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Dottor P come sfoglina è formidabile. Ha avuto come insegnante la sua nonnina. Lavora con un mattarello lungo quando la Statale Braccianese, che in famiglia si tramandano da un secolo o giù di lì. E fa delle fettuccine paurosamente buone. Le potete vedere nella foto che adorna l'inizio del post. Sfido chiunque ad affermare che non gli vien fame a guardarle. C'è chi si contenta delle tagliatelle di nonna Pina, chi invece può deliziarsi con le fettuccine di Dottor P. Non c'è paragone.
Quanto segue è il resoconto del fettuccine workshop che si è tenuto nel mio puffesco appartamento una assolata domenica primaverile. Ammirate, prego. E prendete nota, perché scoprirete che tirare una sfoglia come si confà non è così diabolicamente difficile come può sembrare a tutta prima.
Ingredienti per ciascun commensale:
un uovo
80 grammi di semola di grano duro di quella buona
buona volontà, leggerezza d'animo e allegria
Preparazione:
in primis si fa la classica fontana sulla spianatoia, e al suo interno si pongono le uova: badate di sgusciarle in un piatto una alla volta, fosse mai che un uovo fosse partito e vi costringesse a rifar tutto da capo.
Acchiappate quindi una forchetta, e sbattete le uova come se steste facendo una frittata, provvedendo a incorporare pian piano la farina.
Quando il composto di uova e farina è diventato ben cremoso, è arrivato il momento di darsi da fare con le mani.
Impastando con gagliardìa fare incorporare il resto della farina e continuate finché la pasta è diventata ben liscia, quindi dividetela in adeguato numero di pallotte grandi più o meno quanto una palla da baseball.
Adesso arriva il bello: lavorando con le mani appiattite le pallottole di pasta fino a dargli una forma di pizzetta con spessore uniforme, cospargetene la superficie di semola, ponetele sul piano ben infarinato pure lui, mettete mano al matterello e iniziate a stenderle, alternando i lati in modo che venga una sfoglia il più possibile uniforme e quadrotta.
Continuate lavorando con attenzione e vedrete che la pasta diventa man mano sempre più sottile: andate avanti finché non è diventata trasparente, cosa che potrete verificare o con la "prova mano", o meglio ancora con la "prova canovaccio" (se si vedono i disegnini sottostanti lo stesso, è stesa a sufficienza).
Lasciate quindi riposare la sfoglia per una mezzoretta sul citato canovaccio, finché non si è asciugata per bene. Fatto ciò, è arrivato il fettuccina moment: rimettete la sfoglia sul piano ben infarinato, cospargetela parimenti di semola, e iniziate a ripiegarla su se stessa arrivando fino al centro. Lo spessore delle pieghe deve essere di circa due dita. Giunti al centro, ripiegate l'altra metà nello stesso modo.
Munitevi quindi di un coltello che sia a lama liscia, e tagliate delle strisce della larghezza di mezzo centimetro scarso badando di fare un taglio il più possibile dritto. Se non vi riesce, le fettuccine vi verranno a fisarmonica. Poco male: Dottor P assicura che è sufficiente un po' di allenamento per ottenerle come si confà, e comunque son buone lo stesso.
E' arrivato il momento del trucco dello sfoglino ingegnere. Passate con delicatezza il coltello sotto la parte centrale delle striscette, e sollevate: vedrete le fettuccine che si dipanano da sé. E vi sembrerà un gioco di prestigio. Voilà!
Le fettuccine sì ben realizzate van quindi lasciate asciugare per un'oretta circa sul piano di lavoro, delicatamente allargate in modo che non si appiccichino.
A questo punto siete pronti per il gran finale. Mettete a scaldare adeguata quantità d'acqua addizionata di sale in capace pentolone, e quando essa bolle, giù le fettuccine. Saranno pronte, come da tradizione, quando salgono a galla: voi però assaggiatele prima di scolarle, in modo che siano cotte esattamente a vostro gusto.
Scolate le fettuccine, c'è ovviamente da condirle. Nonna Pina se non erro per le sue tagliatelle usava il ragù. Io ho usato il classico sughetto della tradizione familiare, a base di pelati casalinghi, foglie di basilico e filino d'olio, lasciato sobbollire a fuoco bassissimo per un paio d'ore. Vi assicuro che ha retto la prova, con o senza l'aggiunta della palata di cacio che io sul mio piatto non faccio mai mancare.
Alla fine di tutto ciò Dottor P, l'amato bene e io ci siam seduti solennemente a tavola, e abbiamo dato il via alla danza delle forchette. E vi assicuro che di rado un pranzo domenicale mi ha dato altrettanta soddisfazione.
Cimentatevi anche voi. La riuscita è sicura: garantisce Dottor P :)
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