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Tra di essi Bill Gates, Soros, Bezos, il giovine Zuckerberg (il cui unico merito, sembra essere stato quello di venire incontro all’impellente bisogno di rincretinimento della gente) e la vedova dell’altro genio globale Steve Jobs. Il resoconto della charity indica, tra l’altro, che la “sedicente” ricchezza della metà più povera della popolazione mondiale - circa 3,6 milioni di persone - è scesa del 41% (pari a mille miliardi di dollari) dal 2010 a oggi. Nel frattempo il patrimonio delle 62 persone più ricche del pianeta è aumentato di oltre 500 miliardi, raggiungendo l’incredibile “monte premio” di 1.760 miliardi di dollari (nella speciale classifica dei ricconi mondiali, Bill Gates, con 79,2 billioni di dollari, risulta essere il più ricco di tutti).
Persino nell’ancien régime, il periodo, almeno nell’immaginario dell’inciuchito ultras progressista, delle diseguaglianze e delle disparità sociali per antonomasia, non avrebbero mai potuto verificarsi sperequazioni di tali dimensioni: se non altro perché la ricchezza di quel mondo si poggiava, sostanzialmente, sulla ricchezza prodotta dalla terra, e la terra, a differenza del denaro e dei virtuali andamenti borsistici, non è infinita (si vedano, a tal proposito, le stime e i dati annotati sul Gregory King del 1688).
Una corsa senza freni, quella demenziale verso una ricchezza illimitata, aritmetica, che si sta velocemente affermando a scapito della crescente erosione della classe media in occidente, e a danno di quel terzo mondo sfruttato per ingrassare il finto benessere di quello stesso cittadino occidentale. Tutti accomunati nell'essere sfruttati, spesso inconsapevolmente, per rimpinguare la ricchezza di quei pochi che, ironia della sorte, danno loro da lavorare. Ma ciononostante, almeno il cittadino occidentale può consolarsi perché c’è qualcuno che, anche nei giorni di crisi economica, è messo peggio di lui... Per generare ulteriore ricchezza, infatti, sembra sia necessario promuovere un po’ ovunque la diseguaglianza, perché in fondo, si sa, le diseguaglianze incoraggiano condizioni di mercato favorevoli per quei rari individui che posseggono capitale da investire. E allora anche nelle “agiate” società occidentali va producendosi una pletora sempre più vasta di affamati - di i-phone e di frivolezze intercambiabili – pronti a tutto pur di competere l’un l’altro per ottenere un posto di lavoro – e poi per mantenerlo -, facendosi calpestare, umiliare e sottomettere, pur di assicurarsi a fine mese l’obolo da consegnare al centro commerciale (chiamano, con una certa inconsapevole ironia, questa loro riduzione morale a specie canina, questo svilimento delle dignità nella codardia, col nome di “scienza del mondo”. Insomma: ci si comporta così perché si è infine capito come funziona il mondo… si deve stare a novanta per ricevere dolcemente il frutto delle proprie aspirazioni!). I paesi del terzo e del quarto mondo, ovviamente, se la passano molto peggio dei loro "fortunati" fratelli d'Eurasia. E così, dopo i saccheggi e le monocolture forzate – ma per il loro bene! – perpetrati dall’”altruista” uomo bianco, oggi non è cambiato quasi niente. Con l’aggravante che oltre a portar via loro il rame, il coltan, il titanio, l’oro e il cobalto, ed in aggiunta all’imposizione, come avveniva anche all’epoca coloniale, di colture che servono poi ad ingrassare il nostro adipe, andiamo oltretutto a vendergli i nostri “inutili” prodotti. Della serie: magari muoiono di fame (nel 1960 si stimava che ci fossero 80 milioni di persone che soffrivano la fame, nel 2006 sono diventate 880 milioni), ma vuoi mettere il gusto di poter gassare lo stomaco con una Coca Cola, ascoltando magari l’ultimo rapper partorito dal marketing della major più immanicata? Alla fin fine, un po’ come la “violenza” con cui l’italiano medio vede il migrante alla stregua di un suo competitore, si tratta solo di una lotta tra poveri, e tra poveri e più poveri ancora, ove i vincitori saranno sempre meno, ma vinceranno sempre di più.