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Certo, per Ercole era diverso. Quando faceva un solo passo, era come se ne avesse fatti venti un altro uomo: tuttavia l’impresa non era affatto da sottovalutarsi, anzi! E in effetti, Ercole dovette inseguirla per così tanto, ma per così tanto la sua preda da trovarsi all’improvviso dall’altra parte del mondo, lungo il confine delle terre conosciute, vicino alle rive di Oceano, ovvero in pieno Portogallo. La povera cerva, infatti, quasi del tutto sfiancata e col fiatone addosso, aveva pensato di rifugiarsi dalle divine Esperidi, nel famoso giardino che prende il nome da loro. Ma chi erano queste Esperidi?
Non si sa bene di chi fossero figlie. C’è chi dice di Teti o della Notte stessa, ma si sa che a quel tempo gli intrallazzi erano tanti e persino tra gli dei si faticava ad attribuire una paternità che fosse certa una volta per tutte. Quello che è certo invece è che custodivano le mele d’oro, dei frutti bellissimi e molto preziosi che crescevano su un albero all'interno del loro meraviglioso giardino. Si trattava probabilmente di un regalo di Gea a Giunone, forse un dono per le sue nozze con Zeus. Le Esperidi sono legate in qualche modo al tramonto - a occidente infatti si credeva andasse a morire il sole - e pertanto alla morte, ma non si sa molto altro di loro. Comunque, immaginiamoci l’effetto quando nel loro giardino dorato piombò all’improvviso il nostro Eracle, furioso e tutto sudato per la corsa, con l'enorme clava in mano, esasperato per la fatica e pronto a menare fendenti a chiunque gli fosse capitato sotto tiro in quel momento. Le povere Esperidi - non si sa bene quante fossero: immaginiamocele come gentili signore inglesi intente a prendersi un tè in giardino - cominciarono a strillare e a rincorrersi dappertutto, preoccupate per i vasi preziosissimi e le statue che quel gigante faceva cadere come fossero dei birilli. La cerva dovette prendersi un bello spavento, anche lei, a vedere tutte quelle scalmanate che sciamavano come cavallette, e proprio mentre si chiedeva se non era meglio sconfinare oltre l’Oceano ecco che Ercole finalmente le fu addosso, e la afferrò con le sue grandi braccia.
Per la povera cerva non c’era più niente da fare. Non si sa onestamente che cosa ne abbia fatto Euristeo, né se Ercole l’abbia effettivamente riportata in Grecia caricandosela sulle spalle. Forse, si dice, si limitò - si fa per dire! - ad estrarle le corna d’oro dalla testa, a testimonianza dell’impresa compiuta. Spero solo non se la siano cucinata, con la scusa che la carne di una cerva sacra a Diana è certamente più gustosa di una normale. Ma forse questo non accadde: Artemide si sarebbe infuriata da morire, e non ci risulta che Euristeo abbia mai avuto a che fare personalmente con lei. Quindi, comunque sia finita la faccenda, si può a ragione sostenere che tutto è bene quel che finisce bene. Perlomeno fino alla prossima impresa.
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