La foto era “Dishwashed” che ritrae un bellissimo tramonto nel pieno della Pianura Padana. Ma quale sia il soggetto non è immediatamente percepibile, sembra quasi di trovarsi di fronte a un’opera astratta, fatta di luce e colore; la differenza tra il dato reale e la sua resa è ampia. Ciò avviene grazie a una particolare tecnica di lavorazione della pellicola che prima ancora di essere utilizzata viene letteralmente lavata in lavastoviglie, come indica il titolo stesso.
È come se quel tramonto venisse visto attraverso degli occhiali colorati e con il vetro rotto. L’immagine si frammenta, acquista sfumature che nella realtà non esistono, come in sogno o come in un’allucinazione. Proprio come accade nei racconti di “Nicovid”.
Da qui nasce l’idea di realizzare una serie di polaroid che potessero raccontare, interpretare i racconti del libro e trasmetterne le suggestioni. Sono otto, fin qui, quelli scelti, rappresentati attraverso immagini che ne condividono il titolo. Esse partono quasi sempre da un soggetto reale che viene di volta in volta estraniato dal contesto, reso inquietante e angosciante.
Sintetizzare con pochissimi tratti sensazioni e suggestioni fortissime, nella scrittura come nell’immagine: nel “Parlatorio” l’incontro tra lo psichiatra e il suo paziente è fatto di parole, non accade nulla, non c’è alcuna violenza. Non sappiamo il paziente cosa ha fatto prima di arrivare in manicomio, ma percepiamo che è accaduto qualcosa di estremamente drammatico. Nella foto tutto ciò trova la resa perfetta in un volto maschile di cui si distinguono solo i contorni. Nascosto dietro a un reticolo e indicato da una freccia rossa che amplifica la sensazione di pericolo.