a far comportare l’oggetto come un sensore di modo tale da produrre informazioni utili su di sé sull’ambiente ed inoltre possiamo controllare l’oggetto e l’ambiente in cui è inserito. La medicina sarà sicuramente uno dei settori in cui l’IoT crescerà, attraverso lo sviluppo di dispositivi di telediagnosi che permettano di controllare lo stato di salute dei cittadini. Inoltre sicuramente il futuro della “rete delle cose” sarà strettamente connesso con il settore dei trasporti, dell’agricoltura con lo sviluppo di sensori che controllano la crescita di una piantagione, che ne curano l’irrigazione e la fertilizzazione, e che magari mettono in pratica sistemi per prevenire l’arrivo di piogge troppo intense o di repentini cambi climatici. Pensiamo anche alla domotica o alle “smart cities”, ossia a città intelligenti che mettono in relazione le infrastrutture territoriali (semafori, lampioni, ecc..) tra di loro (social network degli oggetti) e con il cittadino, collegamento questo tra l’universo dei dati e la vita reale. Non soltanto l’IoT può anche ampliare gli orizzonti di business, migliorando il rapporto della produzione e della definizione dei prodotti, risentendo sempre di più delle interazioni/relazioni con il destinatario finale, e della vita dei cittadini con informazioni puntuali e precise. In questo modo verrebbe ridefinito, ad esempio, il concetto di mobile evolvendolo di pari passo con dispositivi sempre più intelligenti ampliando così lo scenario della realtà che ci circonda.

Il nostro rapporto con gli oggetti ed il nostro modo di pensare la realtà circostante verrebbe considerevolmente ampliato.

Le cose, una rete a noi sconosciuta?
Stefano Epifani, docente all’università La Sapienza, Roma, e direttore di Techeconomy, a questo proposito suggerisce questa riflessione “cosa succederebbe se ad una sedia venisse inserito un chip? Questa acquisterebbe la capacità di comunicare, avrebbe un’identità, potrebbe interagire con l’ambiente circostante e se la dotassimo anche di un sensore RFID potrebbe interagire con noi. Possiamo dotare la sedia di “sensi” ed, ad esempio,in questo modo possono sapere se qualcuno è seduto sopra, potremmo sapere il suo peso,la sua altezza ecc.., attraverso i sensori, la sedia, può dialogare con il nostro smartphone e darci informazioni su chi è seduto sopra, oppure potrebbe dirci i suoi gusti”. Continua Stefano, “gli oggetti saranno dotati di capacità logiche e saranno in grado di interpretare i dati”. La sedia non sarà più la sedia dei nostri nonni, e noi non ci rapporteremo più con lei come un oggetto “stupido”. Questo scenario ci porta a superare l’Internet delle cose e ci porta ad uno scenario successivo: nell’internet di tutte le cose o dell’ “Internet of Everything”. Non sarà più l’uomo che interpreterà la mole di dati che ogni anno si crea, si tenga presente che ogni due giorni si crea la stessa quantità di informazioni che è stata creata dagli albori fino ad oggi, ma saranno le macchine che “parlando tra di loro” ci restituiranno i risultati.

Uno degli argomenti di cui si discute tanto, in relazione all’Internet delle cose, è il modo nuovo con il quale si dovrà ridefinire il concetto della sicurezza. Queste tecnologie sono in grado di raccogliere un numero elevato di dati relativi ai loro utenti, alle loro abitudini, preferenze, a dove si trovano e cosa fanno. Non solo, gli oggetti saranno in grado di poter cambiare lo stato dell’ambiente che ci circonda aumentando, ad esempio nel caso della domotica, la temperatura di una stanza quando un sensore registra troppo freddo oppure, nel caso della e-health, regolando il flusso di fluidi un paziente in un letto d’ospedale in base alle informazioni sulla sua cartella clinica. In questo contesto occuparsi di sicurezza vorrà dire ampliare le tradizionali responsabilità in ambito ICT rivalutando tutti i processi ed i protocolli per conformare gli oggetti messi in rete alla normativa dettata dal codice della privacy. Questo non soltanto conformarsi ad una norma ma soprattutto per prevenire e proteggere i dati dagli attacchi di cyber criminali. Possiamo soltanto immaginare cosa potrebbe succedere se un hacker avesse la possibilità di controllare tutta la nostra casa e forse tutta la nostra vita accedendo ai nostri dispositivi. Le sanzioni penali previste per l’accesso abusivo a sistemi informatici dovranno essere aggiornate alla luce delle nuove modalità di attacco e delle nuove tipologie di dispositivi che potranno essere attaccati.

Il mondo come noi oggi lo conosciamo è frutto dei ragionamenti che siamo stati in grado di fare nel corso del nostro sviluppo sociale, e l’Iot porta ad un cambiamento di paradigma che permette all’IT di uscire dall’IT per poter entrare nel mondo reale. Oggi siamo riusciti a creare l’infrastruttura necessaria per le giuste interconnessioni per poter crescere e migliorare, ma è solo attraverso l’ Internet of Thing che siamo in grado di realizzare una “rivoluzione industriale” a 360° e che, grazie alle sue nuove e diverse opportunità, promuove cambiamenti nelle futuro delle persone, nelle organizzazioni e nelle imprese.

Grazie all’IoT ed all’IoE la nostra lettura del mondo sta cambiando e sta diventando sempre più complessa.

Di tutto questo e di altro ancora si parlerà a Roma il 28 e 29 Ottobre al Summit IoT. L’evento, promosso dall’European Alliance for Innovation (EAI), in collaborazione con il Fraunhofer Fokus Institute, l’Università La Sapienza, IBM, INSME e l’istituto innovativo CREATE-NET, è alla sua prima edizione e riunirà rappresentanti dell’industria, responsabili, fornitori, esperti, sviluppatori e tantissimi altri per pianificare, imparare, collaborare, proporre strategie e sfruttare l’immenso potenziale del IOT.

 


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