Le Femen sottomesse ad un uomo, lo rivela un documentario

Creato il 12 settembre 2013 da Uccronline

ucraine Femen sono diventate universalmente note in particolare per aver recentemente segato e abbattuto una croce cristiana nel centro di Kiev dedicata alle vittime dello stalinismo. Il gesto, compiuto dalla fondatrice Inna Shevchenko, riassume tutto il loro programma e per questo è stata premiata dal governo francese di Hollande mettendo il suo volto su tutti i nuovi francobolli.

In seguito a tale dimostrazione anticristiana, le abbiamo viste -rigorosamente in topless, confermando il pregiudizio sulla donna come oggetto sessuale-, in Piazza San Pietro ad insultare Benedetto XVI e aggredire pubblicamente l’arcivescovo belga Andre-Joseph Leonard, capo della Chiesa Cattolica del Belgio. Tuttavia una giornalista ucraina è riuscita ad infiltrarsi tra di loro scoprendo che tutte le azioni di protesta delle Femen vengono generosamente pagate con una quota di circa 1.000 euro al giorno, comprensive di albergo, cibo, taxi e biglietti. Un’inchiesta francese ha invece, rivelato che alcune di loro, come la portavoce francese (Eloise Bouton) sono prostitute rinomate negli ambienti parigini. Un’altra rivelazione, questa volta diffusa dal “Bild.de” ha scoperto che le Femen hanno un atteggiamento razzista e discriminatorio nei confronti delle donne che vorrebbero aderire, scegliendo soltanto quelle con l’aspetto più “gradevole” e più “efficace” per sfondare lo schermo televisivo.

Ma chi ha messo davvero a nudo le Femen è il documentario “Ukraine is not a brothel” (“L’Ucraina non è un bordello”), presentato fuori concorso al Festival di Venezia, il quale ha rivelato come le scalmanate attiviste nude dell’Est non siano in realtà quelle guerriere del femminismo che dicono di essere, ma piuttosto delle vittime di quello stesso maschilismo che giurano di combattere. La scomoda verità sulle Femen, si legge su “Repubblica”, è un fiume carsico che emerge lentamente nel film di Kitty Green, 28 anni, che ha condiviso per un anno con alcune di loro un appartamento di Kiev. Le ha seguite nelle proteste generosamente pagate, finendo lei stessa più volte in manette, anche a Roma.

Ed ecco che emerge l’ombra ingombrante di un uomo nelle vite delle Femen, si chiama Viktor e impartisce ordini alle donne-zerbino via Skype. «Dite ad Alexandra che non avrà i suoi 200 dollari se non farà bene la performance», minaccia. Poi questo Viktor Svyatskiy appare davanti alla telecamera di Kitty Green rivelando di essere il vero ideologo, padre-padrone delle femministe ucraine: «Gli uomini fanno di tutto per il sesso: io ho creato il gruppo per avere delle donne. Spero che grazie al mio comportamento patriarcale loro rifiutino quel sistema che rappresento». Ecco a chi obbediscono queste povere ragazze, vittime del sistema che dicono di voler combattere distruggendo le croci cristiane. «Sceglie le ragazze più belle perché messe in prima pagina attirano più curiosi, è lui padrone della loro immagine, così come si vende un marchio», racconta Kitty. «Lui è molto violento con loro, urla molto e le chiama “troie”». Lo stesso Viktor dice di loro davanti alla telecamera: «Queste ragazze sono deboli, non hanno la forza nel carattere. Loro non hanno nemmeno il desiderio di essere forte. Al contrario, mostrano sottomissione, ignavia, mancanza di puntualità e molti altri fattori che impediscono loro di diventare attivisti politici».

Una Femen, riporta l’“Independent”, parla del rapporto tra le donne e il patriarca del movimento femminista come molto simile alla “sindrome di Stoccolma”, in cui gli ostaggi provano simpatia per i loro rapitori. «Siamo psicologicamente dipendenti da lui», confessa la povera ragazza. «Paradossi di un femminismo nato da un copyright sbagliato, stramberia di un movimento incapace di liberarsi della cultura machista in cui è cresciuto», il commento del quotidiano “Repubblica” che fino a ieri le aveva difese. Intanto Inna Shevchenko, rifugiatasi in Francia, dovrà prendersi carico di rispondere dell’accusa subita da alcune attiviste da parte della polizia francese di possesso di armi illegali. Il gioco evidentemente comincia a farsi pesante.

La redazione


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