Arriviamo a Buenos Aires in una calda giornata ventosa e ad accoglierci troviamo la Sposa!
Due ore di autobus ci portano in centro, sballottati tra brusche frenate, vigorose accelerate e gli zaini tra i piedi. Ci ritroviamo nel Barrio alle spalle del Caminito: incredibile pensare che a pochi isolati da una zona così turistica delle città ci sia il quartiere più pericoloso (La Boca). Il palazzo della famiglia della sposa è grazioso, con scalinata in marmo, pianerottoli piastrellati, balconi con belle balaustre tornite e cornici di stucco alle finestre, dentro però niente ricorda l’antico sfarzo che probabilmente regnava qui secoli fa e ci ritroviamo ad invadere la casa di una numerosa famiglia che vive in 6 in tre minuscole stanze. L’ambiente che ci accoglie è tanto decadente quanto calorosi sono gli abbracci dei suoi abitanti che si stringono in due camere dormendo uno sopra l’altro per fare spazio alle amiche della sposa…
Festeggiamo, ridiamo, mangiamo, beviamo, balliamo, e ogni tanto dal balcone vediamo i lampeggianti della polizia che fa la ronda per il quartiere: ci dicono che grazie a questo nuovo servizio municipale qui si può stare un po’ più tranquilli ma guai a farsi vedere in giro con la macchina fotografica al collo… Questa cosa me la diranno spesso durante l’esplorazione della capitale argentina, dalla guardia del McDonalds che mi raccomanda di tenere sempre lo zaino in vista al ragazzo che beve Mate davanti al cimitero della Recoleta che mi consiglia di mettere via la videocamera perché me la potrebbero strappare dal collo… Nonostante questo clima di terrore al quale non sono abituata e che mi sta un po’ rovinando questa mia esperienza da neofita in Sud America, la città mi piace molto, piena com’è di gente, palazzi e musica, dall’aspetto europeo eppure carica di colore latino… Trovarsi poi nella Plaza de Mayo all’ombra della Casa Rosada mi fa davvero emozionare…
Camminiamo per ore attraverso la città, dalle vie pedonali dello shopping di Florida e La Valle, all’enorme viale alberato di Av 9 de Julio (la più grande strada cittadina del mondo con 8-10 corsie per senso di marcia!) fino al lussuosissimo quartiere della Recoleta dove anche l’aria che si respira sembra costare un patrimonio…E dopo una giornata di esplorazione è già ora di lasciare queste vie, anche se solo temporaneamente: alle 10 p.m. (dopo solo un giorno e mezzo dal volo che ci ha portati qui da Santiago) abbiamo appuntamento al grande obelisco di Av 9 de Julio per incontrare l’altra famiglia che ci ospiterà a Buenos Aires e che ci mostrerà l’altra faccia della città, quella dei figli dell’immigrazione italiana del secondo dopoguerra che in Argentina ha trovato l’America! Questa volta è una macchina a venirci a prendere e ad accoglierci sono i capostipiti della famiglia che vivono in una bella villetta alla periferia nord della città in un tranquillo quartiere residenziale che assomiglia ad uno dei paeselli della provincia di Como… Abbiamo una stanza tutta nostra, bagno con vasca, bidet e acqua calda, una macchina che ci porta in giro, la foce del Rio de La Plata a due passi… Il calore dell’accoglienza di queste persone però è la stessa del barrio, e la visione che ci danno dell’Argentina quando parlo con loro della mia esperienza al barrio mi aiuta a mettere un po’ di ordine nel mio comprensibile disorientamento nel ritrovarmi davanti a due realtà tanto diverse… Se hai un diploma qui per te è una sciocchezza trovare lavoro perché gli argentini sono pochi (solo 40 milioni) e avendo bisogno di manodopera a basso costo, hanno attirato qui orde di manovali che non hanno un’istruzione e che quindi non conoscono i loro diritti. Chi si è fatto furbo e ha studiato, ha potuto vivere bene e ora fa studiare i figli che a loro volta si ritrovano tantissime porte aperte, chi invece non ha i soldi per studiare è costretto ad adattarsi e a vivere alla giornata intrappolato in un sistema di ‘caste’ che non permette ai poveri di evolvere… I popoli poi non sono tutti uguali, e l’italiano (e l’europeo in generale) cerca magari di più di fare business mentre il guaranì è abituato a tirare a campare e difficilmente è consapevole di avere anche lui dei diritti…
Molte le versioni della storia sentite finora ma preferisco fermarmi qui per non rischiare di generalizzare e banalizzare una condizione di disparità sociale ed economica che non conosco bene e che finora ho potuto solo sfiorare. Vi invito però ad immaginare cosa sia stato per me vivere tutto questo nell’arco di un baleno… benvenuti a Buenos Aires!
[ Grazie a Federica Leone per questo racconto di viaggio ]