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Sei di loro hanno pagato il prezzo più alto dall'alluvione di venerdì. Non penso che sia un caso che il sangue che macchia l'acqua dei fiumi straripati appartenga a donne, a donne di Genova. Hanno sfidato l'onda di piena, hanno guardato in tralice il fango che veniva giù per le strade un secondo di troppo.
La strage di Genova è tutta una faccenda di donne. Anche il sindaco è donna, donna di Genova. Penso che quelle morti le abbiano appesantito l'anima in maniera insopportabile. Ha fatto apparizioni in tutte le Tv. Ci ha messo la faccia. Non è da tutti. Ciò non può togliere le immense colpe che ha nell'aver sottovalutato la situazione (“una tragedia imprevedibile”, ha commentato a caldo, scordando che l'allerta c'era da più di una settimana).
Ma non è di questo che voglio parlare. Voglio parlare di storie di donne, donne di Genova. Come quella che riguarda Anna, una donna che abita in Borgo Incrociati a pochi passi dal torrente Bisagno. Appena dopo l'esondazione ha lasciato il posto di lavoro e se ne è andata verso il suo focolare in pericolo. Sfidando l'acqua e il fango. Tenendosi per mano con altre donne che andavano a difendere con i denti la propria casa. È arrivata quasi a nuoto con la poltiglia che le impediva i movimenti. Non è neppure salita in casa e si è messa subito a spalare il fango, ha dato il suo aiuto ad altre persone che combattevano con la corrente.
Queste sono le donne di Genova; sono le stesse che chiedono giustizia per altre donne di Genova. E lo fanno con quello sguardo che non ti dà scampo. Con la stessa cristallina fermezza che hanno negli occhi quando guardano i cartellini dei prezzi di un besagnino di Castelletto; le guardi di sottecchi e non vorresti essere nei panni del promotore finanziario che ha osato provarci a tirarle il pacco.
Come puoi non amarle, le donne di Genova? Avremmo potuto amare anche quelle donne che la piena ha portato via. E mi chiedo se quel sangue gridi vendetta per questa città e se questa città abbia mai chiesto vendetta.Oppure si aspetti solo giustizia...
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