Le edizioni illustrate della Divina Commedia

Creato il 25 febbraio 2015 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
di Ivana Vaccaroni. La storia delle illustrazioni dantesche è molto complessa.Venne intrapresa ma presto tralasciata nei manoscritti del XIV secolo, non esistono quindi codici trecenteschi in cui coesistano testi e miniature, a causa degli spazi eccessivi e dell’ampiezza descrittiva dell’opera.

Nel Quattrocento la situazione non cambia: l’edizione del 1481 di Cristoforo Landini è priva di illustrazioni, mentre nel 1500 esiste un progetto dell’incisore Baccio Baldini su disegni di Sandro Botticelli in cui

Dante è raffigurato per tre volte, malinconico e pensoso, carico di speranza all’uscita dalla selva e, infine, atterrito mentre Virgilio gli viene in aiuto per guidarlo attraverso i gironi infernali.

Verso il 1490 Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici affida proprio a Sandro Botticelli il compito di illustrare la Commedia. L’artista si impegna per diversi anni in questo lavoro, riportando effetti estremamente suggestivi. I suoi novantadue disegni sono tuttora conservati presso il Gabinetto delle stampe di Berlino e presso la Biblioteca Vaticana.

L’Inferno è raffigurato in modo fedele al testo, unito a una minuzia di particolari e dettagli, come si può notare nell’illustrazione conservata nella Biblioteca Apostolica Vaticana risalente al 1490-1500 circa.

Nel Paradiso, invece, Botticelli non raffigura più avvenimenti o gesti ma basa i suoi dipinti sull’essenzialità dei concetti e sulla rappresentazione delle emozioni trasmesse dal poema. Gioia e disperazione, estasi e sgomento sono parte attiva e vivida di tutti i cento canti, ma nel Paradiso trovano compimento attraverso lo stile tragico che Dante dice di aver appreso da Virgilio “…lo bello stilo che m’ha fatto onore” (Inferno, canto I, vv.87).

In seguito si pubblicarono nuove edizioni illustrate del poema dantesco come il Dante Historiato di Federico Zuccari (1539-1609), rappresentante del manierismo romano, che lo realizzò in Spagna quando si trovava alla corte del re Filippo II. Questa edizione è preziosa in quanto contiene un’illustrazione integrale del testo con 88 disegni eseguiti con tecniche e colori diversi a seconda della cantica cui si riferiscono. Nero e rosso sono infatti i colori dell’Inferno e del Paradiso, mentre il Purgatorio si presenta con il bistro nero e la penna. Parole e immagini hanno poi una funzione didascalica, distinta anche nei tratti che vanno dal segno cupo e intenso utilizzato per l’Inferno a quello più sfumato del Paradiso.

Giovanni Stradano, all’incirca nello stesso periodo, realizza una serie di illustrazioni (28) e successivi schizzi a matita del Purgatorio e del Paradiso.

Successivamente gli vengono affidati anche i dipinti che dovevano raffigurare i cerchi infernali: tali opere sono custodite presso la Biblioteca Laurenziana di Firenze.

Nel Settecento se ne occuparono, con un risveglio di interesse nei confronti dell’opera, Johann Heinrich Füssli (1741-1825), pittore svizzero vissuto in Inghilterra, che interpretò lo spirito romantico attraverso i simboli espressi dall’inconscio. Descrisse in particolare il senso tragico dell’Inferno, mentre John Flaxman (1755-1826) incise su lastre di rame alcune illustrazioni dell’opera, pubblicate ad Amsterdam nel 1793 e in seguito a Roma nel 1802.

L’artista inglese scelse di illustrare tutti i canti, soffermandosi per ognuno sui particolari che lo avevano colpito maggiormente.

Proseguendo questo “viaggio nel viaggio” si arriva a tempi più recenti e cioè all’Otto e Novecento, quando si passa dall’illustrazione dell’opera alla sua interpretazione. Nel 1826 William Blake (1757-1827) fu richiesto dal pittore inglese John Linnell (1792-1882) di illustrare l’Inferno per poi trarne delle incisioni. E così fu fatto, essendo rimasto Blake affascinato da quel mondo fantastico, ricco di effetti scenografici che seppe magistralmente riprodurre. Si tratta, in totale, di 102 disegni che rivelano un notevole spirito critico e di commento.

Non si può, a questo punto, non parlare delle illustrazioni più celebri della Divina Commedia, e cioè quelle di Gustave Doré (1832-1883) il quale, oltre a questo testo, fu autore di disegni e incisioni per molti altri, quali la Bibbia e il Don Chisciotte, ad esempio. Per l’opera dantesca eseguì, tra il 1861 e il 1868 addirittura 135 tavole, servendosi di una tecnica che gli permise di ottenere una luminosità particolare: riuscì a portare infatti il nero dell’inchiostro alla periferia mentre il bianco, al centro, faceva risaltare uno splendore addirittura abbagliante.La ricchezza di elementi realistici e fantastici, inoltre, ci introduce direttamente nella tipica mentalità romantica.

Il Novecento è poi il secolo di Dalì (1904-1989), pittore spagnolo che vi lavorò a cavallo degli anni ’50 componendo un centinaio di tavole con tecniche miste, dalle quali vennero ricavate tremila cinquecento xilografie. Tutte tre le cantiche vengono prese in considerazione e interpretate attraverso la tipica vena surrealistica del pittore. Ne risulta un viaggio metafisico, imprevedibile, a tratti anche grottesco e dissacrante. Sono inoltre evidenti l’influsso della psicanalisi di Freud, lo studio dell’inconscio e l’interpretazione del sogno. Non mancano nemmeno le esperienze del dopoguerra alle quali egli accosta la propria, personalissima visione del poema dantesco.

Alla fine degli anni Cinquanta si contano le ultime illustrazioni ad opera di uno degli artisti americani più significativi, Robert Rauschenberg (1925-2008), che rimase letteralmente affascinato dall’Inferno dantesco e volle servirsi di una tecnica particolare, quella del transfer-drawing (trasferimento-disegno) o, come la definì lui stesso combine-panting (dipinto combinato) che associa disegni e immagini ritagliate da riviste e giornali e poi trasferite su carta dopo essere state strofinate con un solvente.

L’originalità di Rauschenberg è consistita nell’inserimento di personaggi ed eventi contemporanei in un contesto moderno, decisamente attuale.

Featured image, Dante gazes at Mount Purgatory in an allegorical portrait by Agnolo Bronzino, painted c. 1530

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