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“Caro Ercole, in questi giorni in cui sei stato lontano io mi sono dato da fare, e ti ho trovato una fatica niente male! Si tratta di ripulire le paludi del lago Stinfalo da alcuni uccelli del malaugurio, dei volatili brutti e sporchi che non fanno altro che defecare sulla testa dei passanti e per di più sono fatti di bronzo, e quando perdono le piume non ti dico che disastri! Insomma, c’è bisogno di te! Vai e torna vincitore, oppure non tornare affatto! Firmato: il tuo affezionatissimo Euristeo”.
Ercole stava ancora lì con la lettera in mano, spazientito per quest'altro impiccio, quando all'improvviso ecco che apparve la dea Atena. “Mio caro Ercole, ma di che ti lamenti? Hai l’occasione di levarti un’altra fatica di dosso e tu che fai, ti metti a frignare? Ascolta me, piuttosto! Con gli uccelli della palude non si scherza. Anche se sembrano innocui, ho saputo di persone con la testa fracassata da una piuma! Prendi questo campanaccio, e se proprio non ti riesce di eliminare quelle bestiacce allora tu prova a suonarlo: ne vedrai delle belle!”. Detto questo, scomparve. Ercole, che oramai si era abituato alle uscite originali degli dei, piegò la missiva e se la mise in tasca. Prese in mano le valigie ancora chiuse e si avviò in direzione del lago.
Arrivato nelle paludi, per prima cosa fu costretto a turarsi il naso. C’era pieno di escrementi dappertutto, e ogni tanto una piuma di bronzo affiorava dal fango come fosse una freccia piantata per terra. Più si inoltrava, più quelle bestiacce si facevano vicine, roteando sopra di lui e bombardandolo nei modi che si è detto. Ora, non è che Ercole scansasse proprio tutto, le piume e il resto, ma per le prime aveva la pelle di leone, e per il resto si armò di pazienza. Quando gli uccelli furono a tiro cominciò a tempestarli di frecce, ma sarà che erano in tanti, sarà che aveva la vista coperta, fatto sta che dopo tutta una battaglia quegli affari erano ancora in tanti, nonostante il grande mucchio di cadaveri ai suoi piedi. Fu a quel punto che gli venne in mente il campanaccio. Si arrampicò su una sporgenza del terreno - c’è chi dice sul letame, ma sono voci probabilmente infondate - e cominciò a farlo suonare con vigore.
Ora, non è che un campanaccio emetta un suono celestiale, ma neanche così brutto da giustificare ciò che accadde: gli uccelli di bronzo, infatti, si ritirarono immediatamente, e formando uno stormo d'emergenza si allontanarono il più veloce possibile, lanciando gridi terrorizzati. Probabilmente - ma questa è solo una ricostruzione a posteriori - il campanaccio emetteva dei particolari ultrasuoni non percepibili dall'orecchio umano. Comunque sia, anche questa impresa era compiuta, e ora non restava altro che tornare dritti a casa ad annunciare la notizia ad Euristeo.
"Come, ha già finito tutto!?”. “Proprio così, mio signore”, gli rispose il messaggero. "Ma come ha fatto? Ero sicuro che ne avesse per settimane intere!", esclamò sconsolato il sovrano.“E adesso dov’è?”, volle sapere. “E' di là a farsi la doccia. Dice che ne avrà per settimane intere!”. Ma che fine hanno fatto gli uccelli di bronzo? Si trasferirono in massa sulle coste del Mar Nero, dove di lì a poco si sarebbero incontrati con alcune nostre vecchie conoscenze: gli Argonauti. Ma la storia ci è già nota, e noi non ci soffermeremo oltre.
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